giovedì 29 novembre 2012

Esistono cose che mi fanno tornare bambina


Divertirmi a sbattere i piedi nell’acqua delle pozzanghere quando ho le mi galoscine

Attorcigliarmi i capelli sul medio e l’anulare quando sono stanca

Assaggiare il cibo di Fab quando è diverso dal mio

Fare le preghierine quando sono a letto

Rifiutarmi di alzarmi dal letto dal lunedì al venerdì

Schizzare giù dal letto dal sabato alla  domenica

Rubare la pasta lievitata da mia madre quando lei sta cucinando

Buttarmi ad otaria nel letto su Fab solo per farlo spaventare se si è già addormentato

Far finta di dormire quando lui torna dai turni di notte per farlo spaventare (anche so che lui sa che sono sveglia)

Vincere sempre la gara del “Vediamo chi ride prima”

Bere la sera il latte freddo con i biscotti

Evitare di bere il latte al mattino per colazione

Dire “C’è Fab? E la cremeria?” quando suono al videocitofono di casa e lui è dentro

Mettere il broncio quando penso di aver subito un torto (notate la parziale ammissione di colpe nell’aggiunta del verbo penso)

Credere che un giorno crescendo diventerò alta magra e bella, la più bella del Reame, come Biancaneve

martedì 27 novembre 2012

Un viaggio sensoriale nel mondo dell'olio

Conoscete il gruppo Eataly ?

Probabilmente solo chi vive a Roma, Milano, Genova, Torino, Bologna, Pinerolo e Monticello, perché io prima che aprisse il grande punto vendita a Roma ne ignoravo l’esistenza.

Per chi non lo conoscesse Eataly è un grande rivenditore di cibi di alta qualità. Il marchio riunisce un gruppo di piccole aziende che operano nei diversi comparti del settore enogastronomico: dalla celebre pasta di grano duro di Gragnano alla pasta all’uovo langarola, dall’acqua delle Alpi Marittime piemontesi al vino piemontese e veneto, dall’olio della riviera di Ponente ligure alla carne bovina piemontese, e ancora salumi e formaggi della tradizione piemontese italiana. Eataly propone il meglio delle produzioni artigianali a prezzi avvicinabili, riducendo all’osso la catena distributiva dei prodotti e creando un rapporto di contatto diretto tra il produttore e il distributore finale, saltando i vari anelli intermedi della catena.

Ad Eataly puoi trovare tutto. Probabilmente se cercate la coda di rospo e la bava di topo per qualche stregoneria contro il vostro capo, lì la potete trovare. Ho visto cose che voi umani non potete immaginare da Eataly, o almeno cose di cui ignoravo l’esistenza.

A parte tutto, se si cerca qualcosa di commestibile e fuori dalle classiche distribuzioni dei supermercati, sicuramente Eataly è al top delle offerte.

Il gruppo inoltre è particolarmente attento alla didattica e per questo organizza corsi di cucina, degustazioni, corsi sulla conservazione corretta dei cibi, didattica per i bambini. Quest’ultimo aspetto costituisce il punto di partenza per instillare nel consumatore una corretta percezione della qualità, nella convinzione che “mangiare bene aiuti a vivere meglio”.

Detto ciò, fatta questa piccola premessa, ho deciso con Fab e mia sorella di iscrivermi ad un master tra quelli organizzati nella sezione Eataly eventi dal gruppo Slow food . Anche questa seconda associazione è orientata verso   una attenzione della qualità in cucina.

Il master è interamente dedicato all’olio, ovviamente quello extravergine d’oliva.

Lo so, è una scelta che può sembrare un po’ bislacca, ma lo diventa meno se si sa che affluiamo ad un’azienda agricola prevalentemente approntata sulla produzione di olio extravergine d’oliva da alberi secolari come quelli tipici della terra da cui provengo.

Durante questo primo incontro, oltre ad alcune nozioni generali di base sulla conoscenza dell' olio come prodotto alimentare abbiamo avuto modo di assaggiare alcune varietà di oli diversi provenienti da diverse parti d’Italia.

Avendo olio di produzione propria non ho mai assaggiato olio diverso dal mio, se non  ovviamente quello usato dai ristoranti, durante le uscite dei week-end. Ovviamente in questo caso l’olio di ristorazione è di qualità più dozzinale ma confuso con gli altri sapori nemmeno lo si percepisce.

