venerdì 29 novembre 2013

Momenti

Lo screpitio del fuoco nel caminetto, il liquore all’alloro, le babbucce di lana fatte a mano, il cappello a squalo, la campagna pulita a giardino, i funghi raccolti dallo zio, i pannolini taglia 3 che sostituiscono i taglia 2, le ninna nanne cantate da mia madre, gli arancini di riso, il Montgomery taglia 6 mesi, Mariano il mio fratello rumeno, mio padre che parla al nipote degli animali da inseguire in campagna, il lettino che sostituisce la culla, la carrozzina che ritorna in vigore, le prime notti dormite senza interruzioni di poppate, il ritorno in auge della poppata delle tre, le zanzare mai passate di moda, il freddo sferzante, le tutine, i body e giochi nuovi, le video telefonate con il papà, le foto con i cugini, la lettera degli altri cugini, il tornado a Gallipoli, il piumone soffice, il rispetto referenziale di un cane verso un bambino, un aereo Alitalia che decolla e uno che atterra all’aereoporto di Brindisi, le poppate negli autogrill, la cacca sulle tutine, i body caldo cotone a maniche lunghe, la visita alla bisnonna, il cane che insegue il gatto, il gatto che graffia il cane, i calendari nuovi, l’alcool per il cordone ombelicale, le visite degli zii, la candela numero 7 che vale 70, gli occhi di mio figlio


Le nostre vacanze pugliesi sono finite ed io un po’ sono triste. Mi consolerò facendo regali per Natale.



lunedì 25 novembre 2013

Lui e lei: sliding doors

Lei aveva venticinque anni, lui sessantacinque. Avevano poche cose in comune eccetto  l’autobus che tutti i giorni li portava all’università. Lei era studentessa prossima alla tesi della facoltà di chimica, lui professore prossimo alla pensione nella facoltà di fisica. La prima volta si erano seduti accanto per caso, perché non c’erano altri posti liberi, la seconda anche, la terza per caso iniziarono a parlare.

Lei aveva uno zaino pieno di sogni, lui uno zaino pieno di esperienza, entrambi ammiravano dell’altro quel carico prezioso. Di giorno in giorno, capitò spesso di sedersi vicino e di parlare del più e del meno in quel breve tratto del percorso del bus. Erano un anziano e una giovane e si sentivano in qualche modo come nonno e nipote. Erano un ponte tra due generazioni diverse. Erano un ponte che per vari motivi non si era eretto all’interno delle loro famiglie.

Alle otto del mattino su quel bus circolavano sempre le stesse facce, per lo più gente che in qualche modo aveva a che fare con l’università: giovani studenti, professori, ricercatori, inservienti.  In genere gli anziani professori superavano di gran lunga in numero i giovani studenti che preferivano altri mezzi di trasporto come il motorino.

Lei in quel tragitto si affezionò ad altri attempati docenti, e loro a lei. Si era creato senza  volerlo uno strano rapporto di protezione,  per cui il grande membro prende sotto l’ala protettrice il giovane, e cerca di tramandare a questo quello che di più prezioso ha: la conoscenza. In breve tempo lei finì  per diventare la mascotte di quel bus numero 4 di vetusti occupanti.

Alla fine dell’anno accademico, nella sessione di luglio lei si laureò. Sulla sua tesi oltre ai ringraziamento per famiglia, amici e conoscenti scrisse anche due righe per ricordare quel bus 4 e i suoi dotti nonnetti che per un anno le avevano tenuto compagnia con le loro storie di scienza e di altri tempi.

L’anno successivo lei partì in un’altra città in cerca di futuro e con la certezza di lavoro. Ai suoi vecchietti pensò ogni tanto con nostalgia, perse i contatti più mo meno con tutti tranne che con lui, che era stato il primo a rompere quel suo scudo di timidezza.

Un giorno mentre era nel suo nuovo ufficio la cartella dei nuovi messaggi della sua cartella di posta elettronica iniziò a lampeggiare: era lui. Era una mail triste in cui le diceva che stava attraversando un periodo difficile a causa della morte di sua moglie e dell’arrivo della pensione che gli lasciava troppo tempo da trascorrere nella tristezza delle mura domestiche. Era passato più di un anno dai tempi dell’università, e lei completamente assorbita dal nuovo lavoro aveva finito per lasciare affondare nella polvere della memoria quei vecchi ricordi, ritornati melanconici in superficie a seguito della ricezione di quella mail.

