giovedì 19 dicembre 2013

Carta di identità del boss

Nome: Nicolò

Età: 3 mesi

Data di nascita: 19/09/2013

Colore degli occhi: colore di un volatile che fugge (il giorno in cui si arresta ve lo diciamo)

Peso: 6 chili e 100 (pipì esclusa)

Lunghezza: 62 cm (senza tacchi)

Record stabiliti: 5 puzze in mezz’ora, una tetta in 7 minuti

Ore di sonno a notte: 6 - 7  ore di fila in media. Ma se gli girano è un grande estimatore del gioco ‘sveglia  i tuoi genitori con l’urlo di Tarzan  mima l’urlo di Munch e inscena l’arrivo degli indiani’

Perversioni: allungare il capezzolo di mamma dopo la poppata per testarne l’elasticità, o ciancicarlo tra le arcate dentarie sdentate a scopi ludici

Perversioni2: fare la cacca nell’acqua mentre papà gli sciacqua il culetto

Cose non capite: Mamma e papà che vogliono giocare a bubù settete. Lo sguardo dell’interessato è “ma chi so’ sti due deficienti?”

Passioni: coccole e smancerie


Il boss oggi compie 3 mesi! Auguri cucciolo


martedì 17 dicembre 2013

Fascia porta bebè versus Mei Tai

Una delle cose che preferisco del curare il blog è l’avere accesso a mille spunti e ispirazioni che provengono dal mondo della rete. Quando ancora non ero in attesa rimasi molto incuriosita dai post che si leggevano nei vari blog relativi ai baby carriers (mei tai e fascie) che oltre ad esser molto pratici potevano tranquillamente esser prodotti home made.

Per questo motivo una volta scoperto il mio stato interessante, superati i tre mesi precauzionali, ho subito chiesto a mia suocera se potesse realizzarmi un mei tai, seguendo le indicazioni dei tutorial presenti in rete. Le mie competenze in fatto di cucito avrebbero sicuramente prodotto un Mei Tai in grado di mettere in serio rischio di incolumità il bambino pertanto Ubi maior minor cessat.

Noi abbiamo seguito le indicazioni del blog la casa nella prateria , praticamente un'autorità nel campo dei porta bebè.

E così “con l’arte e con la scienza e con un poco di intelligenza” e soprattutto con mia suocera e la sua macchina da cucire ho avuto anche io il mio mei tai.



Non restava che aspettare di averci anche un bambino da metterci dentro. Dopo sei lune è arrivato anche quello.

Nonostante nei diversi blog avessi letto che il vantaggio di avere un mei tai è quello di poter portare a zonzo un bimbo dai primissimi giorni di vita, io maturai l’opinione che fosse troppo presto. Feci un tentativo ad una settimana di vita di Nicolò, ma il bimbo mi sprofondò dentro e io mi inquietai. Il bimbo essendo troppo piccolo tendeva ad accartocciarsi all’interno e non avendo la possibilità di vedere se riuscisse a respirare bene decisi di rinviiare il tentativo a tempi più maturi.

Dopo qualche settimana mi venne suggerito di fare un tentativo con la fascia porta bebè, e fu così che presi anche questo secondo baby carrier.

Alla soglia del terzo mese di vita di Nicolò penso di aver fatto un largo uso sia della fascia  porta bebè che del mei tai,  tale da poter stilare una mia personalissima lista dei pro e contro dell’uno e dell’altro per chi ancora in attesa aspirasse a diventar una mamma canguro.

E quindi ecco a voi la mia personalissima sfida: fascia porta baby versus mei tai


Sorvolerei sulla bellezza dei modelli, ma del resto lo si sa, non siamo l’insalatina bionda del web.

Fascia porta bebè. Piccola premessa: io ho acquistato una fascia di cotone bio non elastica lunga 5 metri, e quindi la mia esperienza è relativa a questo tipo di prodotto.

Il vantaggio della fascia porta bebè a mio avviso è che, a differenza dei mei tai, può esser usata veramente dai primissimi giorni di vita del bambino. Il tessuto è avvolgente e si adatta perfettamente al corpo di mamma e bambino. Il bimbo al suo interno si ritrova in un ambiente caldo e accogliente che ancestralmente lo riporta ad una situazione simile a quella precedente alla nascita. E’ impressionante vedere come il piccolo si acqueti subito una volta infilato dentro. Allo stesso modo, questo tipo di porta bebè è molto emozionante anche per la madre, che sentirà lo stretto contatto con il figlio e il profondo legame che lo unisce ad esso. Nella vestibilità la fascia porta bebè è molto elegante e si adatta a diverse modalità di trasporto del bambino per quanto io l’abbia usata pressoché unicamente avvolta come in foto, permettendo quindi il trasporto del bambino solo in posizione anteriore. Ho trovato difficoltà quindi nell’avvolgerla in modo tale che il bimbo possa esser trasportato in posizione posteriore o laterale. Ad onor del vero, però erano anche modalità che mi interessavano poco e per cui non mi sono presa la briga di insistere nei tentativi.

Inizialmente capire come si indossa la fascia non è immediato ma dopo la seconda o la terza volta si avrà così dimestichezza che ci si sentirà dei piccoli acrobati (mi riferisco alla posizione base). La fascia porta bebè può esser usata per portare il bimbo in giro senza l’ingombro del passeggino, in casa per aver la possibilità di fare anche altro oltre l’assistenza 24h su 24h al proprio figlio, oppure può esser usata semplicemente per aiutare il bimbo a prender sonno. Il corpo materno e il calore che emanano i due corpi a contatto sono così tranquillizzanti per il bimbo che si addormenta al suo interno in breve tempo.

Di contro però esistono degli svantaggi legati a mio avviso soprattutto all’imprescindibile lunghezza della stoffa. Non dimenticate che avete 5 metri di stoffa addosso. In inverno indossare la fascia porta bebè con i cappotti propri e del figlio è un’impresa a dir poco epica. Inoltre, se state usando la fascia porta bebè in esterno e per un motivo qualunque dovete sfilarvela e rimettervela addosso, il rischio di spazzare la strada e tirarvi su ogni schifezza è veramente molto alto. Bisogna, inoltre, sapere che se è vero che sia molto facile far addormentare il bimbo dentro è anche vero che sfilarsi 5 metri di stoffa senza far svegliare il pargolo è parimenti molto difficile. Infine,  ho riscontrato che la fascia sostiene poco la schiena del bimbo e quindi questo per lunghi periodo d’uso tende a incurvarsi all’interno assumendo una posizione poco ergonomica

Mei tai. La volta che Nicolò ha indossato il Mei Tai e mi sono resa conto che aveva raggiunto un’età  tale da starci bene dentro (per noi 2 mesi) è stata anche quella che ha determinato il tramonto della fascia porta bebè. Il Mei Tai può esser usato in maniera equivalente alla fascia (uso domestico, a spasso e per la nanna) ma risulta decisamente più pratico. Non dovendo scomporre tutti gli avvolgimenti della stoffa della fascia risulta anche molto più efficace nel far addormentare il bimbo e successivamente rimetterlo nella culla senza svegliarlo: basta solo sciogliere un nodo. E’ meno ingombrante della fascia e ha quindi una migliore vestibilità in inverno. Infine, c'è da aggiungere che il battente su cui poggia la schiena il bambino è imbottito e pertanto sostiene il suo corpo in maniera migliore: la posizione è pertanto più salutare per la colonna vertebrale.

Di contro il Mei Tai è meno emozionante della fascia perché viene a perdere quel fascino del quasi secondo utero che si crea con la seconda. Vi potrete consolare, sentendovi un po’ nipponiche. Non è inoltre da sottovalutare il fatto che il Mei Tai richieda tempi più maturi per il primo utilizzo.

Concludendo tra fascia porta bebè e Mei tai io non ho un mio preferito. Li ho amati e li amo entrambi per motivi diversi. Come tutte le cose se c'è un pro c'è anche un contro, e questi baby carriers non fanno eccezione. Basta solo decidere verso cosa si è più inclini e quale è il maggior utilizzo che se ne vuol fare. Consiglio a tutti l'esperienza di aver un bimbo accucciato cuore a cuore perchè è un'esperienza profonda sia per la madre che per il bambino che ritornano a stabilire un rapporto molto intimo come nel pancione. Allo stesso modo è una bella esperienza anche per i papà che potranno sentirsi un pò più vicini al ruolo materno, un pò più straodinariamente mammi.