Ieri è stata quindi la prima volta che ho avuto la possibilità di avvicinarmi in maniera ponderata ad oli diversi dal mio. E’ stato un trip!

Ho percepito oli dal gusto fruttato con una vena erbacea, oli in cui si poteva riconoscere un’idea di broccoli (questa è rimasta un’idea perché la sentivano tutti tranne la sottoscritta), quelli fruttati con una vena di pomodoro, quelli più di noce, alcuni ti si espandevano in bocca, altri mantenevano un gusto fisso, alcuni avevano un retrogusto piccante altri più dolce. Oli come quelli liguri hanno un sapore delicato che maggiormente si sposa con una cucina a base di pesce come quella genovese, mentre quelli pugliesi risultano più fruttati particolarmente affini ad una cucina ricca di verdure. E’ strabiliante come l'olio sia così precisamente in equilibrio con la terra in cui è prodotto. L'Italia è un immenso oliveto, esteso per oltre un milioni di ettari dalla Sicilia alle Prealpi, e costituisce da secoli uno dei caratteri distintivi del paesaggio agrario: nessun altro Paese del Mediterraneo può vantare tanta varietà, tanti diversi ambienti e adattamenti locali.        

Da questa prima lezione porto a casa l’idea che fino ad ora mi sono persa tanta sensorialità dei cibi che mangiavo. Se solo nell’olio è possibile leggere tutte queste sfumature figuriamoci in ogni singolo alimento. Purtroppo la vita odierna ci porta a correre e a buttare in padella la prima cosa che si acchiappa in frigorifero, ma ogni tanto bisognerebbe ritagliarsi un attimo per percepire l’essenza di ciò che si mangia, del frutto della terra. Bisognerebbe insomma orientarsi verso una cucina sempre più consapevole.

Ad ogni modo sono così affascinata dall’idea di questo viaggio sensoriale nel mondo dell’olio che mi è venuta voglia di continuare la formazione oltre questo singolo master.


sabato 24 novembre 2012

Fatina costume parte 3: Ali di fata

Salve gente. Mi era rimasto da pubblicare l’ultimo post di preparazione del costume da fatina.

Le nostre fatine avevano infatti le bacchette magiche , e le gonnelline nuvolose mancavano quindi solo due splendide alette per prendere il volo.

Prima di cimentarmi su internet ho seguito diversi tutorial della blogsfera e della youtubesfera come mio solito.

Vi posso assicurare che dalla Cina, al Giappone, all’India alla Garbatella, tutti fanno le ali di fatina con le grucce in fil di ferro.

Con grande disappunto la sottoscritta ha fiondato i suoi esperimenti nel cassonetto della spazzatura, dopo aver smontato otto suoi preziosissimi e rarissimi appendini, scorticatosi le mani nel tentativo di modellarli, e tagliato irreparabilmente due paia di calze da bambina color rosa.

L’esperimento mi riusciva bene, finchè si trattava di smontare le grucce, riassemblarle e dar loro una forma. Fin qui le ali erano abbastanza credibili. Quando però andavo a infilarci le calze da bambina per rivestirle, la mia struttura collassava irrimediabilmente. Provavo quindi a ridarle la forma originaria, ma niente, quello sgorbio di fil di ferro, pareva immobilizzato nel nylon delle calze.

Esasperata, ho buttato tutto nella pattumiera.

Mi son detta: Sai che c’è …. La tecnica me la invento da sola!

Sono andata quindi dal ferramenta ed ho comprato del fil di ferro, di uno spessore paragonabile a quello delle grucce. Ho poi tagliato il fil di ferro in due pezzi da 1.20 e due pezzi da 1.05.

Ho quindi sagomato ogni singolo pezzo dandogli la seguente forma.

Moltiplicato l’operazione per quattro volte, in modo da avere la struttura completa delle ali, ho usato i baffi di fil di ferro per unire la quattro strutture tra loro. Uscirà quindi una struttura di questo tipo.


A questo punto non mi restava che usare della lana, per rivestire i punti di contatto e fissare bene la struttura. (Se vi volete cimentare non siate tirchie di lana, più ne userete e più le vostre fatine si troveranno comode nelle loro alette)



Ed ora siamo arrivati alla parte forse un po’ più noiosa: il rivestimento delle ali.

