mercoledì 31 luglio 2013

Waiting for you

Quando ho scoperto di essere in attesa sembrava che il parto fosse lontano anni luce, e invece senza neanche me ne rendessi conto sono volati quasi otto mesi oramai. Ed eccomi qui, con questo pancione grosso come un mappamondo, con queste gambe gonfie e con queste sensazioni ed emozioni che all’epoca mi sembravano lontane anni luce. Ci sono arrivata, ci sono arrivata anche io come tutti, a questo traguardo, che in molte situazioni mi sembrava appannaggio solo di altre.

Ho preparato la borsa dell’ospedale, ho fatto la visita con l’anestesista, l’ennesima con il ginecologo e l’ecografista, ho ultimato la stanzetta del piccolo, ho comprato le ultime tutine e i primi libri di favole, e ora devo solo aspettare che passino queste ultime settimane.

Non ho paura del parto. Forse è troppo presto ancora per dirlo, forse avvicinandomi alla dpp un po’ di ansietta mi salirà, ma al momento mi sento serena. Quando feci l’amniocentesi, tutti mi tranquillizzavano dicendomi di stare tranquilla, che non era nulla di terribile, e io mi chiedevo perché lo dicessero, io tranquilla lo ero realmente. La puntura in se non mi preoccupava, il dolore nemmeno, il rischio di fare un danno al bambino forse un poco ma mi fidavo del medico. E’ dei risultati che un po’ temevo l’esito, anzi un po’ molto. Non so se sarei stata in grado di sostenere una grave patologia del bambino, e per fortuna non lo saprò mai, perché i risultati dell’amniocentesi andarono più che bene. Il dottore mi fece i complimenti, perché durante il prelievo io fui serena rendendo molto agevole l’operazione.

Mi sta accadendo la stessa cosa per il parto. Sono serena, in qualche modo questo bambino uscirà fuori, anche se è un bimbo grande, anche se non sarà facile. Abbiamo fatto tanto per arrivare fino a questo punto che pensare di dover temere proprio quest’ultima parte proprio non mi va.

Se penso a quello che è successo in questi otto mesi, un parto è cosa da poco. Pensare che un solo spermatozoo affronta una concorrenza di migliaia di altri spermatozoi superandoli tutti per penetrare nella cellula ovulo, una volta avvenuto l’innamoramento tra ovulo e spermatozoo il primo si ispessisce evitando di esser penetrato da altri. A questo punto inizia la danza della vita, da una cellula se ne formano due, da due a quattro, da quattro a otto e così via finchè non si forma la morula e poi la blastocisti che si annida nell’utero. Le cellule diventano quindi tessuti e si forma un cuore, un cervello, due occhi, due braccia e due gambe. Ogni cellula sa cosa deve fare, va al suo posto e tiene testa al suo compito. Tanti piccoli soldatini, tutti efficienti, tutti puntuali. E le cellule, formano i tessuti e i tessuti formano gli organi e gli organi formano il bambino. Così un bimbo nasce da quelle che erano solo due cellule. Se non è un miracolo la vita, cosa lo è?

Davanti a questo evento incredibile, beh si, il parto è cosa da poco.

Domani parto, ritorno al mare. Ho ultimato tutte le mie incombenze medico- sanitarie che in questo percorso non son state poche, posso quindi sguazzare al mare serena che qui per il momento ho fatto tutto. Vado a rilassarmi prima di ritornare a fine agosto nella grande capitale in attesa dell’ultimissimo periodo prima del parto. Non so se scriverò post sul blog, a volte vorrei riuscire a farlo per fermare il più possibile i momenti di questo periodo così straordinario della mia vita, a volte penso di no, perché sento comunque la necessità di starmene un po’ tranquilla per conto mio. Vi lascio per ora alcune foto di me e Nicolò che a piccoli passi ci prepariamo al grande incontro.

Buone Vacanze







PS: Ho rinnovato lo stile del blog. Vi piace?

lunedì 29 luglio 2013

Nicolò ha le idee chiare

Nicolò ha le idee chiare, più di sua madre che dubita della sua stessa esistenza. Nicolò ha ben chiaro in testa che non ama quando sua madre dorme di lato, sia sul lato destro che sul lato sinistro. Ha comunicato questo suo dissenso da subito, da appena le sue zampette si erano fatte abbastanza lunghe da poter assestare un pugno o un calcio a quella parete uterina che si adagiava placida sulla superficie del letto. La prima volta di tale performance, la madre ha fatto uno zompo per lo spavento, che per poco non cade dal letto.

Nicolò ama la frutta. Preferisce il melone, l’ananas e non disdegna l’anguria, per quanto non è che quest’ultimo gusto gli dia poi tanta soddisfazione. Il gelato è gradito, a patto che sia al gusto frutta, quei sapori alle diverse gradazioni di marrone lo lasciano abbastanza indifferente.

