mercoledì 17 luglio 2013

Piccoli padri crescono

Ricordo il giorno in cui scoprii di essere in attesa. Una parte di me lo sapeva che quel ritardo non era casuale, quei doloretti che avvertivo la sera potevano esser dovuti all’attecchimento dell’ovulo e non ad altro, quel mal di schiena con il ciclo non mi era mai venuto. L’altra parte di me, aveva paura, paura che la prima parte avesse preso un abbaglio, paura che se il test avesse dato un risultato negativo tutto sarebbe finito in una bolla d’acqua stagnante. Questa seconda parte avrebbe fatto finta di niente, avrebbe evitato lo scontro con il test, continuato a vivere in quello stato di maternità mentale, quantunque fosse stata una menzogna, avrebbe preferito quella bella menzogna ad una brutta realtà.

Nonostante ciò dopo quindici giorni ho fatto il test divisa tra le due metà. Al risultato delle doppie stanghette la prima metà ha esultato danzando il tango sopra la tazza del vater e gridando al mondo “cazzo, io lo sapevo che avevo ragione” la seconda  è rimasta attonita davanti a quel test disteso sul lavandino ed ha pianto per l’emozione senza proferire parola.

Fab quando ha visto il test è rimasto frastornato, contento certamente ma un po’ frastornato. Ha alzato il telefono è ha chiamato tutti i suoi famigliari. Ha dato l’annuncio, compiendo il suo compito istituzionale, da neo papà in via di sviluppo. Probabilmente ha avuto la percezione palpabile che stesse per diventare padre dall’entusiasmo che trapelava dalla voce dei suoi parenti, che si alternava al telefono con un sottofondo di chiacchiericcio e risate.

La telefonata con mia madre dall’altra parte dello stivale è stata invece  dirompente come una cascata in piena,  piangevo io a Roma, e piangeva lei a Lecce, acqua in ogni dove. Io la percezione della maternità l’avevo già maturata molto prima del test, la doppia stanghetta era stata solo la conferma che avevo ragione.

La prima visita dalla ginecologa fu l’ennesima conferma. Non eravamo più solo io e Fab e un test a credere che io fossi incinta ma un medico esperto nel settore. Lo stesso medico che qualche mese prima mi aveva detto “io non ti mollo” quando ero andata in visita da lei alcuni mesi prima dicendole che avevamo difficoltà ad avere bambini. Era stata di parola, lei non mi aveva mollato, e sempre lei ora mi annunciava che senza dubbio io ero in attesa. I valori delle beta erano promettenti e l’ecografia confermava l’avvenuto concepimento e il giusto attecchimento dell’ovulo.

Ricordo che davanti alla segretaria al momento del pagare eravamo così emozionati che sparpagliammo per terra tutti i fogli che ci aveva appena dato la dottoressa. La ricetta degli integratori da prendere, l’elenco dei successivi appuntamenti, le indicazioni per gli ulteriori test di sangue ed urine da fare nei giorni successivi si erano sparsi  nell’anticamera, scivolando dalle nostre mani tremanti, e generando il sorriso collettivo e un moto di tenerezza. La segretaria ci ricorda ancora per quell’avvenimento.

I mesi sono passati, e da quel giorno tra ansie, gioie, speranze siamo diventati tutti e due più consapevoli. La consapevolezza è maturata però in maniera diversa in entrambi per fisiologiche ragioni. Io giorno dopo giorno, ho vissuto il miracolo della vita che stava crescendo in me, Fab probabilmente allo stesso percorso c’è arrivato con un certo ritardo.

Non dico che nei primi mesi avesse rimosso l’idea di diventare padre, perché ovviamente non era così, però probabilmente era molto focalizzato sul suo nuovo ruolo paterno in un senso più pratico che mentale. Si preparava a diventar padre accompagnandomi puntuale ad ogni visita, decidendo l’organizzazione dell’armadio per il nuovo arrivato, pianificando la disposizione della culla prima e dell’armadio dopo, facendo costruire un nuovo ripostiglio, elencando i mobili nuovi  che avremmo dovuto comprare e quelli che riuscivamo ad ereditare. Nicolò c’era nella sua mente però più che altro come concetto riflesso in termini di ciò che Nicolò avrebbe portato nelle nostre vite.

