Se avevate pensato che in questi giorni fossi stata occupata
in un lettino d’ospedale a gridare come un falco per far uscire un bimbo
altrettanto strepitante tra la tensione del personale ospedaliero e gli
svenimenti di un padre…. sappiate…. Che …eh già…io sono ancora qua…. Come canta
Vasco!
Cioè per un attimo come al solito
ci avevamo creduto anche noi, ma dato il titolo del precedente post questo non
fa testo. Ci avevano creduto anche i nostri parenti, i nostri amici, i nostri
vicini, il mondo intero, ma invece nulla, l’unico a cui non c’ha mai creduto è
Nicolò.
Sono passati due giorni alla dpp,
ma noi si sta qui, come bambole matrioske, sereni in attesa degli eventi. Il
giorno della dpp la ginecologa mi ha attuato la manovra dello scollamento delle
membrane.
Lo scollamento delle membrane
appartiene alla categorie delle manovre che permettono di accelerare o indurre
il travaglio e consiste nello scollare in modo meccanico le membrane
amniocoriali dalla superficie interna del collo dell'utero. È una pratica
che viene messa in atto dal ginecologo o dall’ostetrica per sollecitare
l’inizio del travaglio o per accelerarlo nel caso in cui proceda troppo
lentamente.
Nel mio caso però probabilmente è
stata fatta un po’ troppo presto. La dottoressa probabilmente ha pensato di
precorrere i tempi per via del peso del bambino, dando quindi un’accelerata a
quella grande macchina che faticava a mettersi in moto. Il mio organismo però non
era ancora pronto per il parto, e quindi ho avuto una serie di contrazioni durante
la notte che mi hanno portato in ospedale, ma che sfortunatamente sono state
fini a se stesse, non riuscendo quindi a dare origine al travaglio.
Il processo dovrebbe comunque ad
ogni modo essersi accelerato.
Nicolò manda a dire, che lui non
cede così facilmente, si oppone a qualsiasi manovra di chi intende mettergli
fretta.
Vince lui come al solito, perché a
quanto pare, è lui che comanda in quei quartieri. E’ lui il boss!
Oggi è ritornata la calma. Sono
passati i dolori, sono passate le contrazioni, il mio utero è ritornato sereno.
L’ultimo monitoraggio era lo
specchio della tranquillità. Se avessi fatto un’ecografia, sarebbe comparsa l’immagine
di mio figlio che si fuma una sigaretta, seduto su un muretto con i piedi a
penzoloni oscillanti nel vuoto.
L’utero ad ogni modo inizia ad
aprirsi e ad accorciarsi.
Spero che mio figlio si stia godendo
quindi la sua ultima sigaretta, prima di dare un ultimo sguardo al panorama e
poi saltar giù da quel muretto per venir fuori.
Se quel salto lo facesse di
notte, si renderebbe conto che in cielo ora sta per splendere una bellissima
luna piena, ed è quindi un bellissimo momento per farsi una passeggiata.
Io intanto aspetto che si aprano
le danze. Mi sento pronta, vestita con calze e tutù, un body rosa, le scarpe con
le punte in gesso e i capelli raccolti a chignon. Sono pronta, perfetta e
compenetrata, ma seduta sola sulla panchina degli spogliatoi della palestra.
Spero che prima o poi qualcuno apra quella porta e venga a chiamarmi per dirmi
che finalmente è arrivato il mio turno, è ora di dare inizio alle danze.