Lui ama la musica. Le ninna nanne lo tediano o lo fanno addormentare, mentre ama la pizzica salentina, in particolar modo la canzone “lu rusciu de lu mare” degli Alla Bua. Alle prime note inizia a muoversi ed ondeggiare. Se gli si fanno sentire altre canzone dello stesso gruppo di musica popolare salentina, rimane un po’ più defilato, apprezza il genere ma la sua canzone preferita è un’altra, e lo fa capire. Il padre un giorno vedendo che suo figlio avesse così a cuore la musica salentina, toccato nel suo orgoglio, ha voluto testare i gusti del suo erede proponendoli della musica napoletana di tradizione “O sarracino”. Quando Nicolò ha cominciato ad ondeggiare anche sulle note partenopee al padre gli sono quasi venuti i lucciconi agli occhi “Allora c’è sangue napoletano”, ha constatato con voce rotta dall’emozione.

Nicolò è educato, se qualcuno bussa al pancione, lui risponde. Risponde la prima volta, la seconda volta, la terza volta, alla quarta perde la pazienza e ti manda a quel paese. A volte se si bussa a sinistra lui si sposta a sinistra, se si bussa a destra lui si sposta a destra, a volte ti manda a quel paese facile.

Lui odia i pesi sul pancione, di ogni tipo e di ogni forma, che siano libri che incautamente si poggiano mentre si sta leggendo, braccia incrociate della mamma mentre si è sul divano, bottigliette od altro, lui li odia, e te lo fa capire.


A voi il video con musichetta. 

domenica 28 luglio 2013

La tavola delle altezze: opera magna

Una delle cose belle della gravidanza, è che si ha più tempo a disposizione. Grazie a questa maggiore libertà da impegni ho potuto rispolverare dal baule delle cose dimenticate vecchie passioni, o passatempi e imbattermi in nuovi. Ovviamente tutto acquista un significato diverso se pensato per il bimbo che si appresta ad entrar a far parte della famiglia.
Girovagando su internet mi sono imbattuta su alcune tavole delle altezze, e mi è subito venuta voglia di prenderne una per la stanzetta di Nicolò. Su Etsy  alla chiave di ricerca growth chart ne escono fuori di bellissime, per chi preferisse soluzioni meno impegnative.
Io mi sono proprio ispirata ad una di quelle. In particolare, la prescelta mi intrigava t, in quanto veniva usato il tema dei gufetti che avevo già utilizzato per altre decorazioni della stanza, come ad esempio qui .
Ho apportato ad ogni modo delle mie personalizzazioni.

Per il lavoro ho usato


tavola di legno multistrato misura 155 cm x 25 cm
cementite
matita tratto spesso
gomma per cancellare
colori a tempera
pennelli di dimensione diversa con setole morbide
pennarello nero
nastro adesivo in carta
vernice trasparente
2 chiodini e occhielli per quadri
Foglio lucido
Un paio di forbicine

Quando si compra la tavola in legno dal falegname o dai grandi negozi di bricolage, tagliata secondo le proprie esigenze, una delle prime cose da fare è trattare il legno con della cementite. Questa operazione permette di lavorare in maniera più pulita negli step successivi, oltre ad avere una maggiore protezione del legno da parte dell'umidità.
Grazie alla trasmissione Paint on the road ho imparato che non c’è cosa più utile per questi lavori di verniciatura e/o pittura del nastro adesivo di carta: è ottimo per tutelare il lavoro da eventuali sbavature, per dipingere in maniera dritta, per proteggere una parte già dipinta da eventuali spennellate di un lavoro adiacente. Ho usato quindi anche nei primi passaggi di cementite il nastro adesivo di carta per proteggere i lati adiacenti a quelli su cui stavo passando la cementite. In questo modo si lavora anche in maniera più veloce perché anche se avviene una spennellata troppo energica, nella peggiore delle ipotesi si va a dipingere sulla carta del nastro. Allo stesso modo le scolature della vernice lungo i bordi vanno a finire sul nastro e a strato essiccato vengono facilmente via con esso.
Una volta che la cementite si è ben asciugata, la tavola è pronta per esser disegnata. Con un po’ di buona volontà e pazienza si può dare libero sfogo alla propria fantasia.

