Sono figlia di un’insegnante di
scuola elementare ed ho sempre ritenuto di enorme importanza nella formazione
della personalità di un individuo i rapporti interpersonali con i propri simili.
Appena è nato Nicolò non ho avuto dubbi sull’idea di mandare il pargolo all’asilo.
Ero ancora donna panzuta, ormai agli sgoccioli con il conto alla rovescia e
ammazzavo le giornate girando per asili, informandomi, facendo domande al corpo
docente, per capire quale sarebbe stato l’asilo a cui avrei iscritto il
marmocchio di casa.
Ne ho visitati tanti fino a
scegliere quello che mi dava particolare fiducia, sotto una serie di fattori:
motivazioni dell’insegnanti, cura degli ambienti, attenzione alle attività,
flessibilità d’orario.
Avevo fatto un conto sommario che
tra aspettativa a cui avevo diritto per la nascita del figlio e giorni di ferie
non consumati, avrei ripreso a lavorare nuovamente ad inizi del mese di Marzo,
ben 5 mesi e mezzo dal giorno del mio parto. Indicai subito la data approssimativa
al direttore dell’asilo e ci accordammo di sentirci successivamente quando i
tempi sarebbero stati più maturi.
Il 19 Settembre è nato Nicolò, e
la mia vita è cambiata. Da una madre nell’immaginazione, nei miei sogni, nella mia
aspettativa sono diventata una madre nella realtà. Quel mucchietto di ossa e
pelle morbidosa ha iniziato a fagocitare ogni minimo istante della mia
esistenza. Sono entrata in un turbinio di emozioni forti dove la gioia si
alternava con lo sconforto, la tenerezza con la frustrazione di non saper fare
abbastanza. Poi giorno dopo giorno, con calma e costanza, ho iniziato a trovare
la chiave di lettura, ad imparare ad interpretare le sue necessità, i suoi
bisogni, ad abituarlo a venire incontro anche lui alle mie. Giorno dopo giorno,
diventavamo una madre e un figlio, che riuscivano a comunicare tra di noi, a
capirci, anche se a volte alla bene e meglio, non al primo tentativo, ma alla
fine si raggiungeva sempre l’intesa.
Con l’arrivo del Natale, ritornava
in auge anche il discorso dell’asilo. Se prima dell’importanza di questo non avevo dubbi, con l’approssimarsi del nostro
distacco mi sono emerse tutta una serie di perplessità e di reticenze.
In quei primi mesi di contatto
continuo, giorno e notte, minuto e secondo, avevo a fatica guadagnato un
rapporto di sintonia con mio figlio ed avevo soprattutto capito che un bambino
così piccolo, non è negoziabile. Con un bimbo così piccolo è difficile scendere
a trattative, se lui vuole mangiare e io volevo andare in bagno, di sicuro entro breve mi ritrovavo a dargli da
mangiare a gambe incrociate. In caso contrario, le urla provenienti da casa sarebbero
state in grado di rompere le vetrate agli abitanti del piano terra e del
seminterrato oltre a quelle dell’intera palazzina. Crescendo un bimbo impara a
trattare a darsi pazienza, ma i primi mesi no, è lui che comanda e lo farà
capire presto. Un bimbo così non si parcheggia su un letto, nemmeno per pochi
minuti, perché lui ha bisogno di attenzioni e ne ha bisogno in maniera
costante.
All’asilo in mia assenza
sarebbero riusciti a dargli tutte quelle attenzioni che lui meritava? Con tanti
bambini è possibile che il mio non si sarebbe trovato parcheggiato in un angolo
su un qualche materassino? Cinque mesi non erano forse troppo pochi per esser staccato
da una persona così presente come la madre?
Erano interrogativi a cui non
sapevo dar risposta e che mi hanno logorato per diverse settimane. Ho ripreso
nuovamente in considerazione la baby-sitter, la nonna sitter e altro, non mi
sono data pace.
Poi alla fine mi son detta, che
niente è per sempre, non lo sono spesso i matrimoni, figuriamoci gli asili,
potevo sempre tentare e se la cosa non mi convinceva abbastanza, avevo tutto il
tempo per escogitare un piano B.
Il primo suo giorno di asilo è
stato più emozionante per me che per lui. A differenza di tutte le reticenze
che avevo avuto in precedenza a quella data, il mattino del suo ingresso a
scuola, mi sono alzata, emozionata e felice. Lui affamato come tutti gli altri
giorni.
Abbiamo fatto entrambi colazione,
e poi tutti cambiati e profumati ci siamo diretti verso questa nuova esperienza.
Il primo giorno doveva esser solo di presentazione del bambino, e delle sue
principali abitudini alimentari, e di comportamento; niente più.
Mi sono ritrovata su un tappetino
a gambe incrociate davanti ad un’insegnante che prendeva appunti sul tipo di
frutta che poteva mangiare, il tipo di carne, le verdure, il latte materno, su
come dormiva, quanto e a che ora, sulla sua indole e la sua tabella di
abitudini ordinarie.
Nicolò sdraiato davanti a noi
osservava quel nuovo mondo. Osservava i bimbi che camminavano e a volte
inciampavano nei loro primi passi imprecisi, osservava le palle di gomma che
rotolavano sul pavimento, le altalene che oscillavano sospese dal soffitto, le
scarpe delle maestre che issavano ora un bimbo per il cambio ora aiutavano ad
alzarne un altro che gattonava.
- - Mamma per me è concluso, potete andare via – mi ha
detto la maestra una volta compilato l’intero modulo. - Possiamo cominciare da
domani a provare il distacco.
Ho guardato Nicolò. Era completamente
immerso con lo sguardo in quel suo nuovo mondo. Ammaliato da tutti quei colori,
quelle forme, quei suoni. Era attento, concentrato nello studio. Non me la
sentivo di allontanarlo da quelle sue prime scoperte.
La maestra deve avermi letto nel
pensiero, perché ha aggiunto
- - A meno che non vogliamo fare una prova già da
subito.
Ho accettato.
Dopo venti minuti, come da
accordi sono andata a riprenderlo, senza pianti, senza paura, né da parte mia né
sua.
Ormai è passata poco più di una
settimana da quel primo giorno di scuola. Nicolò si ambienta ogni giorno di
più, senza traumi o esitazioni. Lo trovo una volta sull’altalena, una volta in
braccio ad una maestra, una volta in fascia ad un’altra, una volta su un
tappetino che studia cubotti di gomma.
Io provo una forte emozione ogni
volta che lo lascio, e una forte emozione ogni volta che vado a riprenderlo.
Lui una forte voglia di tetta.
Cresciamo entrambi giorno dopo
giorno.
Sono contenta della scelta fatta,
perché ogni volta che lo lascio vedo in lui un bimbo ogni giorno più grande,
vedo in lui la promessa dell’uomo che sarà.