Come ultimi aggiornamenti devo dire che alla soglia dei suoi 3 mesi Nicolò sta sviluppando una sorta di idiosincrasia per gli spazi angusti e pertanto da una settimana non ama più tanto entrare dentro il Mei Tai. Probabilmente questo ritornerà in auge quando sarà alto abbastanza da poter uscire completamente con la testa fuori. Si perderà quindi l’effetto di spazio angusto ma il Mei Tai diventerà un buon mezzo per spiare il mondo facendosi scarrozzare in lungo e largo ;)

giovedì 12 dicembre 2013

A te

A te che sei un mangiatore compulsivo ossessivo di pasticciotti,

che mi hai conquistato dicendo che avevi una grande esperienza di bambini con i tuoi nipoti,

che avevi cambiato così tanti pannolini da perder il conto,

e quando ti sei ritrovato per la prima volta a cambiare il pannolino di tuo figlio

sei corso in bagno a dar di stomaco,

a te che rientri in casa con  il torrone nella busta della spesa

e poi dici ‘lo divido con te anche se non te lo meriti’

che non ti dispiaci se tutti dicono che nostro figlio assomiglia a me

ma ti vanti perchè ha due dita dei piedi attaccati come te,

a te che quando parli del parto,

 lo descrivi alla gente come se Nicolò lo avessi partorito tu,

metti così tanti aggettivi e avverbi nel discorso che Stephen King impallidirebbe,

a te che ti aggiri vago brancolando nella notte

con un bimbo appollaiato sullo stomaco

e con la scusa che non si è addormentato bene

ti fai una camminata in più mentre rubi un biscotto dalla dispensa
.
A te che dici che senza di noi ti senti perso

A te che senza di te tutto questo non sarebbe possibile


auguri a te da noi.


lunedì 9 dicembre 2013

Babbo Natale e l'IVA

Bussola è in preda ai regali natalizi. Nonostante ogni anno si ripeta che il prossimo inizierà a comprare i regali per amici e parenti dal mese di Settembre, anche questo come ogni anno si ritrova a quasi metà dicembre con nessun regalo all’attivo.

Bussola sa che è destinata a passare gli ultimi giorni a tirare cazzotti e gomitate nei negozi per accapigliarsi l’ultimo oggetto in vetrina a prezzi sostenibili. Si è resa conto che per un anno di gravidanza è rimasta fuori dalle ultime tendenze della moda, l’incremento dell’iva, l’aumento dei prezzi. Per un anno Bussola è vissuta in un mondo ovattato, fatto di calci nella pancia, fotografie delle sue rotondità, preparazioni del nido del suo pulcino in arrivo, perdendo di vista la realtà fuori dalle mura domestiche. Quando questo week end Bussola si è decisa a girare per negozi alla ricerca di un nuovo piumino in sostituzione del precedente ha avuto un tracollo nel vedere che nello stesso negozio dove un anno fa un piumino come quello che aveva indosso costava 120 euro ora costa dai 300 euro ai 400 euro. E’ tornata a casa con le mani vuote ed ha deciso di affidarsi alla fortuna tentando la sorte negli outlet nei prossimi giorni.

La sottoscritta ha deciso che scriverà una letterina a Babbo Natale molto morigerata, sperando che anche lui non abbia problemi con l’iva.

In attesa che Babbo Natale bussi alla sua porta Bussola si è fatto arrivare a casa un calendario con le foto del suo anno ovattato. Ha sperimentato l’ordinazione via internet e ne è rimasta molto soddisfatta, per questo si sente di consigliarvelo. Lei ha usato questo sito qui. La qualità del calendario non ha nulla da invidiare a quella dei calendari solitamente venduti nelle diverse librerie, ma il suo è personalizzato e quindi vale mille volte di più. 




 Bussola oltre ad ordinare un calendario per casa in A3 (formato grande quindi) ha deciso di farsene arrivare uno anche da tavolo per quando sarà rientrata al lavoro e sarà sopraffatta dalle pratiche, così con la scusa di controllare una tempistica potrà rifarsi invece gli occhi con lo sguardo di suo figlio, e trovare in questo ristoro.




martedì 3 dicembre 2013

Il boss e la bilancia

Bussola e Fab oggi si son alzati presto (si fa per dire) ed hanno vestito di tutto punto il boss. Lo hanno preparato a dovere come si deve per i giorni importanti.

Lo hanno infilato in macchina e si son messi in viaggio. Hanno varcato la porta di uno studio medico e quando la pediatra ha detto avanti: sono entrati.

Quando ha sentito  la voce della dottoressa che ordinava “sulla bilancia”, al boss un po’ gli son girati i maroni, perché lui stava schiacciando una pennica e in tal frangenti non ama esser disturbato.

Ma lui è un buono e su quella bilancia c’è salito lo stesso. Cinque chili e settecento è stato il verdetto. Un chilo in venti giorni. Tutto merito del latte di mammà. Roba da duri. Se si sente dire nuovamente che non è ingrassato abbastanza, il boss può sventagliare di pipì tutto lo studio della dottoressa, e lei sa per esperienza che questo è possibile.


Poi il boss ha schioccato le dita e Bussola lo ha rivestito. E’ uscito dallo studio ruttando ed è ritornato a dormire.


lunedì 2 dicembre 2013

Nanne

Sai Bussola, Nicolò è il bimbo più bello del mondo, perché è oggettivamente il bimbo più bello del mondo, perché è mio figlio, ad ogni modo ci sono momenti che ti manda ai matti.

Tipo questa notte dopo che tu gli hai dato la poppata, lo hai cambiato, e me lo hai passato per addormentarlo.

Io ero stanco, avevo sonno, cantavo quella cazzalora di Ninna nanna Ninna oh, che per quante volte l’ho ripetuta mi è venuto il voltastomaco ma lui invece non mollava. Andavo su e giù nella cucina al buio, che avrò fatto i solchi sul pavimento, tipo i carri degli antichi romani sulla via Appia Antica, mi sentivo un cretino, cantavo e quella canzone più che far addormentare lui faceva assopire me. Lui non dormiva, vegliava su di me che volevo dormire. Sentivo i giganti appesi alle palpebre, gli occhi che difficilmente cercavano di resistere al sonno, e sta creatura di 57 cm che anziché prender sonno si dilettava a prendermi a capocciate. Si i momenti così son duri.

O peggio ancora mi manda ai matti, quando lo sento nel mei tai russare, e allora penso “ok è cotto, è il momento giusto per portarlo nella culla”. Al buio mi avvicino al lettino, slaccio il fiocco del mei tai, lascio scivolare le cinghie lentamente su di me, mi affretto a poggiare una mano sul sederino e l’altra sulla testa, e calibrando ogni minimo muscolo del mio corpo cerco di adagiarlo nella culletta trattenendo il respiro. Penso che l’ho fatta, lo guardo due minuti prima di rimboccargli le coperte e andare a coricarmi. Poi nel momento preciso in cui mi sto adagiando sul letto, poggiando la testa sul cuscino sento il silenzio della stanza infrangersi al suono di un Gueeeeeee ngueeeee. Si quello mi manda veramente ai matti.


Però. Si c’è un però. Quando slaccio il mei tai e lui sta dormendo dentro, c’è un momento magico in cui io ho uno sturbo. Precisamente quando lo libero dal battente di stoffa e noto come si è accartocciato dentro. Vedo che è tutto rannicchiato con il culetto a punta che sporge di fuori e la guancia rossa un po’ sudata completamente spiaccicata sul mio petto. Ha le braccia aperte, e dorme abbracciando il mio pancione. Si, in quel preciso momento, io lo ammetto, ho uno sturbo.


venerdì 29 novembre 2013

Momenti

Lo screpitio del fuoco nel caminetto, il liquore all’alloro, le babbucce di lana fatte a mano, il cappello a squalo, la campagna pulita a giardino, i funghi raccolti dallo zio, i pannolini taglia 3 che sostituiscono i taglia 2, le ninna nanne cantate da mia madre, gli arancini di riso, il Montgomery taglia 6 mesi, Mariano il mio fratello rumeno, mio padre che parla al nipote degli animali da inseguire in campagna, il lettino che sostituisce la culla, la carrozzina che ritorna in vigore, le prime notti dormite senza interruzioni di poppate, il ritorno in auge della poppata delle tre, le zanzare mai passate di moda, il freddo sferzante, le tutine, i body e giochi nuovi, le video telefonate con il papà, le foto con i cugini, la lettera degli altri cugini, il tornado a Gallipoli, il piumone soffice, il rispetto referenziale di un cane verso un bambino, un aereo Alitalia che decolla e uno che atterra all’aereoporto di Brindisi, le poppate negli autogrill, la cacca sulle tutine, i body caldo cotone a maniche lunghe, la visita alla bisnonna, il cane che insegue il gatto, il gatto che graffia il cane, i calendari nuovi, l’alcool per il cordone ombelicale, le visite degli zii, la candela numero 7 che vale 70, gli occhi di mio figlio


Le nostre vacanze pugliesi sono finite ed io un po’ sono triste. Mi consolerò facendo regali per Natale.



lunedì 25 novembre 2013

Lui e lei: sliding doors

Lei aveva venticinque anni, lui sessantacinque. Avevano poche cose in comune eccetto  l’autobus che tutti i giorni li portava all’università. Lei era studentessa prossima alla tesi della facoltà di chimica, lui professore prossimo alla pensione nella facoltà di fisica. La prima volta si erano seduti accanto per caso, perché non c’erano altri posti liberi, la seconda anche, la terza per caso iniziarono a parlare.