Lei rispose dopo un giorno. Gli scrisse cose carine per cercare di tirargli su il morale. Gli scrisse che era una persona in gamba e lo aveva tanto ammirato per quei suoi discorsi posati nel tragitto di quel bus 4 di qualche tempo fa.  Inviò la mail e ritornò alle sue carte, pensando che la cosa non avesse seguito. Seguirono invece altre e-mail il cui tono di lui era sempre più depresso. Il tono di lei divenne quindi sempre più accorato temendo che lui potesse commettere un gesto estremo per porre fine a quella sequela di tristi eventi.

Il week end dei morti lei rientrò nella sua città. Lui le chiese un incontro, perché gli faceva piacere ascoltare una voce amica che aveva avuto orecchie nei suoi momenti difficili. Lei provò una certa soggezione alla richiesta ma poi decise di accettare perché rifiutare le sembrava ingiusto infondo lui le stava chiedendo aiuto. Si diedero appuntamento alla fermata del bus 4, l’unico loro punto in comune.

Lei si meravigliò quando lo vide arrivare in macchina. Si era parlato di una passeggiata a piedi, la macchina non era prevista. Ad ogni modo quando lui le fece cenno di entrare in macchina che avrebbero fatto un giro, lei come un soldatino aprì la portiera e si infilò. In fondo, non era uno sconosciuto, in fondo era una persona di cultura, in fondo era una persona che stava soffrendo la solitudine e chiedeva il suo aiuto.

La macchina si perse tra la sequela di macchine che affluivano sulla via Appia di domenica pomeriggio. Lei guardava dal finestrino i resti delle mura romane che merlettavano il Parco degli Acquedotti , lui guidava sicuro. Dopo qualche chilometro di marcia lui tirò il freno una volta giunti su una stradina periferica che sbucava nelle campagne romane. Lei trasalì.

Finale 1.
Lei chiese come mai lui l’avesse condotta in quel posto desolato, ma lui rimase in silenzio. Poi improvvisamente sentì le sue mani premer forte sul seno. Lei cercò di svincolarsi da quella morsa infernale, ma più lei tentava di sfuggire e più le sue mani le si insinuavano dentro. Quell’uomo che lei aveva creduto debole, ora lo riconobbe nella sua vera natura, quell’uomo era il mostro. Sentiva la sua saliva lungo il collo, il suo ansimare oltraggioso rimbombargli nelle orecchie. Poi  il buio. Quell’uomo, quel vecchio, che poteva esser suo padre, suo zio, suo nonno, abusò di lei. Abusò di lei ripetutamente. Ma il buio inghiottì tutto, i pensieri, la memoria, le speranze. Il buio inghiottì anche la sua anima, ma purtroppo non fu abbastanza forte da prendersi anche il corpo.

Finale 2
Lei chiese come mai lui l’avesse condotta in quel posto desolato, e lui le disse che gli era sembrato un posto tranquillo per parlare. Lei si sentì a disagio. Lui posò una mano su quella di lei, ma lei la ritrasse. Iniziò quindi a parlarle con voce profonda facendole capire che quelle e-mail  avevano fatto nascere in lui un sentimento nuovo. Lui l’aveva sentita vicina, lei aveva saputo toccare con le parole corde inesplorate, sentimenti sopiti, e se ne era innamorato. Lui tentò un nuovo approccio ma nuovamente lei si chiuse a riccio. Lui si indispettì. Lei capì che sicuramente quelle e-mail erano state equivoche, come lo era l’atteggiamento di lui. Lei non corrispondeva e non aveva mai pensato che tra loro potesse esserci altro che un sentimento di reciproco rispetto. Chiese di esser riaccompagnata a casa, lui infastidito riaccese la macchina. Non si videro più e né si scambiarono più e-mail.

Lei ora scrive in un blog ed ha deciso di raccontare questa storia in occasione della Giorno mondiale contro la violenza sulle donne. La sua storia si concluse con il finale 2, ma ora ha capito che il finale 1 è sempre in agguato.

giovedì 21 novembre 2013

Più ozio per tutti

Il 19 novembre qui è stato un giorno speciale, si festeggiavano 70 anni di mio padre e due mesi di Nicolò. Il tempo passa e se a qualcuno i  capelli imbiancano ad altri iniziano a crescere.

La permanenza a Lecce procede bene. Ci  stiamo dando all’ozio, all’apatia, al caldo del caminetto acceso alle coccole dei nonni. 

