Una delle cose che mi è rimasta impressa della mia infanzia
è l’idea che il pane a tavola abbia un’accezione sacra. “Il pane non si butta”
diceva mia madre, a cui faceva eco mia nonna “il pane è degli angeli”, quando
noi bambine sedevamo a pranzo e ci trastullavamo facendo palline con la mollica
di pane.
Ho imparato così che il pane anche se avanza non si butta ma
può esser mangiato nei giorni successivi con delle ricette ad hoc per il pane
raffermo, può esser tostato e trasformato in pan grattato o infine può esser
dato alle galline o ai conigli che di sicuro non si faranno cruccio della “stagionatura”.
Proprio per questa areola di sacralità che nel mio immaginario il pane comporta, anche ora che sono lontana da conigli e galline, continuo a provare un certo mistero ogni volta che il pane è sulla mia tavola, soprattutto se è nato dalle mie mani.
L’unica difficoltà della ricetta
del pane senza impasto era reperire una pentola in ghisa, che al momento non
avevo e non sapevo come procurarmi. In realtà, ho trovato poi la pentola senza
grande difficoltà ad un negozio di casalinghi ben fornito. La mia pentola è
simile a queste.
Ingredienti
1 kg di farina 0 (io ho usato quella
artigianale comprata da un mulino, ma suppongo che con la farina comprata al
supermercato sia la stessa cosa)
600 g di acqua tiepida
1 panetto di lievito di birra
fresco
20 g di sale
4 cucchiai di olio extravergine
di oliva
1 cucchiaio di malto
Ricetta
La parte iniziale è simile a
quella di qualsiasi impasto per pane o pizza. Mescolare farina, lievito sciolto
in acqua e sale in un recipiente capiente. Aggiungere eventualmente farina o
acqua qualora l’impasto risultasse troppo denso o al contrario troppo acquoso.
Aggiungere quindi l’olio e il malto e mescolare ulteriormente.
La ricetta originaria a questo
punto richiederebbe di chiudere il recipiente con un coperchio e di metterlo in
frigorifero. Io non avendo un contenitore abbastanza grande dotato di
coperchio, ho rimediato coprendo la coppa in cui avevo riposto l’impasto a
lievitare con fogli cellophane. L’impasto viene lasciato lievitare in
frigorifero per venti ore. Ho quindi atteso una notte e finito la ricetta il
giorno dopo.
Trascorso il tempo di
lievitazione, bisogna trasferire l’impasto lievitato su una superficie di
lavoro infarinata, e dividerlo in due porzioni, in modo da formare due panetti.
Prendere una delle due metà dell’impasto e stenderla con le mani a formare un
quadrato. Applicare delle pieghe a portafoglio, prima in un verso e poi nell’altro.
La piega a portafoglio consiste nel tirare e piegare il lato destro del
rettangolo verso il centro, per poi sovrapporgli il lato sinistro come
indicato nello schema.
Prendere quindi il rettangolo
ottenuto dalle prime pieghe, ruotarlo di 90 gradi e procedere un’altra volta
come indicato nello schema.
Ovviamente l’operazione va ripetuta
per entrambi i panetti.
Terminata quindi l’operazione delle
pieghe bisogna prendere con una certa delicatezza i due panetti e chiuderli
ciascuno in un fazzoletto di stoffa ben pulito, facendo attenzione che la parte
della pagnotta con le pieghe sia rivolta verso la superficie del tavolo, e
quindi verso il basso. Io ho chiuso gli
strofinacci con uno spago, per evitare
che le pagnotte con la seconda lievitazione cedessero verso l’esterno perdendo
quindi in altezza.
Lasciare quindi lievitare per un’ora.
Riscaldare il forno al massimo un
quarto d’ora prima di infornare. Lasciare
la pentola nel forno in modo che anche questa arrivi a temperatura. Prendere quindi il panetto lievitato e
sistemarlo nella pentola, facendo in modo che questa volta le pieghe siano
rivolte verso l’alto. Cuocere a 250° per venticinque minuti. Passato tale tempo
cuocere per un ulteriore quarto d’ora a coperchio aperto.
Vi assicuro che il risultato è da
leccarsi i baffi.