Il disegno che avevo in mente era un albero con dei gufetti sui vari rami, su cui poi avrei potuto aggiungere altri animali. Volevo però che il lavoro fosse il più preciso possibile, onde evitare quindi un effetto gufetto ciccione, uno anoressico e uno sghembo. Per dare quindi maggiore regolarità al mio disegno ho prima disegnato un gufetto su un foglio di carta A4 e poi mediante un pennarello per lucidi ho riportato la sagoma del gufetto sul foglio lucido.  Ho quindi tagliato la sagoma del gufetto con un paio di forbicine, in questo modo, ricalcando la mia sagoma con matita sulla tavola, ho potuto riportare tanti gufetti identici quanti ne desideravo. Per disegnare le farfalle, ho usato invece una tecnica simile ma usando questa volta uno stampo per biscotti. Mica male come genialata, vero?
Le parti interne sia dei gufetti che delle farfalle sono invece state disegnate a mano libera.

Una volta completato il disegno in matita si può quindi iniziare a dipingere


Ho iniziato dal basso e sono quindi man mano salita verso l’alto.



PS: La foto della bottiglia di birra, in realtà contiene acqua per diluire i colori. Non pensate a male! Anche se,  in realtà, se non fossi in attesa probabilmente conterrebbe veramente birra J

Come già detto inizialmente ho usato il nastro adesivo di carta per dipingere in maniera dritta alcune linee rette. Mi è stato molto utile infatti per dipingere sia il tronco che i rami dell’albero.


Come si può vedere le sbavature vanno a finire sul nastro e spariscono facilmente quando lo si tira via.

E con un po’ di pazienza si continua il lavoro spennellata dopo spennellata.




Finito il lavoro artistico non vi rimane da fare altro che quello di precisione, e cioè disegnare le diverse tacchette delle altezze. E qui è entrato il gioco l’ingegnere di Fab. Le puttanate in genere sono di competenza mia, le cose serie sua. La cosa importante è alla fine avere dei ruoli ben definiti nella famiglia, non credete?!
Per facilitarci il lavoro abbiamo segnato la numerazione ogni 10 cm, riportando quindi come trattini grandi le misure 50, 60, 70, 80 etc


E all'interno di questi singoli spazi abbiamo tracciato ulteriori dieci tacchette di dimensione più piccola a cui però non è stato aggiunto il numero.
La scala è stata prima riportata con matita sulla tavola, e poi ripassata con un pennarello nero in grado di scrivere su tutte le superficie (anche quelle per lucido vanno bene).

Finito il lavoro basta ripassare il tutto con vernice trasparente per tutelare dal tempo e dalle intemperie il vostro capolavoro, aggiungere chiodini e occhielli, appendere l’opera magna alla parete e gongolarvi un po’ di soddisfazione



martedì 23 luglio 2013

La valigia dell’ospedale

E ringraziando il cielo Kate Middlenton ha dato alla luce  questo pargolo reale così noi qui in Italia, come in tutto il resto del mondo, si può dormire più tranquilli. La stampa internazionale si è messa l’anima in pace e possiamo tirare tutti un sospiro di sollievo.
Abbiamo il futuro re ed è pure maschio. Figuriamoci se a Buckingham Palace non facevano le cose in maniera compita!

Ve la immaginate voi Kate Middlenton urlare come un’aquila, a gambe aperte su un letto di ospedale, indossare i mutandoni usa e getta a rete, le coppette assorbilatte o gli assorbentoni-pannoloni che nemmeno mia nonna si metterebbe?! Ci pensavo proprio ieri mentre andavo alla Prenatal a comprare tutto l’occorrente per preparare la fatidica valigia. Ebbene si, anche io senza il codazzo reale, sto iniziando a preparare il corredo per l’ospedale, per quanto sia ancora alla 31 esima settimana, preferisco ad ogni modo andare in vacanza sapendo che ho tutto pronto in caso di imprevisti.

Fab poi è terrorizzato dall’idea che nostro figlio possa nascere durante il viaggio di ritorno Lecce-Roma, presso un autogrill zona Campania, con me distesa sull’asfalto in preda alle contrazione e lui che mi gira intorno in preda all’ansia, o peggio ancora che sviene lungo  per lo shock.

Bimbo registrato all’anagrafe come Nicolò dJ nato a autogrill Marcianise giorno 18 agosto 2013.

Ad ogni modo, facevo i dovuti scongiuri del caso, come dicevo, sono andata dalla Prenatal per l’occorrente per la valigia. La ragazza, molto cordialmente mi ha chiesto in quale ospedale fosse previsto il parto, e una volta riferitoglielo, mi ha dato una stampata dell’occorrente.

L’ospedale Grassi di Ostia per la mamma consiglia:

camicie aperta davanti e a maniche corte
camicie da notte aperte fino al punto vita per l’allattamento
reggiseni da allattamento
coppette assorbenti paralatte
guaina post parto per eventuale parto cesareo
slip monouso  in rete morbida
assorbenti igienici grandi
vestaglia
pantofole
asciugamani
fazzoletti e tovaglioli di carta
posate
bicchieri
disinfettante per il seno
fazzolettini umidificanti
necessario per l’igiene personale
documenti di identità valido
esami completi effettuati in gravidanza

Per il neonato il nido consiglia
3-4 cambi messi in una busta con il cognome e nome della mamma, così composti:
1 camicino
1 maglietta di lana o cotone con mutandina
1 tutina intera o spezzata

Quando Fab ha letto l’elenco ha commentato in forte accento napoletano, con qualche barbarismo di romano
“Uanema, qua ti ci vuò un tir, per portà tutta sta roba”.

