Ricordo il giorno in cui scoprii di essere in attesa. Una
parte di me lo sapeva che quel ritardo non era casuale, quei doloretti che
avvertivo la sera potevano esser dovuti all’attecchimento dell’ovulo e non ad
altro, quel mal di schiena con il ciclo non mi era mai venuto. L’altra parte di
me, aveva paura, paura che la prima parte avesse preso un abbaglio, paura che
se il test avesse dato un risultato negativo tutto sarebbe finito in una bolla
d’acqua stagnante. Questa seconda parte avrebbe fatto finta di niente, avrebbe
evitato lo scontro con il test, continuato a vivere in quello stato di
maternità mentale, quantunque fosse stata una menzogna, avrebbe preferito
quella bella menzogna ad una brutta realtà.
Nonostante ciò dopo quindici giorni ho fatto il test divisa
tra le due metà. Al risultato delle doppie stanghette la prima metà ha esultato
danzando il tango sopra la tazza del vater e gridando al mondo “cazzo, io lo
sapevo che avevo ragione” la seconda è
rimasta attonita davanti a quel test disteso sul lavandino ed ha pianto per
l’emozione senza proferire parola.
Fab quando ha visto il test è rimasto frastornato, contento
certamente ma un po’ frastornato. Ha alzato il telefono è ha chiamato tutti i
suoi famigliari. Ha dato l’annuncio, compiendo il suo compito istituzionale, da
neo papà in via di sviluppo. Probabilmente ha avuto la percezione palpabile che
stesse per diventare padre dall’entusiasmo che trapelava dalla voce dei suoi
parenti, che si alternava al telefono con un sottofondo di chiacchiericcio e risate.
La telefonata con mia madre dall’altra parte dello stivale è
stata invece dirompente come una cascata
in piena, piangevo io a Roma, e piangeva
lei a Lecce, acqua in ogni dove. Io la percezione della maternità l’avevo già
maturata molto prima del test, la doppia stanghetta era stata solo la conferma
che avevo ragione.
La prima visita dalla ginecologa fu l’ennesima conferma. Non
eravamo più solo io e Fab e un test a credere che io fossi incinta ma un medico
esperto nel settore. Lo stesso medico che qualche mese prima mi aveva detto “io
non ti mollo” quando ero andata in visita da lei alcuni mesi prima
dicendole che avevamo difficoltà ad avere bambini. Era stata di parola, lei non
mi aveva mollato, e sempre lei ora mi annunciava che senza dubbio io ero in
attesa. I valori delle beta erano promettenti e l’ecografia confermava
l’avvenuto concepimento e il giusto attecchimento dell’ovulo.
Ricordo che davanti alla segretaria al momento del pagare eravamo
così emozionati che sparpagliammo per terra tutti i fogli che ci aveva appena
dato la dottoressa. La ricetta degli integratori da prendere, l’elenco dei
successivi appuntamenti, le indicazioni per gli ulteriori test di sangue ed
urine da fare nei giorni successivi si erano sparsi nell’anticamera, scivolando dalle nostre mani
tremanti, e generando il sorriso collettivo e un moto di tenerezza. La
segretaria ci ricorda ancora per quell’avvenimento.
I mesi sono passati, e da quel giorno tra ansie, gioie,
speranze siamo diventati tutti e due più consapevoli. La consapevolezza è
maturata però in maniera diversa in entrambi per fisiologiche ragioni. Io
giorno dopo giorno, ho vissuto il miracolo della vita che stava crescendo in
me, Fab probabilmente allo stesso percorso c’è arrivato con un certo ritardo.
Non dico che nei primi mesi avesse rimosso l’idea di
diventare padre, perché ovviamente non era così, però probabilmente era molto
focalizzato sul suo nuovo ruolo paterno in un senso più pratico che mentale. Si
preparava a diventar padre accompagnandomi puntuale ad ogni visita, decidendo
l’organizzazione dell’armadio per il nuovo arrivato, pianificando la
disposizione della culla prima e dell’armadio dopo, facendo costruire un nuovo
ripostiglio, elencando i mobili nuovi
che avremmo dovuto comprare e quelli che riuscivamo ad ereditare. Nicolò
c’era nella sua mente però più che altro come concetto riflesso in termini di
ciò che Nicolò avrebbe portato nelle nostre vite.