La pediatra ha trovato nell'ultima visita Nicolò 100 grammi sotto il peso ideale e ci ha consigliato qualora il latte materno non bastasse di fare delle aggiunte con latte artificiale. Noi quindi indispettiti ci siamo messi all’ingrasso. 

Nicolò non sembra apprezzare il latte artificiale e così dopo qualche tentativo non ben riuscito ho deciso di abbandonare l’idea delle aggiunte. Mi sono resa conto che però il tempo in cui tenevo il bimbo attaccato al seno non era per lui sufficiente, in precedenza ero stata frettolosa. 

La dott ci ha spiegato che il tempo consigliato per l’allattamento naturale è dieci minuti ad un seno e dieci minuti all’altro. Considerando che io tenevo al seno Nicolò dieci minuti in tutto, mi sono resa conto che praticamente toglievo il cibo di bocca a mio figlio mentre mangiava.  Praticamente gli facevo gli happy hour di tetta! Madre snaturata!!! Ora ho aumentato la durata delle poppate e anche ravvicinato le une alle altre.

A parte questo piccolo inciso, il bimbo sta bene. E’ sveglio, cresce bene, interagisce con oggetti e persone indifferentemente da chi gli si piazza vicino. Con gli animali ancora non vi è stato alcun  incontro del terzo tipo.  Il cane dei miei se ne guarda bene  e non gli si è accostato nemmeno una volta per annusarlo, suppongo si senta intimidito dalla sua tenera età e si mantenga alla larga con il dovuto rispetto. Gli animali con i cuccioli d’uomo, soprattutto se molto cuccioli, hanno per istinto un atteggiamento molto referenziale, il mio cane almeno è uno di questi.

In questi giorni di pace e ozio Nicolò sta crescendo a vista d’occhio. Inizia a vocalizzare e divertito dalla sua stessa voce si cimenta sempre di più: apre la boccuccia, aggrotta la fronte, strabuzza gli occhi, stiracchia la lingua, allunga le gambe,  fa un bel respiro e si lancia nell’emissione del  suono.  A volte il suono esce bene, chiaro e deciso, a volte ne escono tanti, tutti insieme o infila indiana uno dietro l’altro, a volte non esce niente. La sua faccia in quest’ultimo caso è la più divertente.


La vita qui scorre serena, tra le piccole conquiste di ogni giorno, i ricordi di un tempo e i desideri per il futuro. Un saluto dal sud.


martedì 12 novembre 2013

Noi si parte

Noi bella gente siamo di partenza, dopodomani carichiamo in macchina tutine, pannolini, sacchi nanna, carrozzine, lenzuolini, body, cremine, scarpine, giocattolini, seggioline, fasciatoi da viaggio, vitamine, fermenti lattici, olio di mandorle, tutone imbottite, pantaloni con i piedini, pantaloni senza i piedini, felpine, copertine, ciucciotti, salviettine, bavettine, cappellini e se rimane spazio anche Nicolò,  e rotoliamo verso Lecce, a casa dei nonni materni. Il primo viaggio per Nicolò, il primo viaggio di noi tre come famiglia.

Abbiamo un piano di battaglia preciso, calcolato all’ultimo dettaglio: poppata alle quattro di notte, cambio pannolino, caffè per noi, imbacuccamento generale e partenza. Viaggiamo di notte nella speranza che lui dorma per gran parte del viaggio, ma la probabilità che ci accostiamo ad una banchina di sosta a schiacciare un pisolino mentre lui si intrattiene facendo suoni vocalici e lallazione la danno quotata SNAI 3 a 1.

Domani abbiamo visita pediatrica per lui e ginecologica per me. Rinnoviamo entrambi il tagliando e verifichiamo le fluttuazioni dei nostri punti, lui quelli di percentile e io quelli di sutura. Non ci aspettiamo grandi problemi e speriamo di avere da entrambi i nostri camici bianchi il loro benestare per questo viaggio.

Ogni volta che torno a Lecce, unica città che considero casa, è per me un momento di festa e di grande emozione, per diverse e ovvie ragioni, ma questa volta lo sarà in particolar modo. Sono contenta di portar Nicolò nei miei luoghi natali, tra le mie cose, la mia casa, la mia gente. Fab pur essendo di un’altra città del sud Italia, altrettanto bella come Napoli, si è integrato così bene nel Salento da considerarlo anche lui a sua volta una sua casa. Non vedo quindi l’ora di battezzare Nicolò a olio nuovo, buon vino, e sapori di una volta.