Mi sono quindi persa tra gli scaffali ed ho fatto la conoscenza con tutto quel mondo bizzarro e a volto scabroso dell’intimo post-parto. Abbiamo riempito il carrello e pagato profumatamente in bancomat ricevendo un coupon di buoni sconti su tutte cose che ovviamente o avevamo già comprato o ci avevano regalato.
Sulla strada del ritorno in macchina, in silenzio siamo sprofondati ognuno per conto proprio in un trip di fotogrammi su possibili scenari che ci si sarebbero potuti presentare il giorno del parto.

Che poi a saperlo quando sarà questo giorno fatidico? In teoria la dpp è giorno 16 Settembre, ma la ginecologa ci aveva preannunciato che se il bimbo non si arrestava in questa corsa all’ultima crescita avremmo anticipato il parto. E Nicolò non si è né intimidito né intimorito.

Dall’ultimo controllo dall’ecografista il bimbo attualmente risulta pesare 2 kg e mezzo. In realtà l’ecografista mentre ci dava informazioni sul peso, ha avuto un lapsus, voleva dire ‘il bimbo è al 98esimo percentile e pesa 2,5 kg’ ed invece erroneamente, distrattamente, leggerissimamente, ha detto ‘il bimbo ora pesa 9 chili e mezzo’ facendoci stramazzare al suolo
“Cosaaaaaaaa?!?!?!?!?”

Poi, rendendosi conto dell’errore,  si è subito corretto “Si scusate volevo dire 2 chili e mezzo, ad ogni modo facendo una previsione sommaria del potenziale peso alla nascita ci aggiriamo intorno ai 4 o 5 chili”. Questa volta purtroppo nessun lapsus.

Sulla strada di ritorno Fab laconico ha commentato

“Che fetente di peso sta creatura, e meno male che all’inizio ci avevano prospettato che con un cordone ombelicale a due vasi e non a tre il rischio sarebbe stato di un bimbo con una crescita minore alla norma…cesareo…. voglio che tu partorisca con cesareo…Non voglio che ti succeda niente”
“se la dottoressa è dell’idea che posso fare il parto naturale anticipando di una decina di giorni la data, io voglio fare il naturale!!!! Non ci sono storie….Sono io che devo partorire, e poi mica mi mandano al macello ”
Ce ne siamo tornati in macchina rimbeccandoci su quale sarebbe stato il modo migliore di partorire. Nicolò fregandosene di tutto giocosamente si dimenava nella mia pancia al suono delle nostre voci e delle canzoni passate alla radio.

Domani avremo l’incontro con la ginecologa, che ci darà il suo parere sulla “pesante” situazione.


Lascio alcune foto del suo dolce musetto, di Nicolò ovviamente, non della ginecologa!

PS: Era in fase poco collaborativa, ha fatto di tutto per nascondersi il viso con il braccino.





mercoledì 17 luglio 2013

Piccoli padri crescono

Ricordo il giorno in cui scoprii di essere in attesa. Una parte di me lo sapeva che quel ritardo non era casuale, quei doloretti che avvertivo la sera potevano esser dovuti all’attecchimento dell’ovulo e non ad altro, quel mal di schiena con il ciclo non mi era mai venuto. L’altra parte di me, aveva paura, paura che la prima parte avesse preso un abbaglio, paura che se il test avesse dato un risultato negativo tutto sarebbe finito in una bolla d’acqua stagnante. Questa seconda parte avrebbe fatto finta di niente, avrebbe evitato lo scontro con il test, continuato a vivere in quello stato di maternità mentale, quantunque fosse stata una menzogna, avrebbe preferito quella bella menzogna ad una brutta realtà.

Nonostante ciò dopo quindici giorni ho fatto il test divisa tra le due metà. Al risultato delle doppie stanghette la prima metà ha esultato danzando il tango sopra la tazza del vater e gridando al mondo “cazzo, io lo sapevo che avevo ragione” la seconda  è rimasta attonita davanti a quel test disteso sul lavandino ed ha pianto per l’emozione senza proferire parola.

Fab quando ha visto il test è rimasto frastornato, contento certamente ma un po’ frastornato. Ha alzato il telefono è ha chiamato tutti i suoi famigliari. Ha dato l’annuncio, compiendo il suo compito istituzionale, da neo papà in via di sviluppo. Probabilmente ha avuto la percezione palpabile che stesse per diventare padre dall’entusiasmo che trapelava dalla voce dei suoi parenti, che si alternava al telefono con un sottofondo di chiacchiericcio e risate.