Ora però Fab è diverso. Fab è diventato padre veramente
quando suo figlio gli ha assestato un bel calcio sul palmo poggiato sul mio
pancione. Gli uomini sono molto più fisici di noi donne: mentre io sentivo mio
figlio ancor prima di percepirne i movimenti, Fab aveva bisogno del suo
contatto per quanto filtrato dalla mia pancia.
Col tempo Fab ha impiegato sempre più tempo a interagire con
suo figlio. Si è innamorato di lui, calcio dopo calcio, sussulto dopo sussulto.
Ha iniziato anche lui a bussare sul mio ventre per richiamare l’attenzione del
piccoletto, lo ha chiamato per nome facendo pervenire il suono della suo voce
in quel grande acquario di liquido amniotico in cui il figlio si trova. Si è
reso conto che quindici giorni sono interminabili se tua moglie sta al mare con
la famiglia e tu a Roma a lavorare privato del suo bel pancione con cui dialogare
in un modo del tutto personale sul divano prima di andare a letto.
Fab in quei quindici giorni mi ha chiesto con indefessa
costanza foto del mio pancione, continui aggiornamenti della sua crescita,
notizie sulle acrobazie di suo figlio. Gli sono arrivate foto del pancione al
mare, pancione che legge, pancione che sta sdraiato a prendere il sole,
pancione che si specchia prima di cambiarsi e altrettanti video.
Ora pancione è tornato a Roma e padre e figlio si sono
riuniti.
Fab è tornato a parlare con il suo pancione
“Ti chiedo una sola cosa a papà, non nascere ora che non sono
ancora pronto, aspetta Settembre che mi organizzo. E soprattutto non nascere ad
Agosto, quando io non ci sono, perché se tu nasci e io non ci sono, il giorno
dopo mi butto dal terrazzino”
PS: Ho avuto un problema con un virus, alcuni commenti dei post precedenti sono andati persi per errore nella lotta contro il crimine. A costo di reinserirli di mio pugno ad uno ad uno presto saranno nuovamente sul blog. Nessun virus può mettere Bussola in un angolo! Annuncio vobis che il virus è stato debellato.
Ti mancano dieci settimane..tu pensa che io .partori a come sei adesso tu di settimane 29+6 ... Settembre un bellissimo nase,sono nata io..poiché Nicolò sarà sensibile,creativo,generoso,curioso,testardo,semplice,affettuoso...e cosa dei nati a Sett..Il virus..uno spray:-))) notte panciona bella.
RispondiEliminaTi lovvo
RispondiEliminaQuindi anche tu non ti vedi più i piedi quando stai in piedi! ;)
RispondiEliminaDiciamo che oltre a seno e pancia riesco a vedere poco.... In compenso se i piedi continuano a gonfiarsi mi sa tanto che fra poco quelli fanno di nuovo capoccetta
EliminaChe tenero questo post.
RispondiEliminaUn abbraccio forte cara
Che teneri!
RispondiEliminasono delle bellissime emozioni...
RispondiEliminaauguroni
lia
Thanks <3
EliminaMa che bello questo post e che bello il tuo pancione!!!
RispondiEliminaAnche un padre sa essere dolce... Complimenti: bellissimo pancione!
RispondiEliminaChi lo avrebbe mai detto :P
EliminaDooolci tenerooooniiii <3
RispondiEliminami hai commosso...avanti cosìììììììììììì
RispondiEliminaEh sì, noi papà ci mettiamo un po' di più a realizzare la cosa. Pensa che a me ancora non sembra vero! Grazie per la considerazione che dai anche a noi, grazie a te ho scoperto il blog di Emmanuele, un altro papà blogger in gamba.
RispondiEliminaI papà blogger mi stanno simpatici assai..,. Faccio il tifo per voi ragassuoli ..... Siete la risposta dei tempi moderni
Eliminae' si i papa' hanno bisogno di contatto questo e' vero.
RispondiEliminabello il tuo racconto, un po' assomiglia al mio, solo che a me e' capitato cosi' senza nemmeno provarci, non so se mi sono spiegata.
..:)
che meraviglia... per i papà quando vedono e toccano è ancora di più che per noi, quando glielo metteranno tra le braccia si scioglierà!
RispondiEliminane sono convinta anche io..... è abbastanza liquefatto ora figuriamoci allora
EliminaMille felicitazioni, davvero. Un figlio è la completezza di qualunque cosa. Spero di averlo anch'io un giorno :)
RispondiEliminanon ho dubbi che sarà così :)
EliminaCiao e piacere di conoscerti sono mamma di due gemelle oramai 5 anni ad Ottobre come passa il tempo. Piacere di averti conosciuto.
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