Per noi salentini le radici hanno un valore particolarmente profondo, non so per quale ragione culturale però è così. Il Salento è un fazzoletto di terra che è stato ed è tuttora impoverito dalle molte migrazioni, inizialmente in Svizzera, Germania, Belgio etc e ora nel resto d’Italia. Nonostante questo non c’è nessun singolo emigrato che non si senta legato mani e piedi alla propria terra. C’è un filo sottile che spinge ognuno di noi a ritornare sempre verso la propria casa e a non sentirsi mai veramente integrati al di fuori di essa.

I miei genitori sono in fibrillazione, attendono l’arrivo del loro primo nipote come un bimbo quello di babbo Natale.  Io sono contenta perché grazie alla mia astinenza del lavoro per maternità, ho la possibilità di far godere anche a loro la dolcezza di Nicolò, che altrimenti è per gran parte di tempo lontano. La scusa è gradita per prendere qualche coccola extra anche io, perché non è detto che una mamma, una volta diventata mamma smetta di essere figlia.

Unica nota stonata di tutto questo è che il papà ci accompagna soltanto, lui non può rimanere con noi in Puglia perché ha pochi giorni di ferie residui, e preferisce conservarseli per Natale. Per quindici giorni quindi la famiglia si divide. E’ proprio vero, la felicità in assoluto non esiste ma bisogna apprezzare i singoli momenti di felicità.


Vi lascio una foto di Fab e Nicolò che a me piace molto e che anche su fb ha riscosso molto successo, perché si sa il papà col bimbo piccolo rimorchia facile. ;)


giovedì 7 novembre 2013

A piccoli passi verso nuovi equilibri

Sto iniziando ad uscire dal tunnel di pappa – cacca – nanna –pappa –cacca –nanna elevato alla enne potenza. Nicolò ha un mese e mezzo ed io inizio a vedere la luce.

La notte riusciamo a dormire molto di più. Facendo una poppata intorno alle undici di sera il nanerottolo riesce a ronfare sereno e pacifico fino alle cinque del mattino, e dopo una successiva poppata riprende il sonno interrotto fino alle otto -  otto e mezza del mattino. Se lui dorme, noi dormiamo, e se noi dormiamo la qualità della vita migliora decisamente per tutti.

Le gambette del piccolo iniziano a diventare tornite, e questo oltre a fargli assumere un aspetto molto simpatico da polletto vallespluga morbidoso, porta l’immediato vantaggio che  il suo culetto nel pannolino non si trova più a sguazzarci dentro. Il pannolino diventa quindi più contenitivo, riesce a fare il suo lavoro, di pannolino appunto, e cacca e pipì non trasbordano fuori con un notevole risparmio di body e tutine da lavare a mano o in lavatrice.

Altra piccolina stellina raggiunta alla soglia del mese e mezzo, è che si riesce ad interpretare con maggior precisione i reali bisogni del bimbo e quindi i motivi del suo pianto. Con un po’ di attenzione, capiamo quando Nicolò piange per fame, per sonno, perché è in arrivo un mega caccone o  perché troppo annoiato o al contrario troppo stimolato.

Sono piccoli passi avanti ma abbastanza importanti da rendere la vita più semplice per tutti.

Sentendomi un po’ più fuori dal tunnel, ho iniziato a ritagliarmi un po’ di spazio per me stessa. Purtroppo la gravidanza lascia sempre qualche chiletto di più addosso e sfortunatamente tutto localizzato sul punto vita. Per quanto il sovrappeso non sia esagerato è sufficiente a mandarti in palla tutto il guardaroba dell’anno precedente. Se ci si aggiunge poi poco tempo per curare se stessi, il poco tempo per dormire, una vita sociale che subisce una drastica frenata, la panza che spanza, l’idea di avere solo due o tre indumenti a disposizione per far combaciare comodità nell’allattare e dignità umana, il baratro della depressione può non esser così lontano. Per non cedere a nessun tipo di malinconia ho deciso di riprendere un po’ di attività fisica. Poca roba, ovvio, ma sufficiente per farmi sentire meglio.

Vicino a casa c’è un parchetto molto ben curato in cui andavo spesso a correre prima della gravidanza, ho deciso quindi non potendo assicurare la continuità che richiede una palestra, di ritornare ad indossare le scarpe di footing su quello stesso parco come una volta. E’ ovvio i ritmi sono completamente diversi, adesso più che correre, alterno fasi di camminata a fasi di corsa secondo un programma molto easy per maratoneti, però è sufficiente a farmi sentire nuovamente bene con me stessa. Non ci riesco ogni giorno, e spesso nemmeno ogni due giorni ma diciamo che due o tre volte a settimana, riesco a mollare Nicolò al padre e schizzare via verso il parco. Anche Fab ha ripreso a correre, la gravidanza chissà per quale motivo porta chili di troppo anche ai papà, e anche loro una volta nato il piccolo decidono di mettersi a dieta.