La telefonata con mia madre dall’altra parte dello stivale è stata invece  dirompente come una cascata in piena,  piangevo io a Roma, e piangeva lei a Lecce, acqua in ogni dove. Io la percezione della maternità l’avevo già maturata molto prima del test, la doppia stanghetta era stata solo la conferma che avevo ragione.

La prima visita dalla ginecologa fu l’ennesima conferma. Non eravamo più solo io e Fab e un test a credere che io fossi incinta ma un medico esperto nel settore. Lo stesso medico che qualche mese prima mi aveva detto “io non ti mollo” quando ero andata in visita da lei alcuni mesi prima dicendole che avevamo difficoltà ad avere bambini. Era stata di parola, lei non mi aveva mollato, e sempre lei ora mi annunciava che senza dubbio io ero in attesa. I valori delle beta erano promettenti e l’ecografia confermava l’avvenuto concepimento e il giusto attecchimento dell’ovulo.

Ricordo che davanti alla segretaria al momento del pagare eravamo così emozionati che sparpagliammo per terra tutti i fogli che ci aveva appena dato la dottoressa. La ricetta degli integratori da prendere, l’elenco dei successivi appuntamenti, le indicazioni per gli ulteriori test di sangue ed urine da fare nei giorni successivi si erano sparsi  nell’anticamera, scivolando dalle nostre mani tremanti, e generando il sorriso collettivo e un moto di tenerezza. La segretaria ci ricorda ancora per quell’avvenimento.

I mesi sono passati, e da quel giorno tra ansie, gioie, speranze siamo diventati tutti e due più consapevoli. La consapevolezza è maturata però in maniera diversa in entrambi per fisiologiche ragioni. Io giorno dopo giorno, ho vissuto il miracolo della vita che stava crescendo in me, Fab probabilmente allo stesso percorso c’è arrivato con un certo ritardo.

Non dico che nei primi mesi avesse rimosso l’idea di diventare padre, perché ovviamente non era così, però probabilmente era molto focalizzato sul suo nuovo ruolo paterno in un senso più pratico che mentale. Si preparava a diventar padre accompagnandomi puntuale ad ogni visita, decidendo l’organizzazione dell’armadio per il nuovo arrivato, pianificando la disposizione della culla prima e dell’armadio dopo, facendo costruire un nuovo ripostiglio, elencando i mobili nuovi  che avremmo dovuto comprare e quelli che riuscivamo ad ereditare. Nicolò c’era nella sua mente però più che altro come concetto riflesso in termini di ciò che Nicolò avrebbe portato nelle nostre vite.

Ora però Fab è diverso. Fab è diventato padre veramente quando suo figlio gli ha assestato un bel calcio sul palmo poggiato sul mio pancione. Gli uomini sono molto più fisici di noi donne: mentre io sentivo mio figlio ancor prima di percepirne i movimenti, Fab aveva bisogno del suo contatto per quanto filtrato dalla mia pancia.

Col tempo Fab ha impiegato sempre più tempo a interagire con suo figlio. Si è innamorato di lui, calcio dopo calcio, sussulto dopo sussulto. Ha iniziato anche lui a bussare sul mio ventre per richiamare l’attenzione del piccoletto, lo ha chiamato per nome facendo pervenire il suono della suo voce in quel grande acquario di liquido amniotico in cui il figlio si trova. Si è reso conto che quindici giorni sono interminabili se tua moglie sta al mare con la famiglia e tu a Roma a lavorare privato del suo bel pancione con cui dialogare in un modo del tutto personale sul divano prima di andare a letto.

Fab in quei quindici giorni mi ha chiesto con indefessa costanza foto del mio pancione, continui aggiornamenti della sua crescita, notizie sulle acrobazie di suo figlio. Gli sono arrivate foto del pancione al mare, pancione che legge, pancione che sta sdraiato a prendere il sole, pancione che si specchia prima di cambiarsi e altrettanti video.

Ora pancione è tornato a Roma e padre e figlio si sono riuniti.
Fab è tornato a parlare con il suo pancione
“Ti chiedo una sola cosa a papà, non nascere ora che non sono ancora pronto, aspetta Settembre che mi organizzo. E soprattutto non nascere ad Agosto, quando io non ci sono, perché se tu nasci e io non ci sono, il giorno dopo mi butto dal terrazzino”




PS: Ho avuto un problema con un virus, alcuni commenti dei post precedenti sono andati persi per errore nella lotta contro il crimine. A costo di reinserirli di mio pugno ad uno ad uno presto saranno nuovamente sul blog. Nessun virus può mettere Bussola in un angolo! Annuncio vobis che il virus è stato debellato.

giovedì 11 luglio 2013

Io stimo le estetiste

Io stimo il lavoro dell’estetista. Sono persone che lavorano nel silenzio, combattono in maniera stoica e indefessa la lotta contro il pelo superfluo.