Lei aveva uno zaino pieno di sogni, lui uno zaino pieno di esperienza, entrambi ammiravano dell’altro quel carico prezioso. Di giorno in giorno, capitò spesso di sedersi vicino e di parlare del più e del meno in quel breve tratto del percorso del bus. Erano un anziano e una giovane e si sentivano in qualche modo come nonno e nipote. Erano un ponte tra due generazioni diverse. Erano un ponte che per vari motivi non si era eretto all’interno delle loro famiglie.

Alle otto del mattino su quel bus circolavano sempre le stesse facce, per lo più gente che in qualche modo aveva a che fare con l’università: giovani studenti, professori, ricercatori, inservienti.  In genere gli anziani professori superavano di gran lunga in numero i giovani studenti che preferivano altri mezzi di trasporto come il motorino.

Lei in quel tragitto si affezionò ad altri attempati docenti, e loro a lei. Si era creato senza  volerlo uno strano rapporto di protezione,  per cui il grande membro prende sotto l’ala protettrice il giovane, e cerca di tramandare a questo quello che di più prezioso ha: la conoscenza. In breve tempo lei finì  per diventare la mascotte di quel bus numero 4 di vetusti occupanti.

Alla fine dell’anno accademico, nella sessione di luglio lei si laureò. Sulla sua tesi oltre ai ringraziamento per famiglia, amici e conoscenti scrisse anche due righe per ricordare quel bus 4 e i suoi dotti nonnetti che per un anno le avevano tenuto compagnia con le loro storie di scienza e di altri tempi.

L’anno successivo lei partì in un’altra città in cerca di futuro e con la certezza di lavoro. Ai suoi vecchietti pensò ogni tanto con nostalgia, perse i contatti più mo meno con tutti tranne che con lui, che era stato il primo a rompere quel suo scudo di timidezza.

Un giorno mentre era nel suo nuovo ufficio la cartella dei nuovi messaggi della sua cartella di posta elettronica iniziò a lampeggiare: era lui. Era una mail triste in cui le diceva che stava attraversando un periodo difficile a causa della morte di sua moglie e dell’arrivo della pensione che gli lasciava troppo tempo da trascorrere nella tristezza delle mura domestiche. Era passato più di un anno dai tempi dell’università, e lei completamente assorbita dal nuovo lavoro aveva finito per lasciare affondare nella polvere della memoria quei vecchi ricordi, ritornati melanconici in superficie a seguito della ricezione di quella mail.

Lei rispose dopo un giorno. Gli scrisse cose carine per cercare di tirargli su il morale. Gli scrisse che era una persona in gamba e lo aveva tanto ammirato per quei suoi discorsi posati nel tragitto di quel bus 4 di qualche tempo fa.  Inviò la mail e ritornò alle sue carte, pensando che la cosa non avesse seguito. Seguirono invece altre e-mail il cui tono di lui era sempre più depresso. Il tono di lei divenne quindi sempre più accorato temendo che lui potesse commettere un gesto estremo per porre fine a quella sequela di tristi eventi.

Il week end dei morti lei rientrò nella sua città. Lui le chiese un incontro, perché gli faceva piacere ascoltare una voce amica che aveva avuto orecchie nei suoi momenti difficili. Lei provò una certa soggezione alla richiesta ma poi decise di accettare perché rifiutare le sembrava ingiusto infondo lui le stava chiedendo aiuto. Si diedero appuntamento alla fermata del bus 4, l’unico loro punto in comune.

Lei si meravigliò quando lo vide arrivare in macchina. Si era parlato di una passeggiata a piedi, la macchina non era prevista. Ad ogni modo quando lui le fece cenno di entrare in macchina che avrebbero fatto un giro, lei come un soldatino aprì la portiera e si infilò. In fondo, non era uno sconosciuto, in fondo era una persona di cultura, in fondo era una persona che stava soffrendo la solitudine e chiedeva il suo aiuto.

La macchina si perse tra la sequela di macchine che affluivano sulla via Appia di domenica pomeriggio. Lei guardava dal finestrino i resti delle mura romane che merlettavano il Parco degli Acquedotti , lui guidava sicuro. Dopo qualche chilometro di marcia lui tirò il freno una volta giunti su una stradina periferica che sbucava nelle campagne romane. Lei trasalì.

Finale 1.
Lei chiese come mai lui l’avesse condotta in quel posto desolato, ma lui rimase in silenzio. Poi improvvisamente sentì le sue mani premer forte sul seno. Lei cercò di svincolarsi da quella morsa infernale, ma più lei tentava di sfuggire e più le sue mani le si insinuavano dentro. Quell’uomo che lei aveva creduto debole, ora lo riconobbe nella sua vera natura, quell’uomo era il mostro. Sentiva la sua saliva lungo il collo, il suo ansimare oltraggioso rimbombargli nelle orecchie. Poi  il buio. Quell’uomo, quel vecchio, che poteva esser suo padre, suo zio, suo nonno, abusò di lei. Abusò di lei ripetutamente. Ma il buio inghiottì tutto, i pensieri, la memoria, le speranze. Il buio inghiottì anche la sua anima, ma purtroppo non fu abbastanza forte da prendersi anche il corpo.

Finale 2
Lei chiese come mai lui l’avesse condotta in quel posto desolato, e lui le disse che gli era sembrato un posto tranquillo per parlare. Lei si sentì a disagio. Lui posò una mano su quella di lei, ma lei la ritrasse. Iniziò quindi a parlarle con voce profonda facendole capire che quelle e-mail  avevano fatto nascere in lui un sentimento nuovo. Lui l’aveva sentita vicina, lei aveva saputo toccare con le parole corde inesplorate, sentimenti sopiti, e se ne era innamorato. Lui tentò un nuovo approccio ma nuovamente lei si chiuse a riccio. Lui si indispettì. Lei capì che sicuramente quelle e-mail erano state equivoche, come lo era l’atteggiamento di lui. Lei non corrispondeva e non aveva mai pensato che tra loro potesse esserci altro che un sentimento di reciproco rispetto. Chiese di esser riaccompagnata a casa, lui infastidito riaccese la macchina. Non si videro più e né si scambiarono più e-mail.

Lei ora scrive in un blog ed ha deciso di raccontare questa storia in occasione della Giorno mondiale contro la violenza sulle donne. La sua storia si concluse con il finale 2, ma ora ha capito che il finale 1 è sempre in agguato.

giovedì 21 novembre 2013

Più ozio per tutti

Il 19 novembre qui è stato un giorno speciale, si festeggiavano 70 anni di mio padre e due mesi di Nicolò. Il tempo passa e se a qualcuno i  capelli imbiancano ad altri iniziano a crescere.

La permanenza a Lecce procede bene. Ci  stiamo dando all’ozio, all’apatia, al caldo del caminetto acceso alle coccole dei nonni. 

La pediatra ha trovato nell'ultima visita Nicolò 100 grammi sotto il peso ideale e ci ha consigliato qualora il latte materno non bastasse di fare delle aggiunte con latte artificiale. Noi quindi indispettiti ci siamo messi all’ingrasso. 

Nicolò non sembra apprezzare il latte artificiale e così dopo qualche tentativo non ben riuscito ho deciso di abbandonare l’idea delle aggiunte. Mi sono resa conto che però il tempo in cui tenevo il bimbo attaccato al seno non era per lui sufficiente, in precedenza ero stata frettolosa. 

La dott ci ha spiegato che il tempo consigliato per l’allattamento naturale è dieci minuti ad un seno e dieci minuti all’altro. Considerando che io tenevo al seno Nicolò dieci minuti in tutto, mi sono resa conto che praticamente toglievo il cibo di bocca a mio figlio mentre mangiava.  Praticamente gli facevo gli happy hour di tetta! Madre snaturata!!! Ora ho aumentato la durata delle poppate e anche ravvicinato le une alle altre.

