Ognuno è legato alla sua terra di nascita come un figlio ad una madre, eppure un salentino, in questo eccelle, nella sua terra affonda le radici come un ulivo secolare nelle zolle rosse.
Il Salento è una lingua di terreno rocciosa, di non facile coltivazioni, che a causa delle sue pietre bianche di cui la terra è intrisa, da quando l’uomo è approdato in queste zone, risultava ostile alla crescita di qualsiasi pianta.
La penisola salentina, sferzata dal vento di scirocco proveniente dal mare nel periodo estivo, e dalla tramontana nel periodo invernale, ha reso sempre complicato il rapporto uomo natura. Ciò che non distruggeva il vento, ci pensava la salsedine a rovinare inesorabilmente.
Il Salentino ha dovuto quindi faticare non poco a suggellare un patto con il Padre Eterno, perché desse a lui la possibilità di rendere ospitale questa lingua di terra. Dopo una serie di incomprensioni tra a lui e il Padre Eterno il Salentino è riuscito nei secoli a trarre quanto di meglio si potesse da quelle zolle rosse ferrose.
La terra è stata quindi “dissossata”a mano da quelle pietre bianche e spigolose, anno dopo anno, secolo dopo secolo, generazione dopo generazione. Campagne, orti, giardini, son divenuti quindi fertili.
Quelle pietre essendo comunque un omaggio del Padre Eterno a quella terra, sono state re-impiegate, perché di incomprensioni negli anni già ce ne erano state troppe, e che mai si volesse che il Signore prendesse quella azione come uno sgarbo. Con quelle pietre pertanto si sono eretti muri a secco, che adornano come merletti a tombolo ogni singolo appezzamento di terreno, pajare e trulli in grado di ospitare uomini e famiglie durante la bella stagione quando ci si trasferiva in campagna per far villeggiatura e per star più vicini ai propri appezzamenti per i lavori agricoli, sono state costruite stalle, ricoveri per animali, pollai perché anche le bestie facevano parte della famiglia.
Nelle campagne sono stati piantati gli ulivi, che eterni come il Padre vegliano che tra uomini e Santi ci sia sempre un rapporto di una buona tolleranza.
In questi giorni il Salentino si chiede perché quest’anno l’estate ancora non esplode, perché ancora tira vento e il sole va e viene da dietro le nuvole? Quale sgarbo mai è stato fatto al Padre Eterno?
sabato 29 giugno 2013
mercoledì 26 giugno 2013
Boa a mare
Stanca della città, io i miei piedi da Fiona di Shrek, il mio pancione che fa provincia e Nicolò compattato in tutto ciò abbiamo deciso di scendere a Lecce a goderci un po’ di mare e di aria pulita.
Qui l’estate non è ancora esplosa, e il bel tempo e i bei posti sono appannaggio ancora solo di noi autoctoni e dei pochi turisti fuori stagione. Il relax è massimo.
Nicolò nel suo pancione continua a crescere e a dare grande dimostrazione della sua presenza.
I suoi calci diventano ogni giorno sempre più ben assestati, le sue posizioni preferite sempre più chiare, così come i suoi gusti in fatto di alimenti. Dalla sua crisalide di pancia materna ha incollato calci e pugni a nonni materni, zie e cugine di ogni genere, e più il calcio era forte tanto più l’ilarità collettiva fragorosa. Per così poco Nicolò non si tira mai indietro.
Adesso tira pure calci a comando. Se tu bussi sul pancione sempre più suo che della sottoscritta, giro tre secondi e un bel calcio su richiesta arriva puntuale. E’ gentile, non si fa attendere, ad ogni colpo che viene da fuori lui risponde con un colpo che viene da dentro.
Giovedì scorso abbiamo fatto l’ecografia della 28esima settimana. Abbiamo apposto il nuovo tagliando a reni e cuore.
Tutto da manuale. Il cuore funziona come ci si aspettava che facesse, atri e ventricoli tutti presenti all’appello, valvole anche loro partecipi dalle loro postazioni.