Se le parrucchiere della peluria sono amiche, dei capelli ne fanno opera d’arte, le estetiste al contrario rischiano uno shock anafilattico appena ne vedono anche solo l’ ombra. Hanno dei radar per scovarli.
Se un pelo c’è per quanto piccolo, per quanto insignificante loro lo scovano, e lo debellano. Ho visto estetiste cercarmi peli nelle parti più impensabili. Sorridono poi sornione quando finalmente  lo tengono stretto nella pinzetta, morto penzoloni come un pesce attaccato ad un amo, privato anche del minimo movimento di difesa. Ho temuto che alcune di esse mi infilassero un sondino per ispezionare  i miei orifizi più intimi. Non stento a credere che in qualche parte del mondo girovaghino estetiste in grado di penetrare le visceri del corpo umano e si aggirino in esso con cappuccio e lampadina da speleologo, alla ricerca del Grande Pelo.

Con la gravidanza stimo ancora di più queste professioniste dell’estetica. Mi chiedevo come potessero lavorare in maniera completa e totalizzante dal momento che a causa del mio pancione, anche  abbastanza dispotico in fatto di posizioni non gradite, i miei movimenti fossero limitati all’unica posizione a pancia in su. Come potevano queste spazzine del pelo raggiungere l’altra metà della mela?

Semplice attraverso un rapido excursus di tutte le posizioni del kamasutra! Ho scoperto che nonostante la pancia posso muovere braccia e gambe simultaneamente e alternativamente a 360 gradi nello spazio. Loro lo sapevano e me lo hanno spiegato.

Quando la ragazza mi ha detto “e ora togliamo i peli della pancia!”. Non ho avuto dubbi che questa categoria professionale fosse dotata di poteri speciali. Gente qui ve lo dico, le estetiste sono in grado di attraversare la materia con lo sguardo.

“Io non ho peli sulla pancia. Quelli sono i capelli di mio figlio!!!!” le ho risposto allarmata.


Dedico alla mia estetista e a tutte quelle che hanno avuto a che fare con i miei peli superflui questa canzone.


L’estetica fa
cambiare le mie fattezze
le modifica e poi le rimodella
non sono stata mai
 capace di decidere
 cosa meglio sia e cosa definire male.

Mi servirebbe sapere
se l’altro giorno estetista
quando hai detto che sei stata tanto bene
eri sincera
 oppure hai avuto una parentesi
di un’ora pure scarsa
e non mi va di privarmi della peluria superflua
senza un fine concettuale

E farmi male e farmi male e farmi male
tanto male
e farmi male e farmi male e farmi male
tanto male.

Poropopporopopporopoppoppo
Poropopporopopporopoppoppo

Mi servirebbe sapere
la strategia
per aggirare tutte quante le mie barriere
 e la strada giusta per giustificare
 il male e allievare il dispiacere
mi servirebbe saperlo quanto prima

E farmi male e farmi male e farmi male
(mi servirebbe sapere!)
tanto male
E farmi male e farmi male e farmi male
(mi servirebbe sapere!)
tanto male
E farmi male e farmi male e farmi male
 (mi servirebbe sapere!)
tanto male
E farmi male e farmi male e farmi male
(mi servirebbe sapere!)
tanto male

Poropopporopopporopoppoppo

E farmi male e continuare ad aspettare
 il tuo continuo andirivieni di ceretta
 forse alla fine mi piace un po' così
soffrire e farmi abbandonare qui su questo lettino...

 Deciditi!
Oh!
Ti piacerebbe sapere
le contromosse utilizzate per lenire le mie pene
e sopperire finalmente
alla tua luce a intermittenza
 per dotarmi di pazienza.
 in fondo mi è anche piaciuto a mena dito.
E allora fammi male, fammi male, fammi male
 (mi piacerebbe sapere!)
 tanto male
 e fammi male, fammi male, fammi male
 (mi piacerebbe sapere!)
 tanto male
E allora fammi male, fammi male, fammi male
 tanto male
 e fammi male, fammi male, fammi male tanto male

Poropopporopopporopoppoppo
Poropopporopopporopoppoppo

venerdì 5 luglio 2013

A Nicolò…..

Mi chiedo a chi tu possa assomigliare.

Ricerco nei tuoi tratti riflessi dall’ecografia qualcosa che rimandi a me o a tuo padre,

ma poi mi perdo nelle pieghe delicate del tuo viso,

i lievi declivi, le piccole fossette,

e perdo noi per trovare solo te.