A parte questo piccolo inciso, il bimbo sta bene. E’ sveglio, cresce bene, interagisce con oggetti e persone indifferentemente da chi gli si piazza vicino. Con gli animali ancora non vi è stato alcun  incontro del terzo tipo.  Il cane dei miei se ne guarda bene  e non gli si è accostato nemmeno una volta per annusarlo, suppongo si senta intimidito dalla sua tenera età e si mantenga alla larga con il dovuto rispetto. Gli animali con i cuccioli d’uomo, soprattutto se molto cuccioli, hanno per istinto un atteggiamento molto referenziale, il mio cane almeno è uno di questi.

In questi giorni di pace e ozio Nicolò sta crescendo a vista d’occhio. Inizia a vocalizzare e divertito dalla sua stessa voce si cimenta sempre di più: apre la boccuccia, aggrotta la fronte, strabuzza gli occhi, stiracchia la lingua, allunga le gambe,  fa un bel respiro e si lancia nell’emissione del  suono.  A volte il suono esce bene, chiaro e deciso, a volte ne escono tanti, tutti insieme o infila indiana uno dietro l’altro, a volte non esce niente. La sua faccia in quest’ultimo caso è la più divertente.


La vita qui scorre serena, tra le piccole conquiste di ogni giorno, i ricordi di un tempo e i desideri per il futuro. Un saluto dal sud.


martedì 12 novembre 2013

Noi si parte

Noi bella gente siamo di partenza, dopodomani carichiamo in macchina tutine, pannolini, sacchi nanna, carrozzine, lenzuolini, body, cremine, scarpine, giocattolini, seggioline, fasciatoi da viaggio, vitamine, fermenti lattici, olio di mandorle, tutone imbottite, pantaloni con i piedini, pantaloni senza i piedini, felpine, copertine, ciucciotti, salviettine, bavettine, cappellini e se rimane spazio anche Nicolò,  e rotoliamo verso Lecce, a casa dei nonni materni. Il primo viaggio per Nicolò, il primo viaggio di noi tre come famiglia.

Abbiamo un piano di battaglia preciso, calcolato all’ultimo dettaglio: poppata alle quattro di notte, cambio pannolino, caffè per noi, imbacuccamento generale e partenza. Viaggiamo di notte nella speranza che lui dorma per gran parte del viaggio, ma la probabilità che ci accostiamo ad una banchina di sosta a schiacciare un pisolino mentre lui si intrattiene facendo suoni vocalici e lallazione la danno quotata SNAI 3 a 1.

Domani abbiamo visita pediatrica per lui e ginecologica per me. Rinnoviamo entrambi il tagliando e verifichiamo le fluttuazioni dei nostri punti, lui quelli di percentile e io quelli di sutura. Non ci aspettiamo grandi problemi e speriamo di avere da entrambi i nostri camici bianchi il loro benestare per questo viaggio.

Ogni volta che torno a Lecce, unica città che considero casa, è per me un momento di festa e di grande emozione, per diverse e ovvie ragioni, ma questa volta lo sarà in particolar modo. Sono contenta di portar Nicolò nei miei luoghi natali, tra le mie cose, la mia casa, la mia gente. Fab pur essendo di un’altra città del sud Italia, altrettanto bella come Napoli, si è integrato così bene nel Salento da considerarlo anche lui a sua volta una sua casa. Non vedo quindi l’ora di battezzare Nicolò a olio nuovo, buon vino, e sapori di una volta.

Per noi salentini le radici hanno un valore particolarmente profondo, non so per quale ragione culturale però è così. Il Salento è un fazzoletto di terra che è stato ed è tuttora impoverito dalle molte migrazioni, inizialmente in Svizzera, Germania, Belgio etc e ora nel resto d’Italia. Nonostante questo non c’è nessun singolo emigrato che non si senta legato mani e piedi alla propria terra. C’è un filo sottile che spinge ognuno di noi a ritornare sempre verso la propria casa e a non sentirsi mai veramente integrati al di fuori di essa.

I miei genitori sono in fibrillazione, attendono l’arrivo del loro primo nipote come un bimbo quello di babbo Natale.  Io sono contenta perché grazie alla mia astinenza del lavoro per maternità, ho la possibilità di far godere anche a loro la dolcezza di Nicolò, che altrimenti è per gran parte di tempo lontano. La scusa è gradita per prendere qualche coccola extra anche io, perché non è detto che una mamma, una volta diventata mamma smetta di essere figlia.

Unica nota stonata di tutto questo è che il papà ci accompagna soltanto, lui non può rimanere con noi in Puglia perché ha pochi giorni di ferie residui, e preferisce conservarseli per Natale. Per quindici giorni quindi la famiglia si divide. E’ proprio vero, la felicità in assoluto non esiste ma bisogna apprezzare i singoli momenti di felicità.


Vi lascio una foto di Fab e Nicolò che a me piace molto e che anche su fb ha riscosso molto successo, perché si sa il papà col bimbo piccolo rimorchia facile. ;)


giovedì 7 novembre 2013

A piccoli passi verso nuovi equilibri

Sto iniziando ad uscire dal tunnel di pappa – cacca – nanna –pappa –cacca –nanna elevato alla enne potenza. Nicolò ha un mese e mezzo ed io inizio a vedere la luce.

La notte riusciamo a dormire molto di più. Facendo una poppata intorno alle undici di sera il nanerottolo riesce a ronfare sereno e pacifico fino alle cinque del mattino, e dopo una successiva poppata riprende il sonno interrotto fino alle otto -  otto e mezza del mattino. Se lui dorme, noi dormiamo, e se noi dormiamo la qualità della vita migliora decisamente per tutti.

Le gambette del piccolo iniziano a diventare tornite, e questo oltre a fargli assumere un aspetto molto simpatico da polletto vallespluga morbidoso, porta l’immediato vantaggio che  il suo culetto nel pannolino non si trova più a sguazzarci dentro. Il pannolino diventa quindi più contenitivo, riesce a fare il suo lavoro, di pannolino appunto, e cacca e pipì non trasbordano fuori con un notevole risparmio di body e tutine da lavare a mano o in lavatrice.

Altra piccolina stellina raggiunta alla soglia del mese e mezzo, è che si riesce ad interpretare con maggior precisione i reali bisogni del bimbo e quindi i motivi del suo pianto. Con un po’ di attenzione, capiamo quando Nicolò piange per fame, per sonno, perché è in arrivo un mega caccone o  perché troppo annoiato o al contrario troppo stimolato.

Sono piccoli passi avanti ma abbastanza importanti da rendere la vita più semplice per tutti.

Sentendomi un po’ più fuori dal tunnel, ho iniziato a ritagliarmi un po’ di spazio per me stessa. Purtroppo la gravidanza lascia sempre qualche chiletto di più addosso e sfortunatamente tutto localizzato sul punto vita. Per quanto il sovrappeso non sia esagerato è sufficiente a mandarti in palla tutto il guardaroba dell’anno precedente. Se ci si aggiunge poi poco tempo per curare se stessi, il poco tempo per dormire, una vita sociale che subisce una drastica frenata, la panza che spanza, l’idea di avere solo due o tre indumenti a disposizione per far combaciare comodità nell’allattare e dignità umana, il baratro della depressione può non esser così lontano. Per non cedere a nessun tipo di malinconia ho deciso di riprendere un po’ di attività fisica. Poca roba, ovvio, ma sufficiente per farmi sentire meglio.

Vicino a casa c’è un parchetto molto ben curato in cui andavo spesso a correre prima della gravidanza, ho deciso quindi non potendo assicurare la continuità che richiede una palestra, di ritornare ad indossare le scarpe di footing su quello stesso parco come una volta. E’ ovvio i ritmi sono completamente diversi, adesso più che correre, alterno fasi di camminata a fasi di corsa secondo un programma molto easy per maratoneti, però è sufficiente a farmi sentire nuovamente bene con me stessa. Non ci riesco ogni giorno, e spesso nemmeno ogni due giorni ma diciamo che due o tre volte a settimana, riesco a mollare Nicolò al padre e schizzare via verso il parco. Anche Fab ha ripreso a correre, la gravidanza chissà per quale motivo porta chili di troppo anche ai papà, e anche loro una volta nato il piccolo decidono di mettersi a dieta.