I reni che così tanto ci hanno dato da pensare, questa volta non hanno fatto troppe storie. Si sono presentati all’appello dell’ecografista precisi e puntuali. Il secondo rene, quello timido, quello che si nascondeva nell’intestino, si è fatto coraggio e questa volta è uscito allo scoperto senza troppe storie. Ha raggiunto il gemello in posizione e dimensione. Incrociando le dita speriamo che lui, la sua ghiandola surrenale e la sua arteria non ci tirino ancora più brutti scherzi.
Giovedì, tra i vari tagliandi, abbiamo fatto anche l’ecografia tridimensionale. Abbiamo avuto modo di vedere quindi il musettino di Nicolò.
Io non dico niente…. Perché lo so sono di parte….. però Nicolò è bellissimooooooooooooooooooooooooooooooo…. E mamma sua è già perdutamente innamorata di lui…..Ops mi è sfuggito. L’ho detto :)
Ogni tanto Bussola, quando non ha nulla da fare (1 volta ogni 5 minuti) si prende il cellulare, si guarda questa foto e pensa “Nicolò, quanto sei bello a mamma ”
mercoledì 19 giugno 2013
Con la testa fra le nuvole
E’ arrivato
il caldo ed è arrivato anche il momento di dire stop al lavoro.
Sono i miei
primi giorni di aspettativa, e ancora non sono completamente ad agio in questa
mia nuova dimensione.
Nei prossimi
giorni scendo a Lecce per due settimane per trovare refrigerio a questa
caluria torrida romana. Dovrò risalire poi intorno a metà luglio per le solite
visite di routine, che non si fanno mai attendere molto.
Approfitto quindi
di questi ultimi giorni di stasi romana per arredare la stanza di Nicolò,
grazie alle doti artistiche di mia sorella. Piano piano la stanza prende forma.
La stanza
che prima era degli ospiti e ora diventerà di Nicolò aveva la Torre Eiffel e le
stelline sulla parete principale, proprio a testa del divano. Entrambe le
applicazioni si illuminavano di notte dopo il giusto periodo di esposizione
alla luce. L’effetto mi piaceva, e non mi andava di smontare il tutto a favore
di decorazione per bambini, però oggettivamente non poteva esser lasciata così
tal quale che aveva un tocco più che altro romantico e rimandava poco all’infanzia.
Ho avuto quindi l’idea di farmi dipingere direttamente sulle pareti delle
nuvole da mia sorella, in modo che la stanza desse l’idea di un paesaggio
parigini, un po’ onirico sia di giorno che di notte.
E così grazie alla collaborazione di Fabiana ci siamo messe all'opera, anzi si è messa all'opera, io ho semplicemente tenuto la scala :)
Se qualcuno
si volesse cimintare, per questo lavoro è stata usata vernice di tipo lavabile
di colore azzurro e bianco, e colore concentrato per vernice blu scuro.
Mischiando
questi colori tra loro abbiamo ottenuto tre tonalità diverse di azzurro, oltre
al bianco e al blu che abbiamo usato in minima parte come colore a se stante.
Mediante
cartoncino bristol abbiamo disegnato e quindi ritagliato delle sagome a forma
di nuvola, secondo le forme a noi più congeniali in base allo spazio che
avevamo a disposizione.
Ottenute
quindi le sagome abbiamo riportato sul muro le forme, semplicemente tratteggiando
con la matita i contorni della sagoma ritagliata.
Mediante
pennello di media grandezza abbiamo definito i bordi con pittura azzurra scura.
Una volta ottenute le sagome azzurre sul muro è stato tutto un lavoro di spugna, e di
sfumature varie secondo fantasia. Le spugne per questo genere di
lavoro si trovano senza problemi nei negozi di bricolage, o di belle arti.
E’ un lavoro
divertente, che un po’ fa strippare per l’ansia di macchiare con la vernice
azzurra l’intera parete bianca immacolata, ma che è alla portata di qualsiasi
dote artistica, basta solo un po’ di fantasia e tanta buona volontà
Vi lascio le
foto dell’opera magna completa. Che ve ne pare?