Spero che in te ci sia una goccia di ognuno di noi,

e che ti possa esser dono per la tua vita futura.

Ama la vita come fa tuo padre,

e attaccati ad essa con tutto te stesso.

Impara da lui che con il sorriso e l’ironia

le difficoltà si affrontano meglio.

Coltiva la sensibilità d’animo come tua madre,

perché altrimenti perderai frammenti di bellezza,

che sfuggono a chi guarda il mondo distrattamente.

Ricerca l’arte in tutte le sue forme come la tua zia materna,

perché l’arte eleva lo spirito

e senza libertà d’espressione le persone si inaridiscono.

Per quanto sia difficile

fa che la tua vita sia guidata dalla giustizia come tua zia paterna

perché ogni torto elargito è un torto che prima o poi viene ricevuto.

Il destino in questo è una giusta bilancia.

Sii pronto sempre a ricominciare, a ripartire, a cambiare

come l’altra tua zia

perché l’acqua ferma è acqua stagnante e la vita cresce nei fiumi in corsa.

Ama la famiglia come tuo nonno paterno,

e scoprirai che qualsiasi dito manchi ad una mano,

il risultato non cambia,

la mano è monca.

Non abbatterti in caso di difficoltà come tua nonna,

e imparerai quanto sia vero quello che lei dice:

il Signore da pene solo per quanto le nostre spalle siano in grado di sostenere.

Non dimenticare mai il tuo passato come l’altro tuo nonno,

perché un albero senza radici non si erge mai verso il cielo,

ma crolla a terra al primo colpo di vento.

Non c’è infatti futuro senza un passato.

Sii sempre grato alla vita per ogni momento regolato

come tua nonna materna,

e ricerca questa nella bellezza dei fiori, nella dolcezza degli animali, nella lucentezza delle stelle

perché nelle piccole cose si nasconde Dio.

E infine piccolo mio,

prendi dagli altri ciò che ritieni giusto ma non dimenticare mai di esser te stesso.

Non ti scoraggiare se non sarai perfetto, perché qui nessuno lo è.

E’ perfetto un cubo di vetro mentre non lo è l’ala di una farfalla,

eppure la vita scorre solo nella seconda.

mercoledì 3 luglio 2013

Giocare con il bambino nel pancione....


Ho scoperto casualmente che è possibile instaurare una sorta di comunicazione con il bambino prima della sua nascita, quando è quindi ancora nel pancione materno.

Ovviamente la comunicazione è molto semplice, costituita per lo più da stimolo e risposta, però posso assicurare che è particolarmente appagante per la mamma che arrivata agli ultimi mesi, è trepidante dalla voglia di conoscere il bambino. Questo tipo di giochini, trovati su internet, dopo una ricerca mirata sull’argomento, possono esser fatti quando il bimbo è abbastanza grande e in grado quindi sia di percepire lo stimolo che di rispondere ad esso.

La prima volta che mi imbattei in questo tipo di comunicazione avvenne in maniera casuale. Ero sdraiata sul divano e sentivo Nicolò muoversi pacato nel pancione. Era l’inizio del sesto mese, non ricordo con esattezza la settimana. Presa dall’entusiasmo di sentire finalmente il bimbo chiaramente, mi venne istintivo  bussare sul pancione delicatamente con pollice e indice per stimolare una qualche risposta. Con mio sommo stupore Nicolò rispose allo stimolo dopo due secondi. Lo feci una seconda volta e una terza volta e lui mi rispose sempre. Poi mi mandò a quel paese, e non mi diede più retta, per non dire che mi rispose “Divertiti tu con sto gioco scemo, io mi so già rotto”.

Nei due giorni successivi affisse un cartello con scritto “io non rispondo ai giochi scemi”. Poi si intenerì e lo tolse. Passarono le settimane e Nicolò iniziò a rispondere ai miei rintocchi sul pancione sempre più spesso. Ne hanno avuto dimostrazione anche il suo papà, la sua zia e i suoi nonni. Tanto perché non si dica che la sottoscritta è una visionaria e si è inventata tutto.

Non  posso dire che risponda il 100% delle volte che io gli busso, ma diciamo il 70 - 80% delle volte. Ho capito che per avere una sua risposta devo bussare nei momenti in cui è più sveglio, quindi la sera. Se dorme, dorme, e non c’è udienza per nessuno! Se non è in vena di giocare, idem, la risposta è “gioca da sola”. Nella  maggior parte delle volte però Nicolò è conciliante, e dà soddisfazione alla sua mamma.