Infine per brindare a questo nuovo equilibrio raggiunto ho deciso di andare dal parrucchiere. Ho mollato il pupo alla suocera che era emozionata e grata come una bambina per la gioia di avere il nipote in custodia e sono andata a farmi bella. Ho sperimentato un nuovo parrucchiere nel quartiere dei miei suoceri, quartiere noto perché ospita diverse ville di calciatori della Roma o di altri romani arricchiti. Così tra una donna scolpita con bisturi e botulino che faceva la sua tintura con sulle ginocchia uno yorkshire con fiocchetto e tutina rosa ed un uomo di mezza età con un fluttuante ciuffo di capelli brizzolati, ho perso sotto la forbice del parrucchiere alcuni centimetri di capelli secchi e sfibrati dal sole estivo, per uscirne alla fine fuori tutta boccolosa, felice, leggera nell’animo e nel portafoglio.


domenica 3 novembre 2013

I momenti con Nicolò

I momenti No

Quando alle sette del mattino tu vorresti farti un’altra oretta di sonno visto che non devi andare a lavoro e ti sei svegliata due volte nella notte per allattare e lui ti guarda con due occhi da civetta nel buio e fa oscillare la culletta magnitudo sette della scala Richter chiaro indice che per lui l’argomento sonno si chiude lì

Quando mentre è nudo sul fasciatoio e con una mano tieni su le sue gambette mentre con l’altra cerchi di infilare sotto il pannolino pulito, lui ritiene opportuno che è il momento giusto per sguinzagliare il suo pistolino ed usarlo come idrante irrorando ogni cosa che gli capita a tiro

Quando piange e si dispera diventando paonazzo in volto pompando pericolosamente le arterie della testa e tu vorresti placarlo ma non sai cosa fare visto che lo hai allattato, lo hai cambiato, hai provato ad addormentarlo  etc ottenendo solo come risultato una breve pausa dal fragoroso pianto e un’espressione del viso del tipo: ritenta sarai più fortunata, non era questo quello che dovevi fare

Quando dopo aver percorso almeno venti volte il perimetro della casa con lui in fascia o sul mai tai che resiste stoicamente al sonno, finalmente crolla, allora lo posizioni nella culla e lo osservi dormire come un angioletto. Esci quindi serena e rappacificata dalla stanza. Dopo dieci minuti senti degli scricchiolii inquietanti provenire dalla stanza, quando vai a buttare un occhio nella culla trovi due occhi sbarrati da civetta, un grosso sorriso di chi ti aspettava da tempo, e un piede che si muove come un sismografo facendo oscillare la culletta contro il muro

Quando dopo avergli fatto il bagnetto lo tieni avvolto nell’asciugamano in braccio per riscaldarlo e lui ti ringrazia con una fragorosa puzzetta puzzona a cui segue implacabile la cacca. Ti sorride poi beato per essersi liberato

I momenti si

Quando dorme nella fascia o nel mai tai e tu senti il calore del suo corpo contro di te e il suono del suo respiro sereno e percepisci che sia tu che lui state bene

Quando dopo averlo cambiato ti fermi a giocare con lui sul fasciatoio ed emetti dei suoni a bocca aperta e lui fa di tutto per imitarti, riuscendoci a volte bene a volte meno. Ogni volta che ci riesce sorride perché capisce di aver fatto la cosa giusta.

Quando si addormenta su di te sdraiata sul divano e senti che nel sonno infila le sue mani nel tuo reggiseno

Quando fai finta di mangiarlo azzannandolo al lato del collo e lui si mette a ridere divertito per il solletico che ne riceve del tuo respiro

Quando passeggiando nella carrozzina dormendo, gli arriva il sole in faccia e corruga la fronte infastidito

Quando mentre dorme inizia a sentire l’ora della pappa che si avvicina e nel sonno inizia a ciucciare l’aria

Quando piange sul fasciatoio e tu inizi a parlargli come fosse una persona adulta e lui rimane così frastornato che smette di piangere e ti guarda inebetito come per cercar di capire il discorso

E tanto altro ancora

A conti fatti i momenti SI sono in numero superiore




domenica 27 ottobre 2013

Alla ricerca di nuovi equilibri

Io e Fab abbiamo due caratteri generalmente molto assecondanti. Difficilmente andiamo in collisione con le persone che ci circondano, a meno che ovviamente non pensiamo di aver subito un torto o teniamo particolarmente a far sapere la nostra opinione in merito a chi ci è di fronte.

Se difficilmente andiamo alla ricerca dello scontro con i nostri amici, colleghi o parenti, ancora di meno lo cerchiamo con noi stessi. In quattro anni che ci conosciamo, io e Fab abbiamo litigato poche volte, e nella maggior parte delle volte lo  abbiamo fatto per lo più per colpa di terzi.

Ci siamo conosciuti ormai da adulti, e forse anche per questo abbiamo affrontato tutto il percorso che ci ha portato fino al nostro matrimonio in maniera consapevole e serena. Abbiamo vacillato poche volte nell’organizzazione di tutta la nostra vita insieme, solo qualche broncio, qualche momento di scazzo, qualche silenzio e vuoto nella stanza, che però nel giro di poche ore si andava a riempire di nuovi spazi, di nuovi confronti.

Da quando è nato Nicolò però qualcosa è cambiato. Il nostro equilibrio è andato in frantumi, come acqua lanciata contro una scogliera. In questo mese abbiamo raggiunto un numero di discussioni che supera ogni peggior presagio. Non ci eravamo abituati, non ci ero abituata.

Forse le notti il cui sonno è un po’ a singhiozzo, forse lo stress per un nuovo esserino di 56 cm tutto da interpretare senza istruzioni all’uso, forse lo strascico della convalescenza per un parto complicato, la tensione di amici e parenti che si contendono il nuovo arrivato, o forse tutto questo insieme ha fatto esplodere il rapporto tra me e Fab. A volte basta un nulla, un niente, un sospiro dell’altro, e nasce una tensione, un rimprovero, un’insofferenza.

In quattro anni è stata la prima volta che ho sentito il terreno scivolare sotto i piedi di noi come coppia. Né io né lui abbiamo mai pensato che il matrimonio potesse arrivare all’epilogo, e ancora di meno che Nicolò in qualche modo ne potesse essere responsabile, però di sicuro abbiamo entrambi percepito che qualcosa stesse cambiando.


-          Perché sei in silenzio?
-           Non lo so, sono stanca. Ho solo voglia di andare a letto.

Mi sono quindi rannicchiata sotto le lenzuola.

Un vagito di bimbo ha riempito quel silenzio. Siamo rimasti in attesa per vedere se iniziasse a piangere, ma a quanto pare anche il bimbo era stanco, e si è aggiunto anche lui alla quiete della camera.

-          Secondo te ci stiamo allontanando?
      Ho detto io andando dritta al sodo.
-           Sicuramente litighiamo di più.

Ha risposto anche  lui senza grossi preamboli, aggiungendo poi

-           Tu pensi che ci stiamo allontanando? Tu ti senti più lontana? Ti senti che ti sei allontanata?
-         No non mi sento che mi sono allontanata. Mi sto chiedendo se lo siamo noi come coppia.
-        Io no non lo penso. Mi rendo conto che il numero delle discussioni tra noi è aumentato, ma penso che sia l’anticamera per trovare un nuovo equilibrio, per passare da noi come coppia a noi come famiglia, con quel salsicciotto che dorme lì nella culla.


Ci sono stati altri fiumi di parole tra noi, ieri notte, ma forse ieri per la prima volta io e Fab siamo andati a letto più leggeri, consapevoli che era solo questione di tempo, il tempo necessario per trovare l’assetto per un nuovo equilibrio, il tempo per crescere, per evolvere.


mercoledì 23 ottobre 2013

Bimbi a portar via (con noi)

Ho sempre ammirato quelle persone che non venivano scoraggiate dalla presenza dei bambini per  fare viaggi, cene con amici, aperitivi e quant’altro. Mi sono quindi ripromessa che una volta che sarei stata mamma, avrei cercato di coinvolgere per quanto fosse possibile, un mio figlio nella vita sociale.

La maternità sicuramente porta ad un mutamento epocale nella vita di una persona, questo è inutile negarlo, però a mio avviso con un po’ di spirito di adattamento e di elasticità mentale è possibile non rinunciare proprio a tutto della propria vecchia vita, e prendere il meglio della nuova. Certo non posso aspettarmi di andare al cinema senza esser presa a “popcornate” dai vicini per i vagiti di Nicolò durante la proiezione del film, però sicuramente posso organizzare cene con amici in casa, fuori casa e piccole gite fuori porta. Lo scorso week-end, ad esempio siamo andati ad una sagra delle castagne, e una nuova gita fuori porta è prevista anche per il prossimo week-end.

Per mia esperienza Nicolò è più facile da gestire fuori casa che in casa: in macchina si fa certe dormite che a vederlo sembra abbia passato un pomeriggio a zappare la terra, stessa cosa quando lo portiamo in giro in carrozzina, o nella fascia. Finché le ottobrate romane ce lo consentono pensiamo quindi di approfittare di questo tiepido sole, per far respirare un po’ di aria fresca al cucciolo.