PS: Anche la
scritta “Nicolò” è stata realizzata da mia sorella con tecnica mista (pittura,
decoupage, applicazioni etc) mediante materiale comprato da un negozio di
hobbistica. Per chi fosse di Roma il negozio è il faro nel bosco. Nello stesso negozio abbiamo comprato le lettere in compensato grezzo che abbiamo dipinto e poi decorato
Le stampe
sono di Tiziana Rinaldi che ben si prestano ad un contesto onirico, mentre quella
della Tour Eiffel è stata comprata a Parigi durante un viaggio con Fab.
La Tour
Eiffel iridescente è stata comprata da Leroy Merlin
sabato 8 giugno 2013
Quell'occasione d'oro
Micky ha un
obiettivo: diventare un’impeccabile cuginetta baby-sitter. Lo ha comunicato a
tutta la famiglia. Quando nascerà Nicolò, sarà lei la maggiore tra i tre
cugini, a prendersi cura del nuovo arrivato.
Ma Micky sa
che ha un’ombra nel suo passato, e con questa deve fare i conti. Ma nulla è perso, perché solo alla morte non c’è
rimedio.
Micky all’età
di tre anni, approfittando di un momento di distrazione dei genitori, prese
dalla culletta la sua sorellina nata da pochi giorni, la adagiò con cura sulle
sue esili spalline ed gongolante come poche fece un ingresso scenografico in
cucina per far mirare a tutta la
famiglia congiunta quanto era stata brava. Se i genitori non sono morti dallo
spavento, poco c’è mancato. Le urla per quanto soffocate, si son comunque
sentite a isolati di distanza.
Ma questo
accadeva tre anni fa.
Da allora
nessun altro pargolo era entrato nella famiglia e Micky non aveva avuto mai
altra occasione per riscattare il suo orgoglio ferito, di mamma non solo di
bambolotti ma anche di parenti veri in carne ed ossa.
Quando zia
Bussola ha dato il lieto annuncio dell’arrivo di un nuovo bimbo, Micky non ha
immediatamente collegato le due cose. Lo ha fatto solo ora, che il pancione di zia
Bussola è grande quanto un mappamondo e quindi l’ipotesi che lì dentro un bimbo
in carne e d’ossa ci sia veramente, è oramai quasi tangibile.
Micky ha
capito che quella era la sua occasione: Nicolò il suo bimbo da accudire.
Da qualche
settimana, Micky si è imposto un duro allenamento con un bambolotto, un
tirocinio professionalizzante. Micky prende il suo bambolotto, gli da da
mangiare, lo veste, gli cambia i pannolini, gli fa il bagnetto, lo porta dal
dottore se non sta bene, lo rimprovera se la fa disperare e lo premia se invece
si è comportato bene in sua assenza.
Micky ha
spiegato alla sua mamma
“Perché Settembre
è ancora lontano, e c’è tempo per allenarsi, e se zia Bussola vede che sono
diventata brava, poi non avrà problemi a lasciarmi accudire Nicolò”
martedì 28 maggio 2013
Aspettando l'aspettativa
Bussola ha deciso che il 13 giugno andrà in aspettativa.
Addio metro, addio treno, addio lavoro, addio sveglia,addio tutto.
Bussola si ritira a pettinare le bambole. Tre mesi prima del grande giorno, lei dice “ciao, s’è fatta ‘na certa, io vado”.
E’ eccitata e agitata all’idea. Ha giusto il tempo di chiudere gli ultimi lavori appesi in ufficio e poi accosta tutto, da la sua benedizione alle carte e le affida al loro destino.
Per un attimo quando la sua ginecologa ha sentenziato il giorno da cui sarebbe partito il certificato, Bussola ha avuto un singulto di smarrimento.
Per un attimo quando la sua ginecologa ha sentenziato il giorno da cui sarebbe partito il certificato, Bussola ha avuto un singulto di smarrimento.