Se siete in attesa, nell’ultimo trimestre di gravidanza, vi invito a provare. Non penso che Nicolò sia un bambino superdotato, superintelligente, anche perché altrimenti non sarebbe figlio mio e di Fab. Penso che un bambino risponda ad uno stimolo in maniera inconscia, così come quando mi sdraio di lato e lui bussa per indicarmi che quella posizione a lui non piace, o come quando bussa se poggio un libro sulla pancia per indicarmi che  lui è scomodo. Probabilmente quel suo bussare altro non è che un suo tentativo di cambiare posizione per mettersi più comodo, ad ogni modo, mi manda un messaggio elementare e io lo capisco.

Affascinata da questa comunicazione primordiale instaurata con mio figlio ancora nella pancia, ho cercato su internet per vedere se esistono altri giochini in grado di provocare in lui una risposta. Nel web ho trovato un mondo, da scenari scientifici a quelli più tendenti al mondo fantascientico.

Tra quelli che mi hanno colpito maggiormente e/o che mi sono sembrati più verosimili, si annovera la capacità di provocare una risposta nel bambino attraverso la proiezione di un fascio di luce sulla pancia, attraverso l’ascolto della musica, e infine guidando la pressione di un gomito, piede, mano di un bambino sulla pancia con una pressione uguale e contraria di un dito verso una qualche direzione.

Devo dire che però ancora ho avuto pochi risultati, per diverse ragioni.

Ho provato a mettere vicino al pancione della musica scaricata da you-tube con il cellulare. Per non lasciare nulla al caso ho fatto ascoltare delle canzoni dello Zecchino d’Oro e alcune ninne nanne. Nessuna risposta. Forse la ninna nanna lo ha fatto addormentare J. O forse Nicolò non sarà un secondo Chopin.  Ad ogni modo mi sono sentita un po’ scema e non c’ho più riprovato.
Ho letto comunque che è scientificamente provato che facendo ascoltare della musica ad un bambino, il suo battito cardiaco cambia in base al ritmo della musica, se lento rallenta, se più incalzante  aumenta. Insomma avrei dovuto fare un ecodoppler a Nicolò, per ricevere qualche risposta. La cosa ovviamente era infattibile e non c’ho più provato.

Sempre da internet ho letto che se il bambino preme sulla pancia mediante una parte del corpo qualunque piedino, mano, ginocchio che sia, è possibile direzionare verso qualsiasi direzione tale pressione con le dita. Semplicemente bisogna premere sul punto di contatto e spostarsi ad esempio a destra. Il bimbo istintivamente sposterà  il ginocchio o il qual si voglia punto di contatto verso sinistra seguendo la pressione della madre.

Su un gioco del genere Nicolò potrebbe rispondere bene, perché in fatto di calci e pressioni lui c’acchiappa J ad ogni modo non ho mai provato più che altro perché essendo al settimo mese di gestazione non puntella ancora. Lui generalmente è uomo da pugni e calci e amen. Se tra ottavo e nono mese iniziasse a puntellare di sicuro un tentativo per sfizio lo faccio.

E infine, l’ultimo tentativo, seguire la luce. Da ciò che ho letto sembrerebbe che un fascio di luce di media intensità è in grado di attraversare i tessuti della madre e di giungere quindi fino al nascituro. Sembrerebbe quindi, secondo tali fonti, che il bambino è attratto dal fascio di luce e che per questo cerchi di seguirlo con il viso o con una manina la sorgente luminosa.

Avevo già scaricato sull’i-phone l’applicazione LED torch, e quindi mi son detta perché non provare?! Ho proiettato il raggio di luce verso la pancia ed ho aspettato qualche secondo per vedere se succedeva qualcosa. Effettivamente dopo una decina di secondi ho visto dei movimenti in direzione del fascio di luce. Ho spento la luce e sono rimasta in attesa. Dopo qualche minuto ho fatto una seconda prova. E anche la seconda volta la pancia si è mossa in direzione della luce. Questa volta ho provato a muovere il fascio di luce da destra a sinistra e mi è sembrato che il movimento seguisse il fascio di luce. Ero eccitatissima dalla cosa.

Dopo questo secondo tentativo Nicolò ha ripristinato il cartello “io non rispondo ai giochi scemi” aggiungendo a mano “con la luce”. Da allora non ha più tolto il cartello. In realtà dopo due o tre altri tentativi andati a vuoto, mi sono scoraggiata e nemmeno io c’ho più provato. Secondo un’altra fonte ritrovata da internet il sistema visivo del bambino prima della nascita è poco sviluppato, mentre lo è molto di più quello uditivo. Ho avuto quindi l’impressione che il mio iniziale entusiasmo fosse solo frutto di una mera suggestione. Non ho fatto altri tentativi per approfondire la questione.

Avete una vostra esperienza in merito, o piccole cose da suggerirmi  per instaurare già una semplice comunicazione tra me e mio figlio?!  Piccoli aneddoti da raccontare?

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