Fondamentalmente quando si esce con il bambino di pochissimi mesi (noi abbiamo appena svettato la cima del primo mese), le problematiche di maggior impatto sono il cambio pannolino e la poppata. Allattando il bimbo ho la fortuna di non dover portare in giro biberon, acqua, latte in polvere e quant’altro, ma basta aprire poco poco la maglietta e il reggiseno ed ho subito una boccuccia pronta ad afferrare questo capezzolo volante. Prima che Nicolò nascesse, ho sempre pensato che mai e poi mai sarei riuscita ad allattare il bimbo in pubblico, per un pudore che mi è proprio. Io ad esempio, non ho mai fatto la doccia in palestra per evitare di esser completamente nuda davanti ad estranei, ma ho sempre preferito lavarmi una volta rientrata a casa. Bene, la gravidanza ti fa cadere veramente ogni freno inibitore, se Nicolò ha fame io ormai sguinzaglio la “tetta” e via il gioco è fatto. Al massimo mi copro con un foulard traforato all’uncinetto, ma a volte per velocità mi dimentico di farlo.

Per quanto riguarda i cambi pannolini, ormai ho il cambio più veloce del west. Ho acquisito una tale velocità mio malgrado nei vari controlli ed esami che ha dovuto fare Nicolò una volta dimesso dall’ospedale. Il bimbo essendo un cuor di leone come i genitori, ogni volta che incrociava un medico e che veniva spogliato per esser sottoposto a prelievo, esame cardiologico o altro, immancabilmente battezzava il lettino del dottore, i suoi indumenti parzialmente sfilati e ogni cosa che si trovava a tiro, della sua “santa” pipì. Ho imparato quindi che se giri con il bambino, due tre cambi sono il minimo sindacabile per ritornare illesi a casa.


Molti cambi mi sono ritrovata a farli in macchina nel sedile posteriore. Ormai la macchina è il nostro secondo fasciatoio.

Per la nascita di Nicolò ricevetti da una nostra amica di famiglia Ada Daversa, a cui sono molto legata anche perchè si occupò della mia  "vestizione"  il giorno del matrimonio, un fasciatoio da viaggio fatto da lei. Pur navigando molto su internet non ero mai incappata in qualcosa del genere e pertanto il regalo fu una vera sorpresa. Ho scoperto con il tempo che il fasciatoio da viaggio è qualcosa che che ti salva la vita in diverse occasioni, e ti permette di trasformare il sedile di una macchina, un tavolo della nonna, un qualsiasi piano disponibile in un comodo e igienico fasciatoio.

Il nostro fasciatoio da viaggio è molto pratico anche perché chiuso occupa veramente poco spazio, e può essere facilmente infilato nella borsa del bimbo insieme a pannetti, salviette e cambi.


Ma basta togliere l’elastico e srotolarlo per avere un piano igienico per il cambio pannolino. Io lo trovo oltre che molto funzionale, anche molto bello.


Avendo Nicolò un rischio di pipì a fontanella molto elevato durante i cambi, che  rischia di rifarti ricominciare tutto da capo, generalmente per salvaguardare il fasciatoio da viaggio aggiungo un telo per cambi. Se ne trovano in commercio di diverse marche.


Il fasciatoio è quindi pronto, non resta che aggiungere la “simpatica canaglia” con il suo pannolino tutto bagnato.


Vi assicuro che se si è in giro, un tappetino del genere è la salvezza.
 Ho fatto le foto per comodità in casa, ma in realtà in casa siamo coperti da un fasciatoio alla classica maniera, ma il nostro fasciatoio da viaggio ci ha accompagnato con le nostre pipì e le nostre cacche che elargiamo al mondo con grande generosità,  non solo davanti a medici e dottori ma anche oramai in varie scorribande in ogni dove.
Ho deciso di condividere l’idea nel blog, pur non avendo un vero e proprio tutorial non essendo una mia creazione, perché è veramente una di quelle cose semplici che ti cambia la vita. Penso che se si ha un pò di padronanza con la macchina da cucire, o una cara amica come me ;) la realizzazione è abbastanza semplice.

Vi lascio infine la foto di un “cattivissimo” Nicolò con un cappellino fatto da mia sorella, pronto per andare appunto IN LUNGO E LARGO.


giovedì 17 ottobre 2013

Asilo e fascia porta-bebè

Se solo ci penso che mio figlio nemmeno era nato e già io e Fab giravamo per asili nidi, un po’ mi vien male. Praticamente stavamo scegliendo un posto dove parcheggiarlo prima ancora di averlo tra le braccia. Purtroppo però la situazione degli asili a Roma è veramente molto complessa da vari punti di vista: economici, affollamento, affidabilità etc, come penso poche altre città in Italia. Avevamo deciso quindi, per questo motivo, di muoverci con largo anticipo proprio per aver la possibilità di iscrivere il bambino a quello che a nostro avviso, sembrava migliore da vari punti di vista.

Io non sono la Hunziker che dopo tre giorni ritorna al posto di lavoro, ma sta baracca bisogna pur mandarla avanti, e quindi finita la maternità, finite le ferie, è inutile dire che bisogna pensare di ritornare sulle proprie scrivanie a guadagnare la pagnotta.

La scelta del nido, non è stata per noi una scelta obbligata ma desiderata. Pur avendo una nonna, a disposizione nei limiti del possibile, io e Fab siamo convinti che la socializzazione con altri bambini non possa che arricchire la personalità di Nicolò.  Un bimbo in grado di interagire con altri suoi coetanei senza timidezza o paura, sarà sicuramente un adulto più forte e consapevole, ecco perché abbiamo deciso di spingere il bimbo fuori dal contesto ovattato della famiglia da subito. Inoltre diciamocelo, il bimbo è di chi lo fa, non è giusto nemmeno darlo in affidamento ai nonni che ormai si trovano a fare i genitori più dei genitori stessi.
C'è da aggiungere anche che io sono figlia di insegnante nella scuola pubblica per questo credo nelle istituzioni e sono fermamente convinta nei vantaggi dei rapporti bambino –bambino paritetici.

Dopo tanta ricerca valutando esperienza corpo educatori, pulizia dei locali, attenzione nella pianificazione delle attività e tanto altro abbiamo scento il nostro asilo l'Emilio

Nicolò  varcherà la porta dell’Emilio, intorno a Marzo, un tempo abbastanza lontano per essere spupacchiato a dovere da mamma e papà senza limiti di tempo.

Qualche giorno fa ritornammo all'asilo per presentare "l'erede", ormai nato, ai suoi educatori per rinnovare le nostre intenzioni sulla scelta del nido. Ci fermammo a parlare con Giordanala responsabile della sezione nido, del più e del meno, in merito al carattere del bimbo. Quando le raccontammo che  Nicolò è un bambino dal carattere pacifico di facile gestione, ma che ogni tanto fa fatica a prender sonno, lei ci ha consigliato di fare un tentativo con la fascia porta bebè.


Detto fatto, il giorno dopo ero in un negozio di indumenti bio a comprare la nostra fascia porta bebè.
Sono pochi giorni che la uso, ma già ne sono innamorata. Nicolò non mi ha fatto pentire dei soldi spesi, ha dimostrato da subito un gran piacere nell’accovacciarsi al suo interno.

La fascia porta bebè è una svolta per piccole uscite al supermercato, al parco o nella qualsivoglia, in quanto sono ora libera dall’ingombrante carrozzina, e dal suo monta, smonta, blocca le ruote, sblocca le ruote, sali la carrozzina per gli scalini, attento al marciapiede etc.

Nicolò si fa delle gran penniche al suo interno, e quando sveglio ama affacciarsi, per vedere il mondo esterno “dal suo oblò”.

Trovo, inoltre, molto comodo, come accennatomi da Germana, usare la fascia porta bebè anche a casa in quei momenti in cui Nicolò fa i capriccetti preludio  del sonno e di stanchezza del bambino, ma in cui anziché abbandonarsi ad un sano riposino lui combatte stoicamente la chiusura delle palpebre. In momenti del genere, ho notato che se messo nella fascia lui si rilassa e si accoccola, riuscendo finalmente a prender sonno.

Ad ogni modo, quando noto che il bimbo è riuscito ad addormentarsi preferisco comunque scioglier la fascia e metter il bimbo nella sua culletta, perché penso che la postura sdraiata sia da preferire per lui a quella rannicchiata. Mi godo invece il mio koala a me abbarbicato serenamente nelle lunghe passeggiate all’aperto.

Appena sarà poco più grande sperimenterò il mei tai, cucitomi da mia suocera sotto mia esplicita richiesta durante i mesi di gravidanza. Ho fatto già una prova, ma ancora è presto, il bimbo mi si sprofondava all’interno. Non vedo comunque l’ora di fare il tentativo di trasporto bambino anche alla nipponica maniera.




domenica 13 ottobre 2013

Prime settimane

Pensavo fosse più semplice prendersi cura di un cucciolo di 4 chili e 100 per 55 cm di altezza; invece mi sbagliavo.  Questi gnometti sono un concentrato di energia implosa sempre pronti ad esplodere in pianti e urla strazianti al primo soffio di aria. Nicolò è di per sé un bimbo buono, poco impegnativo che di suo ci mette poco per mandare in frantumi la tranquillità di casa. Generalmente Nicolò è quindi di facile gestione, nonostante ciò se gli capitano le giornate no, “levate proprio”, diventa uno shuttle schizzato in cielo a tutta velocità senza comandi.    