Ora però Fab è diverso. Fab è diventato padre veramente quando suo figlio gli ha assestato un bel calcio sul palmo poggiato sul mio pancione. Gli uomini sono molto più fisici di noi donne: mentre io sentivo mio figlio ancor prima di percepirne i movimenti, Fab aveva bisogno del suo contatto per quanto filtrato dalla mia pancia.

Col tempo Fab ha impiegato sempre più tempo a interagire con suo figlio. Si è innamorato di lui, calcio dopo calcio, sussulto dopo sussulto. Ha iniziato anche lui a bussare sul mio ventre per richiamare l’attenzione del piccoletto, lo ha chiamato per nome facendo pervenire il suono della suo voce in quel grande acquario di liquido amniotico in cui il figlio si trova. Si è reso conto che quindici giorni sono interminabili se tua moglie sta al mare con la famiglia e tu a Roma a lavorare privato del suo bel pancione con cui dialogare in un modo del tutto personale sul divano prima di andare a letto.

Fab in quei quindici giorni mi ha chiesto con indefessa costanza foto del mio pancione, continui aggiornamenti della sua crescita, notizie sulle acrobazie di suo figlio. Gli sono arrivate foto del pancione al mare, pancione che legge, pancione che sta sdraiato a prendere il sole, pancione che si specchia prima di cambiarsi e altrettanti video.

Ora pancione è tornato a Roma e padre e figlio si sono riuniti.
Fab è tornato a parlare con il suo pancione
“Ti chiedo una sola cosa a papà, non nascere ora che non sono ancora pronto, aspetta Settembre che mi organizzo. E soprattutto non nascere ad Agosto, quando io non ci sono, perché se tu nasci e io non ci sono, il giorno dopo mi butto dal terrazzino”




PS: Ho avuto un problema con un virus, alcuni commenti dei post precedenti sono andati persi per errore nella lotta contro il crimine. A costo di reinserirli di mio pugno ad uno ad uno presto saranno nuovamente sul blog. Nessun virus può mettere Bussola in un angolo! Annuncio vobis che il virus è stato debellato.

21 commenti:

  1. Ti mancano dieci settimane..tu pensa che io .partori a come sei adesso tu di settimane 29+6 ... Settembre un bellissimo nase,sono nata io..poiché Nicolò sarà sensibile,creativo,generoso,curioso,testardo,semplice,affettuoso...e cosa dei nati a Sett..Il virus..uno spray:-))) notte panciona bella.

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  2. Quindi anche tu non ti vedi più i piedi quando stai in piedi! ;)

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    1. Diciamo che oltre a seno e pancia riesco a vedere poco.... In compenso se i piedi continuano a gonfiarsi mi sa tanto che fra poco quelli fanno di nuovo capoccetta

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  3. Che tenero questo post.

    Un abbraccio forte cara

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  4. Ma che bello questo post e che bello il tuo pancione!!!

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  5. Anche un padre sa essere dolce... Complimenti: bellissimo pancione!

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  6. mi hai commosso...avanti cosìììììììììììì

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  7. Eh sì, noi papà ci mettiamo un po' di più a realizzare la cosa. Pensa che a me ancora non sembra vero! Grazie per la considerazione che dai anche a noi, grazie a te ho scoperto il blog di Emmanuele, un altro papà blogger in gamba.

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    1. I papà blogger mi stanno simpatici assai..,. Faccio il tifo per voi ragassuoli ..... Siete la risposta dei tempi moderni

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  8. e' si i papa' hanno bisogno di contatto questo e' vero.
    bello il tuo racconto, un po' assomiglia al mio, solo che a me e' capitato cosi' senza nemmeno provarci, non so se mi sono spiegata.
    ..:)

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  9. che meraviglia... per i papà quando vedono e toccano è ancora di più che per noi, quando glielo metteranno tra le braccia si scioglierà!

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    1. ne sono convinta anche io..... è abbastanza liquefatto ora figuriamoci allora

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  10. Mille felicitazioni, davvero. Un figlio è la completezza di qualunque cosa. Spero di averlo anch'io un giorno :)

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  11. Ciao e piacere di conoscerti sono mamma di due gemelle oramai 5 anni ad Ottobre come passa il tempo. Piacere di averti conosciuto.

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