Io ho usato del tulle in tinta con la gonna. Ho preso la stoffa ed ho tagliato una forma di grandezza 1 cm più grande di ciascuna sezione di ala. Ho cucito quindi la stoffa stretta intorno al fil di ferro, usando del cotone trasparente da lenza. Il cm di stroffa in esubero serve appunto per avvolgere la stoffa intorno al fil di ferro, mediante il cotone trasparente. Su ciascuna sezione ho applicato due strati di tulle, perché con uno strato solo, si aveva un effetto di eccessiva trasparenza. Questa operazione va ripetuta ovviamente per tutte e quattro le sezioni di ali.

Superata questa fase, la strada è tutta in discesa!

Non vi resta infatti quindi che legare due nastri alla struttura e decorare le vostre ali come più vi aggrada. Vi lascio le foto di quelle costruite da me, per le mie nipoti.





Buon Week-end

lunedì 19 novembre 2012

Etichette Yogurt


Questo non è un vero e proprio post, ma solo la coda di quello precedente J.

Le mie sperimentazioni con lo yogurt sono continuate. Diciamo che per lo yogurt fatto in casa ho maturato una sorta di dipendenza. Sono entrata in un trip.

Mi ci buco al mattino prima di andare al lavoro, e al ritorno appena entrata a casa.

Mi sembra buono, dietetico, sano, salutare. Insomma io ora mi faccio di yogurt bianco.

Sono diventata anche una pusher. Tutti i tossici prima o poi diventano pusher.

L’anno scorso mi era presa la fissa delle tisane. Le ho regalate a tutti: amici, parenti, conoscenti. Le mie tisane hanno scovato le case di qualsiasi mio conoscente, sono entrate e si sono impossessati della credenza. 

Perché se sei tossico vuoi che anche il mondo vicino a te si faccia.

Anche allora era iniziato tutto perché fa bene, perché dimagrisci. A cena esci e hai un dubbio se prendere un dolce “Ma… si che sarà mai…. Poi tanto mi prendo una tisana”

Ho un po’ di mal di pancia…. “Mi faccio una tisana”. Non ho digerito bene “tisana”. Ho freddo “tisana”. Mi sento gonfia “Tisana”

Mi sento…. “Tisana”

Si l’anno scorso è trascorso così….

Quest’anno invece va di moda lo yogurt…. La panacea di tutti i mali…. Quella che ti cura la mente e il corpo…. Quello che ti fa dimagrire con il pensiero….

Per la forza di yoguuuuuuurt

Ad ogni modo in quanto pusher ho iniziato ad elargire yogurt a parenti anche questa volta.
Per rendere la droga più appetibile sul mercato, ho aggiunto delle etichette fatte by myself.

Etvoilà l'effetto finale



Sono comode perché soprattutto si può aggiungere a mano la scadenza, che per uno yogurt fatto in casa è 15 giorni.
Se l’effetto vi piace e se volete diventare delle pusher anche voi, vi lascio il link per scaricare
l’etichetta frontale
l’etichetta superiore


PS: Io per praticità ho usato dei normalissimi fogli A4 bianchi, in quanto ero interessata soprattutto all’aggiunta della scadenza. Ma se volete fare dei pensierini originali comprando dei fogli colorati sempre A4 l’effetto sarà sicuramente migliore.

martedì 13 novembre 2012

Non chiamatelo solo yogurt


Ricordo che una volta da bambina provammo con mia madre e mia sorella a fare lo yogurt fatto in casa. Una conoscente di mia madre le aveva regalato dei fermenti vivi che noi avevamo conservato gelosamente in un barattolo in frigo, carichi di grandi aspettative.

Questi mostriciattoli hanno coabitato con noi per non molto tempo. Lavoravano poco, mangiavano tanto, producevano nulla e richiedevano troppe attenzione.

Lo yogurt che ne risultava era spesso acidulo e troppo liquido. Mia madre non ci mise molto a perder la pazienza ed ad abbandonare le armi. Non ricordo se i mostriciattoli morirono rinsecchiti in giardino sotto il torrido sole di agosto, o al contrario di stenti alle fredde temperature del frigorifero. Ad ogni modo morirono.

Da allora a nessuna di noi è venuto in mente di riprovare l’esperimento. Abbiamo campato benissimo in tutti questi anni grazie alla Muller.

Qualche giorno fa saltellando su internet mi sono imbattuta su una ricetta dello yogurt homemade. La foto dello yogurt era così invitante che non ho potuto non ficcare il naso per approfondire la questione.