Questi cuccioli sanno fare poche cose oltre a dormire, mangiare, fare pipì, cacca e sporcare pannolini in quantità industriale…. A si sanno anche piangere. Nicolò piange se ha fame, piange se ha sonno, piange se deve fare la cacca, piange se ha aria nello stomaco, piange se ha il pistolino all’aria (tutti hanno le proprie debolezze, quella del pistolino scoperto  è la sua). Non è facile quindi interpretare il singolo pianto a quale dei messaggi che lui intende mandare, corrisponda. Si va quindi per esclusioni, inizi a provarle tutte fino a quando per la legge dei grandi numeri, becchi l’azione giusta a cui corrisponde una sua reazione giusta, quella di acquetarsi. Ovviamente prima di fare la cosa giusta ne hai provate altre tremila che erano sbagliate, e che lo hanno fatto indispettire ulteriormente, provocando un aumento in decibel del tono del suo pianto. Durante le sue crisi di pianto cerchi quindi di correre alla velocità della luce, sperando di riuscire a placarlo, prima che l’inquilino del piano di sotto venga a suonarti alla porta facendoti presente che i rumori molesti non sono graditi alle quattro del mattino.

Insomma in questo mese di Ottobre le mie giornate passano così, tra pianti furibondi in cui  Nicolò sembra un riposseduto, cambi di pannolini che  incrementano la spazzatura di Roma facendo aumentare il rischio che la città diventi una seconda Napoli, e bagnetti al cardiopalma che temi sempre che il bambino ti sgusci via e vada a finire tra le braccia di quella del primo piano.
Dicono che siano così solo i primi mesi,e me lo auguro, perché sarebbe carino uscire da questo empasse di pipì cacca e nanna per fare qualcosa di un po’ più esaltante.


In  compenso comunque ci sono momenti in cui il tuo riposseduto, ti fa sciogliere di tenerezza e gli perdoni le cacche, le pipì, le levatacce, le puzze, le tutine zuppe di pipì pronte da lavare. Nicolò ad esempio mi sconquassa di dolcezza quando lo avvicino alla mia guancia e con quella sua boccuccia mi “sbavazza” tutta come fossi un gelato libidinoso, quando incrocia gli occhi per mettermi a fuoco e nel momento in cui finalmente ci riesce mi stampa un sorriso luminoso che gli riempie il viso, o quando stira e flette le gambine come se avesse le coliche e allora io lo prendo in braccio per calmarlo e lui si acqueta ranicchiandosi nell’incavo tra collo e braccia, facendomi seriamente sospettare che quella delle coliche era solo una scusa per stare vicini vicini.



domenica 6 ottobre 2013

9 mesi aspettando Nicolò

Durante la gravidanza ho avuto la fortuna di avere un ecografista che ad ogni visita mi rilasciava un CD con le diverse registrazioni di ogni controllo. Nei primi mesi ho visto e rivisto quelle registrazioni fino a logorarle, perché era l’unico modo che avevo per vedere il mio bambino e sapere che tutto stesse procedendo per il meglio. Alla fine della gravidanza poi i movimenti che percepivo nel pancione avevano un effetto rilassante più efficace di qualsiasi ecografia.

Non ho mai condiviso i video per una punta di scaramanzia. Ad ogni modo ogni volta che li visionavo mi ripromettevo che alla nascita di Nicolò avrei rielaborato i diversi spezzoni per avere un piccolo sunto dei miei nove mesi da donna panzuta fino alla nascita del bimbo.


Sono stata di parola. Ecco il video. Enjoy it.

PS: vi consiglio di accender le casse perchè senza l'accompagnamento musicale perde molto



giovedì 3 ottobre 2013

Carola scrive

Conobbi Carola a Milano, un incontro si potrebbe dire al buio. Avevo vinto una borsa di studio per un master in scienze regolatorie farmaceutiche e dovevo organizzare un mio trasferimento dalla capitale alla città della moda entro poco tempo.
La scuola fece circolare indirizzi e-mail e numeri di telefoni dei vincitori del bando tra li stessi per chiunque volesse contattare  o conoscere i colleghi prima dell’inizio delle lezioni. In quei giorni chiamai e venni contattata da diverse persone della scuola, tra le varie chiamate ricevetti anche quella di Carola e Federica. Con loro nacque subito un buon feeling ed avendo bisogno tutte  di un appoggio su Milano, decidemmo di cercare insieme un appartamento con cui condividere spese e locali.
Da quel giorno sono passati tanti giorni, che messi insieme formano otto anni. In otto anni abbiamo effettuati due traslochi,  completato il master, iniziato un lavoro prima come precarie e poi come stabili, siamo partite per tanti viaggi,  abbiamo festeggiato i nostri tre matrimoni, brindato a  quattro nascite, ci siamo emozionate un’infinità di volte e tanto altro ci aspetta da fare. Senza ombra di dubbio Carola e Federica nell’elenco delle amicizie calcano il podio.

L’ultima nascita che ha fatto vibrare i cuori è stata quella di Nicolò. Carola scrive per lui quanto di seguito riportato. Avrei voluto pubblicare il testo direttamente dall’ospedale in modo che fosse lei a darvi l’annuncio, ma poi gli eventi sono stati un po’ più burrascosi del previsto. Non è mai troppo tardi però  ed ecco a voi il post scritto da Carola per Nicolò

PS: Sono sempre stata convinta che dovrebbe aprire un blog. Giudicate voi.


Qualche tempo fa, la mia amica Bussolina mi chiese se avessi piacere a scrivere qualcosa sul suo blog. Risposi di si e fui molto lusingata da questa richiesta, ricevuta da una blogger che maneggia il mezzo scrittura con una disinvoltura e una padronanza che io non posso che ammirare. Ma poi, vuoi per la scarsità di tempo e di argomenti (“di cosa parlo? Di me? Dei miei bambini? Dell’amicizia? Nuuuu…a chi vuoi che interessi !”), vuoi per la solita sciatteria che mi contraddistingue, non ho tenuto fede al mio impegno.
Ora pero’ sono qui, spinta dal desiderio forte, incoercibile e prepotente, a cui davvero sento di non potermi sottrarre, di condividere una gioia, un’emozione, un’esperienza senza eguali. Anzi, La gioia, L’emozione, L’esperienza senza eguali: quella di diventare mamma. 
Ieri sera, Bussola, la mia Bussola, la stessa ragazza che ha convissuto con me e Federica a Milano, che è cresciuta e ritrovata donna insieme a noi, è diventata mamma. Alle 19.50 del 19 settembre (a proposito: a Fabri’, giocate il 9 e il 19 sulla ruota di Napoli!), è nato Nicolò, uno stupendo batuffolino di amore e grazia che ha già rivoluzionato le vite di mamma e papà. 
Non so spiegare quanto questa nascita, vissuta  momento per momento al telefono, mi abbia commossa ed emozionata. Nicolò è un bambino fortemente voluto, cercato, amato sin da quando non era che una striscetta rosa su un test di gravidanza e poi, più avanti, un puntino, un girino, un capoccione, e, infine, qualcosa di molto simile ad un bambino. Ma di tutto ciò, e molto altro ancora, vi ha già detto e vi dirà Bussola, in quel suo modo dolce e ironico al tempo stesso e, ora, reso ancora più efficace dal cuore di mamma. Di certo non posso aggiungere nulla alla magia e alla poesia palpabili dei suoi post su questi bellissimi 9 mesi trascorsi incastrati l’uno nell’altro. Io sono stata spettatrice di questa gravidanza e, insieme all’inseparabile Federica, ho fatto il tifo per questo bimbetto che cresceva e, tra uno scherzetto e l’altro, diventava una presenza sempre più tangibile in un pancione tondo e fiero. E ora che è nato, ora che Nicolò è un bimbo tutto da baciare e annusare e accarezzare, voglio rivolgermi direttamente a lui, perché capisca subito come stanno le cose a questo mondo:




Caro Nicolò, 

sei nato soltanto da poche ore e immagino tu sia ancora un po’ disorientato da questi visi che ti si agitano davanti e dai suoni così diversi dalla pace ovattata a cui eri abituato. 
Caro Nicolò, sappi che io sono l’ennesima scocciatrice, un’altra che non vede l’ora di conoscerti di persona e di strapparti dalle braccia di mamma per sbaciucchiarti un po’. Però, non preoccuparti, ti lascerò in pace ancora per un po’. Aspetto che torni a casa per tormentarti. Ora goditi la tua mamma e il tuo papà. 
Sai che sei un bambino molto fortunato? Bussola è una mamma con i controfiocchi: saprà raccontarti tante storie bellissime, cucirti costumini da angelo bellissimi, costruirti giochi meravigliosi e arredarti stanzette da sogno. Ti condurrà per mano nella vita che ti attende, facendoti cogliere il bello che si cela in ogni cosa che c’è: un fiore, un pupazzo, un tramonto. Con lei, tutto sarà poesia. E poi ti ama immensamente, Nicolò, davvero:  come nessuno potrà mai. 
E si, anche il tuo papà non è male: è un tipo simpatico, ti farà divertire e ti scatterà foto stupende. T’insegnerà che la vita va presa con leggerezza e che la leggerezza è sinonimo di soavità, non di superficialità. E poi tifa Napoli, il che fa di lui un uomo da prendere ad esempio.