Quel certificato per quanto lo avesse procrastinato, nonostante le raccomandazioni della ginecologa che l’avrebbe messa in aspettativa da Pasqua, ora lo aveva agognato. Si era resa conto che era arrivato il momento X, quello giusto, quello per mettersi al riparo da stress, mezzi pubblici, caldo e lunghi percorsi con un pancione che ormai fa provincia autonoma.
Nonostante quel certificato lo avesse questa volta chiesto lei alla dottoressa, adesso sentire che era arrivato definitivamente il momento un po’ le aveva lasciato un senso di inquietudine. Non c’era più tempo di indecisioni, di ripensamenti, temporeggiamenti. Il dado era tratto.
Come quando sei al quinto liceo e non vedi l’ora di finire quel ciclo di vita per correre libero all’università, lontano dalla tua famiglia, dai tuoi luoghi di infanzia, correre a grosse falcate verso la tua vita, ma poi quando arriva maggio e quindi il momento di preparare gli esami senti un senso di malinconia piazzarsi sul groppone per tutto ciò che lasci.
Bussola davanti alla dottoressa si è sentita così: in balia dei suoi stessi desideri da cui è difficile discernere gioie e timori.
Bussola sa che nessuno è mai morto per esser stata distante qualche mese dal proprio lavoro. Le sue carte, non sentiranno la sua mancanza e né lei di loro. Su questo Bussola non ha dubbi.
Ad ogni modo, perderà parte della sua quotidianità: le chiacchiere con le sue amiche davanti alla macchinetta del caffè, i pettegolezzi con i colleghi, le piccole fughe dall’ufficio per una pausa pranzo un po’ speciale, una piccola deviazione dopo il lavoro a qualche negozio in pieno centro Roma. Di questo, in fondo in fondo sa che ne sentirà la mancanza. Nemmeno poi tanto in fondo.
Ad ogni modo, perderà parte della sua quotidianità: le chiacchiere con le sue amiche davanti alla macchinetta del caffè, i pettegolezzi con i colleghi, le piccole fughe dall’ufficio per una pausa pranzo un po’ speciale, una piccola deviazione dopo il lavoro a qualche negozio in pieno centro Roma. Di questo, in fondo in fondo sa che ne sentirà la mancanza. Nemmeno poi tanto in fondo.
giovedì 23 maggio 2013
la Roma da Bene e quella Ripulita
Bussola
e Fab lo scorso week-end sono andati al derby dell'Ippodromo Le Capannelle .
Sono
andati ognuno per un motivo diverso. Bussola da piccola aveva un sogno
nel cassetto: possedere un cavallo e correre in groppa al suo destriero con i
capelli lunghi al vento, anche se lei da piccola i capelli ce li aveva corti.
Fab invece c’è andato perché suo nonno materno era possidente di una scuderia, ma lui non ha avuto mai la possibilità di vederla perché col tempo si rivelò un affare troppo oneroso da molti punti di vista e il nonno decise di vendersela. Fab campa con il rimorso di non aver mai visto la scuderia del nonno.
Pì, l’amica
di Bussola, aveva avvisato la sottoscritta “Venite anche voi. E’ divertente. Ma
non tanto per lo spettacolo dei cavalli, per la gente che frequenta e assiste
il Derby. C’è la Roma da bene e c’è la Roma ripulita!”.
E Bussola è andata.
C’era
veramente la Roma da bene. C’erano i ricchi, quelli che profumano di soldi
anche se loro non se ne rendono conto. Sono industriali nonostante spesso si
sia industriato qualcun altro al posto loro. Vestono in polo e mocassini, e le
griffe le portano con classe. Sembrano sempre appena calati dallo yacht, o da
un campo da golf con un colorito vagamente abbronzato.
Hanno
l’attico ai Parioli e la filippina per fare la spesa. Il figlio parla inglese,
anche se poi è stato allattato dal seno della lupa.
E c’era
la Roma ripulita. Quella che veste
chiassosa, che usa tacchi a spillo e vestiti folleggianti. Quella che non sta
comoda sui tacchi ma che comunque sorride alla folla e ancheggiando si immerge
nella moltitudine trascinando in una borsa il proprio chihuahua, anche se infondo odia i cani. Quella che poi a fine
spettacolo si infila in una macchina utilitaria, lancia i tacchi liberando i
piedi gonfi e fila via verso la sua borgata a veder la partita della Roma con
il vicinato.