Infine per brindare a questo nuovo equilibrio raggiunto ho deciso di andare dal parrucchiere. Ho mollato il pupo alla suocera che era emozionata e grata come una bambina per la gioia di avere il nipote in custodia e sono andata a farmi bella. Ho sperimentato un nuovo parrucchiere nel quartiere dei miei suoceri, quartiere noto perché ospita diverse ville di calciatori della Roma o di altri romani arricchiti. Così tra una donna scolpita con bisturi e botulino che faceva la sua tintura con sulle ginocchia uno yorkshire con fiocchetto e tutina rosa ed un uomo di mezza età con un fluttuante ciuffo di capelli brizzolati, ho perso sotto la forbice del parrucchiere alcuni centimetri di capelli secchi e sfibrati dal sole estivo, per uscirne alla fine fuori tutta boccolosa, felice, leggera nell’animo e nel portafoglio.


domenica 3 novembre 2013

I momenti con Nicolò

I momenti No

Quando alle sette del mattino tu vorresti farti un’altra oretta di sonno visto che non devi andare a lavoro e ti sei svegliata due volte nella notte per allattare e lui ti guarda con due occhi da civetta nel buio e fa oscillare la culletta magnitudo sette della scala Richter chiaro indice che per lui l’argomento sonno si chiude lì

Quando mentre è nudo sul fasciatoio e con una mano tieni su le sue gambette mentre con l’altra cerchi di infilare sotto il pannolino pulito, lui ritiene opportuno che è il momento giusto per sguinzagliare il suo pistolino ed usarlo come idrante irrorando ogni cosa che gli capita a tiro

Quando piange e si dispera diventando paonazzo in volto pompando pericolosamente le arterie della testa e tu vorresti placarlo ma non sai cosa fare visto che lo hai allattato, lo hai cambiato, hai provato ad addormentarlo  etc ottenendo solo come risultato una breve pausa dal fragoroso pianto e un’espressione del viso del tipo: ritenta sarai più fortunata, non era questo quello che dovevi fare

Quando dopo aver percorso almeno venti volte il perimetro della casa con lui in fascia o sul mai tai che resiste stoicamente al sonno, finalmente crolla, allora lo posizioni nella culla e lo osservi dormire come un angioletto. Esci quindi serena e rappacificata dalla stanza. Dopo dieci minuti senti degli scricchiolii inquietanti provenire dalla stanza, quando vai a buttare un occhio nella culla trovi due occhi sbarrati da civetta, un grosso sorriso di chi ti aspettava da tempo, e un piede che si muove come un sismografo facendo oscillare la culletta contro il muro

Quando dopo avergli fatto il bagnetto lo tieni avvolto nell’asciugamano in braccio per riscaldarlo e lui ti ringrazia con una fragorosa puzzetta puzzona a cui segue implacabile la cacca. Ti sorride poi beato per essersi liberato

I momenti si

Quando dorme nella fascia o nel mai tai e tu senti il calore del suo corpo contro di te e il suono del suo respiro sereno e percepisci che sia tu che lui state bene

Quando dopo averlo cambiato ti fermi a giocare con lui sul fasciatoio ed emetti dei suoni a bocca aperta e lui fa di tutto per imitarti, riuscendoci a volte bene a volte meno. Ogni volta che ci riesce sorride perché capisce di aver fatto la cosa giusta.

Quando si addormenta su di te sdraiata sul divano e senti che nel sonno infila le sue mani nel tuo reggiseno

Quando fai finta di mangiarlo azzannandolo al lato del collo e lui si mette a ridere divertito per il solletico che ne riceve del tuo respiro

Quando passeggiando nella carrozzina dormendo, gli arriva il sole in faccia e corruga la fronte infastidito

Quando mentre dorme inizia a sentire l’ora della pappa che si avvicina e nel sonno inizia a ciucciare l’aria

Quando piange sul fasciatoio e tu inizi a parlargli come fosse una persona adulta e lui rimane così frastornato che smette di piangere e ti guarda inebetito come per cercar di capire il discorso

E tanto altro ancora

A conti fatti i momenti SI sono in numero superiore




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