Ho cercato altri blog, altre ricette e saltavano sempre su gli stessi ingredienti, le stesse proporzioni, gli stessi tempi, e grandiosamente non spuntavano mai i mostriciattoli.

Mi sono lasciata tentare e l’esperimento è stato al di sopra delle mie aspettative. E’ uscito uno yogurt, cremoso, compatto, dolce che quelli della Muller se lo sognano. E’ ottimo mangiato così semplice per colazione o merenda, o  un cucchiaio nelle vellutate per dare cremosità, inoltre è un sostituto light della panna da cucina in qualsiasi ricetta che prevede questo ingrediente. 

Lo yogurt fatto in casa  rispetto al cugino del supermercato è meno acidulo, pertanto si sposa in maniera eccelsa sia con il dolce che con il salato. Vi lascio la ricetta

Ingredienti:
1 litro di latte intero
2 cucchiai da cucina di yogurt bianco KIR o quello della coop
E un pizzico di pazienza.

Procedimento:
Bisogna scaldare il latte a fuoco alto per un paio di minuti e poi a fuoco lento per un'altra decina di minuti. Trascorso tale tempo si può spegnere e lasciare raffreddare il latte.
Il latte può essere impiegato per le fasi successive quando ha raggiunto una temperatura di 38 gradi. Per velocizzare i tempi io ho portato la pentola fuori al balcone. Se non si ha un termometro a disposizione  ci si può regolare semplicemente immergendo un dito: se si sente il latte tiepido e si riesce a tenere il dito immerso senza scottarsi per più di dieci minuti la temperatura ottimale è raggiunta. E’ una prova non molto diversa da quella che fanno le mamme per testare la temperatura del latte del biberon facendosene cadere una goccia sulla mano. Il latte deve essere tiepido ma non ustionante, piuttosto meglio freddo.
A questo punto si prende il recipiente in cui si è deciso di preparare lo yogurt (meglio se in vetro e con chiusura ermetica come nella foto) e si stemperano due cucchiai di yogurt bianco in alcune cucchiaiate di latte. Quando lo yogurt è completamente sciolto nel latte si può aggiungere la parte rimanente di latte fino a riempire i recipienti. Se non si ha un recipiente da un litro, come nel mio caso, se ne possono usare due da 50 ml usando però un cucchiaio di yogurt come starter in ciascun recipiente.
A questo punto lo yogurt va conservato a 40 gradi per quattro o cinque ore. Devo dire che ho ottenuto degli ottimi risultati anche con una temperatura di 35 gradi solo per tre ore, che era quella che mi consentiva il mio forno prima di scattare sui 60 gradi.
Possono anche essere usate altre fonti di calore come il termosifone o il caminetto allungando magari i tempi di posa fino a quando il risultato non viene considerato soddisfacente. Conviene ad ogni modo avvolgere il barattolo in una coperta o un plaid per mantenere costante la temperatura.
Lo yogurt deve essere conservato in frigorifero 12 ore prima di essere consumato, ed ha una scadenza di due settimane, ma a casa mia a stento raggiunge i tre giorni.


giovedì 8 novembre 2012

Crescendo i punti di vista cambiano


Le scuole elementari le frequentai a Roma, pur essendo tutta la famiglia originaria di Lecce. I miei lavoravano a Roma, ed era ovvio che le figlie dovessero vivere insieme ai genitori.

Ricordo che mia madre mi preparava come  merenda per scuola un pasticiotto. Li preparava la domenica, ne faceva due o più informate, in modo che fino ad un certo periodo io avessi merende a sufficienti.

Aprire la mia cartella e ritrovarmi ogni santo giorno un involucro di fazzoletto che custodiva così gelosamente quel dolce casereccio mi nauseava.

Li odiavo quei pasticiotti! Invidiavo le crostatine alla nutella del mulino bianco che  sfoggiavano i tre quarti della mia classe. Dovevano essere delizia pura, ma a me erano vietate. Se ne facevo cenno a mia madre mi rispondeva

-      - Bleah sono piene di conservanti!

Arricciava il naso e l’argomento era chiuso. Non c’era possibilità di inserirsi con un’ arringa a favore dei diritti del bambino nel mangiare le crostatine alla nutella.