Hai visto, Nicolo’?Ti attende una vita bella e felice. Ciao, eh. Ci vediamo presto. 



Carola




martedì 1 ottobre 2013

Nicolò

Ariecchime, anzi ariecchice….

Avevo progettato di aggiornare il blog anche in ospedale subito dopo il parto, per darvi l’annuncio quasi in tempo reale. Avevo il computer piccolino pronto, la chiavetta per internet, il cellulare per le foto, insomma spiritualmente ero pronta.

Non avevo però calcolato che spiritualmente pronta non significa necessariamente anche fisicamente.

Subito dopo il parto e nei giorni successivi mi sono ritrovata stremata dal travaglio, sfiancata dai dolori e tutta presa da questo pargoletto di tre chili e mezzo, che l’idea di aggiornare il blog è finita in fondo alla lista delle mie priorità del momento.

A undici giorni di distanza mentre Nicolò dorme nella sua culla, trovo il tempo di accendere il computer e continuare a scrivere questo mio diario virtuale. Chissà magari un giorno, Nicolò avrà piacere di sapere la storia della sua nascita, e magari quel giorno non lo ricorderò così bene come adesso.

Il mio travaglio è stato travagliato, quindi se sei in attesa, o progetti una gravidanza ti consiglio di non andare avanti nel testo ma di goderti direttamente le foto.

Quando ero in attesa ero così eccitata dall’idea di avere un pargolo nell’imminente futuro che il bimbo non era ancora nato e già pensavo ad una  successiva gravidanza da pianificare entro breve termine. Col senno del poi, capito cos’è il parto, ho subito placato i bollenti spiriti. “Che fretta c’è?!” è diventato ora il mio mantra.

Ma veniamo a noi. Il mio parto.

Premetto che, se sei in attesa, o progetti una gravidanza, e persisti nell’idea di leggere, sappi comunque che ogni parto è diverso. A me ha detto particolare sfiga, ma tu senza dubbio potresti esser più fortunata. Quindi dopo la lettura non interrompere la tua gravidanza, perchè gira voce che c'è gente che ha partorito anche in due ore, con travagli velocissimi e pochissime spinte.

Il mio travaglio è stato infinito, 20 ore. La prima contrazione è apparsa alle due di notte del giorno18 settembre. Dopo un’oretta di contrazioni sono andata in ospedale, ma lì mi hanno rispedito allegramente  a casa perché il parto non era partito, non era presente nessuna dilatazione, né tantomeno vi era un accenno di qualcosa di preparatorio. Tristemente tornata a casa, mi sono sparata un’intera notte di contrazioni da sola sotto gli occhi di mia madre e di Fab che prendevano il tempo tra l’una e l’altra. All’ospedale ci avevano detto infatti di tornare quando avrei avuto una contrazione ogni tre minuti, o tre in dieci minuti.

Alle otto del mattino ero nuovamente là, davanti alla porta dell’ospedale, pronto soccorso ginecologico, isterica e nevrotica in preda alle contrazioni che ormai non mi davano più tregua.

Quel giorno fortuna ha voluto che fosse di turno la mia ginecologa. Alla visita ginecologica si è visto che avevo una dilatazione di 4 cm: mi ero guadagnata il mio ricovero all’ospedale, il mio lettino con le lenzuola sterilizzate. A Fab è stata offerta la sua seggiolina accanto al mio letto.

Appena sono comparse le due ostetriche dalla porta della mia stanza ho chiesto che mi venisse fatta l’epidurale. La mattinata è continuata così, con dolori meno lancinanti, il rumore del battito cardiaco del bambino monitorato continuamente e le mie contrazioni che si palesavano attraverso un foglio lungo e sottile sputato fuori da una macchina collegata alla mia pancia.

Erano le due del pomeriggio e la mia dilatazione era aumentata di poco, nonostante le contrazioni divenissero sempre più forti e definite. Le ostetriche non sapendo che fare decisero di farmi un catetere. La vescica risultava stracolma, ma io non ne avevo percezione assopita un po’ dall’epidurale. Lo svuotamento della vescica portò miracolosamente ad una dilatazione da 4 a 7 in un frangente di secondo. A saperlo che sarebbe bastato così poco!

Da una dilatazione 7 a una dilatazione 10 ci sono arrivata a suon di ossitocina, vedendo le stelle quando si perdeva l’effetto dell’epidurale.

Il battito cardiaco del bambino ogni tanto si perdeva durante il travaglio, questo faceva supporre che ci fossero dei giri di cordone ombelicale intorno al collo. Ho ancora nelle orecchie il suono della macchina che controllava i battiti, e la mia ansia quando durante alcune contrazioni cessava di suonare.

Nel tardo pomeriggio ero finalmente a dilatazione completa. Era arrivato il momento di spingere!

Ho iniziato a spingere ma con scarsi risultati. Ero arrivata alle spinte completamente scarica di energia. Erano 20 ore che non dormivo, non mangiavo, ero solo in balia delle contrazioni.

Le ostetriche dolcissime, mi spiegarono pazientemente cosa dovevo fare, ma io nonostante mi ci mettessi di impegno, riuscivo a spostare il bambino solo di pochissimo.

Dopo un paio di ore di tentativi si capì che ci doveva esser un problema. Bisognava prender una decisione, e questa decisione non spettava né a me né alle ostetriche.

La mia ginecologa e un collega di turno decisero quindi che le possibili evoluzioni erano due: o la manovra di Kristeller o la ventosa. Dal momento che il bambino si era già incanalato, non poteva esser più fatto il cesareo. Tra le due opzioni praticabili scelsero la prima.

Non sapevo in cosa consistesse questa manovra ma mi andava bene qualsiasi cosa portasse a nascere entro breve tempo il bimbo, ormai anche gli arresti del battito cardiaco iniziavano a diventare preoccupanti.

Ho scoperto poi, che sta benedetta manovra consisteva nell’esercitare una pressione con il braccio o la mano a livello del fondo dell utero da parte dei ginecologi. Il medico afferra il lettino ospedaliero e così può esercitare questa pressione in sincronia con la contrazione uterina della partoriente.

Durante la manovra penso di aver raggiunto il paradiso ed esser precipitata fino all’inferno, per ben due volte, quante le volte che mi è stata applicata, ma il bimbo è schizzato fuori come un proiettile.




Una volta fuori si è capito quale era il problema: il bimbo si era incanalato con un braccino davanti al viso e si era andato ad incastrare dentro..


Io sono stata ricucita e medicata in urgenza. Avevo perso molto sangue. Nicolò è stato controllato e messo per precauzione una notte in incubatrice.



Già dal giorno successivo iniziava ad ogni modo la nostra ripresa. Io avevo dei dolori a livello dei punti ma sentivo che andava giorno dopo giorno sempre meglio.

Nicolò veniva sottoposto a tutta una serie di accertamenti e controlli, uscendone sempre vincente, un bimbo sano e nella norma.


Con qualche giorno di ritardo per via dei controlli a cui lui è stato sottoposto, siamo usciti anche noi dall’ospedale. 

Ora pian piano iniziamo a conoscerci…Lui impara ad essere un cucciolo che vive nel mondo, e io mi arrabbatta nel mio ruolo di madre che si prende cura del suo cucciolo.  Ci mettiamo di impegno, a volte ci capiamo, a volte un pò meno. Nel frattempo sono passati undici giorni dal parto, e tutto il resto già appartiene al passato.

PS: Mi sono sconquassata per farlo nascere, ma Nicolò è un bimbo bellissimo, forse è un angioletto a cui mi sono aggrappata quando in preda ai dolori passavo da paradiso ad inferno, vorticando sulla terra.






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