Ma
c’era anche dell’altro. C’erano gli inglesi, quelli autentici, che parlano
inglese autentico, quello della regina. E allora capisci che gli inglesi hanno
tanto la fissa del cavallo che poi ti sbucano a sorpresa anche all’ippodromo “Le
Capannelle”.
C’erano i
poveracci che si spendono la pensione in puntate, nelle corse dei cavalli.
Quelli che non hanno più lacrime per piangere, ma che una puntata su un
purosangue vale sempre la pena. Perché alla fine si vive una volta sola.
C’erano le
famiglie, quelle normali, perché se c’è la Roma da Bene e quella Ripulita è
giusto che ci sia pure quella consueta.
Perché gli strani non sarebbero strani se non ci fossero i normali, e quindi la
colpa è forse solo dei normali, se gli strani
sono strani.
C’erano
gli acrobati, perché anche l’occhio vuole la sua parte.
E infine c’erano
le scuderie che si giocano i milioni. E se il fantino fa una cazzata, tipo che
si fa scappare il cavallo da sotto il sedere, beh allora sì che parte il sangue
al cervello a tutti. E son dolori!
Ah! Quasi
dimenticavo. C’erano pure i cavalli.
lunedì 20 maggio 2013
Fa strano
Non sono
ancora completamente abituata alla mia pancia che da qualche settimane, ha
decretato il suo trattato di autonomia. E’ come se un giorno mentre sei in
bagno a lavarti i denti la bocca ti si
serrasse e autonomamente iniziasse a sputare sullo spazzolino, o se i piedi anziché
infilarsi in un paio di stivali ai piedi del letto, si direzionassero verso i
sandali in una normale giornata di pioggia. Farebbe strano.
Non è
normale, insomma.
Sentire la
mia pancia che mentre sono a letto, intorno a mezzanotte, a cercare di prender
sonno, inizia ad animarsi di nuova vita, tarantata in preda ad un ritmo
concitato mi lascia a dir poco allibita. E’ successo la notte scorsa. Dopo non
molto che mi ero coricata, il mio ventre ha iniziato ad emetter suoni strani, a far
spuntar strani bozzi, a scuotersi e contorcersi in maniera vorticosa. Se all’inizio
ti fa sorridere, poi dopo i primi due minuti ti ritrovi a pensare “oddio sarà
normale questa cosa? Pare più una scena di Alien”
Allo stesso
modo se all’inizio trovi simpatico che quando sei sdraiato su un lato, come per
trent’anni sei stata abituata a dormire, ti arriva un calcetto delizioso che ti
incita a riacquistare la posizione supina perché più consona al suo regale
sonno, quando una notte qualsiasi nel dormiveglia ti giri casualmente su un
lato e hai come l’impressione che un gatto ti sia sgusciato da sotto una
costola ti ritrovi in men che non si dica in piedi al letto in pigiama con le
lenzuola addosso ad urlare
“oddio cos’eraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa?????”
E tuo marito
con gli occhi sgranati più atterrito di te
“aiutooooooo
cos’era cosa?????? Doveee?????”
Tutto ciò fa
strano.
Fa strano
anche quando sei in bagno concentrata sul wc e senti il tuo bambino nella tua
pancia che si muove e si agita proprio in direzione della tua vescica.
“Ma dove
vuole andare?” ti ritrovi a pensare “Lo capirà che non è lui che deve uscire?
Che può star calmo che ancora ce ne vuole”
A tutto
questo ancora mi sto abituando. E se alle volte fa strano, ma molto strano, allo
stesso modo, altre volte, mentre sono in
metro in mezzo a tanti sconosciuti alienati e assonnati almeno quanto me, sentire
un pugnetto o un calcetto che mi fa sussultare il cuore, e mi ricorda che per
almeno quattro mesi ancora in qualsiasi posto andrò non sarò mai sola, a volte fa
veramente molto figo!”.
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