Odiavo anche i biscotti presi dal forno a legna di Lecce. Ne salivamo in macchina nelle nostre transumanze in vari bustoni, in modo che avessi scorte a sufficienza per le mie  colazioni romane.

-         Sono buonissimi – diceva mia madre – sono li stessi biscotti che mangia tua cugina a Lecce

-       - E chi se ne frega!!!!  - avrei voluto rispondere io. Per rispetto a mia madre non l’ho mai detto. Mi limitavo a bisbigliare un “a me non piacciono” scivolato tra i denti, in silenzio, in sordina

Ora da adulta, il mio punto di vista è cambiato. Ho capito le ragioni di mia madre di allora e ironia della sorte le ho sposate.

Provenendo da un’azienda agricola, di principale impatto olivicolo, ho imparato ad apprezzare i frutti della terra, le cose genuine, fatte in casa, da mia madre, mia sorella o me.

Per il ponte dei morti sono ritornata da Roma dove vivo, nella mia casa natale. Un viaggio che nella mia vita avrò fatto almeno mille volte.

Mi sono riunita alla mia famiglia d’origine, a mia madre, mio padre il mio cane. Sono stata bene, ho staccato la spina dalla vita di tutti i giorni.

E’ appena iniziata la raccolta delle olive e io, mia sorella e Fab non potevamo esimerci da farne parte, per gioire dei nuovi frutti della terra, dei nuovi raccolti e di un nuovo anno che ci si augura tutti che sia di prosperità.










martedì 6 novembre 2012

Shhhhh ci siamo messi comodi

La nota casa editrice Sperling - Kupfer un paio di settimane fa aveva bandito mediante la pagina facebook un piccolo contest per la promozione dell'attesissimo libro "L'imprevedibile Viaggio di Harold Fry" scritto da Rachel Joyce ed edito ovviamente dalla stessa casa editrice.
Secondo voi quando c'è nell'aria odor di libri la  Bussoletta può stare ferma?!?!?!

Ovvio che no.....

Appena  Bussoletta ha letto il post le hanno iniziato a vibrare le orecchiette, il nasino e il mignolino del piedino.....
Non potendo non dar retta a simili sintomatologie corporali si è buttata ad approfondire la questione.....

Il post recitava quanto segue:

Ecco come fare: postate la foto di un vostro viaggio e aggiungete una descrizione su come e perché quel viaggio vi ha cambiato la vita (o la percezione della vita). Ci sono delle cose che vi aspettano...


- Faaaaaaaaaaaaaaaaaaab
Hanno vibrato le pareti della nostra casa e il lampadario nella casa del nostro dirimpettaio al suono di una voce stridula
- Ci serve una foto.....La foto di un viaggio.... un libro dobbiamo vincere un libro!

(E' tempo di crisi, non scordatevelo! Bisogna risparmiare con tutti i mezzi)

Chiedere delle foto a Fab di un viaggio è un pò come chiedere ad un'estetista la pinzetta per sopracciglia o ad una parrucchiera cinese uno shampoo aggressivo.

E infatti nemmeno due minuti avevamo già la prescelta

Sulla scelta del viaggio Fab non ha avuto dubbi a pensare all'Africa. Un pezzo del nostro cuore è ancora là.... prima di morire abbiamo giurato che ce lo andremo a riprendere. Per ora lo lasciamo correre felice e sereno in mezzo a leoni scimmie e giraffe.

Essendoci proposti per il contest proprio a ridosso della scadenza non abbiamo dovuto aspettar molto per conoscere il nome del vincitore....

Vincita meritata, oserei dire. La casa editrice ha avuto buon occhio. Ci tenevamo a farlo presente.
La foto è bellissima, dolce, tenera, evocativa.
I vincitori sono simpatici, belli, umili, meravigliosi, non avrei proprio parole per descrivere la loro magnificenza......

PERCHE' SIAMO NOIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII

Se non ci credete guardate qua


Che poi diciamoci la verità... un contest dedicato ad un libro che racconta un viaggio poteva non sposarsi bene con un blog dal titolo IN LUNGO E LARGO?!?!?!

Viene da se che dovevamo vincere.... Era già  scritto .....

La prossima volta quasi quasi non partecipiamo.... lasciamo direttamente l'indirizzo e ci mettiamo comodi in attesa di ricevere il pacco.....

seeeeeeee

Comunque questa volta comodi ci siamo messi veramente, perchè il pacco è arrivato


E noi siamo pronti per partire

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