Ariecchime, anzi ariecchice….
Avevo progettato di aggiornare il blog anche in ospedale
subito dopo il parto, per darvi l’annuncio quasi in tempo reale. Avevo il
computer piccolino pronto, la chiavetta per internet, il cellulare per le foto,
insomma spiritualmente ero pronta.
Non avevo però calcolato che spiritualmente
pronta non significa necessariamente anche fisicamente.
Subito dopo il parto e nei giorni successivi mi sono
ritrovata stremata dal travaglio, sfiancata dai dolori e tutta presa da questo
pargoletto di tre chili e mezzo, che l’idea di aggiornare il blog è finita in
fondo alla lista delle mie priorità del momento.
A undici giorni di distanza
mentre Nicolò dorme nella sua culla, trovo il tempo di accendere il computer e
continuare a scrivere questo mio diario virtuale. Chissà magari un giorno,
Nicolò avrà piacere di sapere la storia della sua nascita, e magari quel giorno
non lo ricorderò così bene come adesso.
Il mio travaglio è stato travagliato, quindi se
sei in attesa, o progetti una gravidanza ti consiglio di non andare avanti nel
testo ma di goderti direttamente le foto.
Quando ero in attesa ero così eccitata dall’idea di avere un
pargolo nell’imminente futuro che il bimbo non era ancora nato e già pensavo ad
una successiva gravidanza da pianificare
entro breve termine. Col senno del poi, capito cos’è il parto, ho subito
placato i bollenti spiriti. “Che fretta c’è?!” è diventato ora il mio mantra.
Ma veniamo a noi. Il mio parto.
Premetto che, se sei in attesa, o progetti una gravidanza, e
persisti nell’idea di leggere, sappi comunque che ogni parto è diverso. A me ha
detto particolare sfiga, ma tu senza dubbio potresti esser più fortunata. Quindi dopo la lettura non interrompere la tua gravidanza, perchè gira voce che c'è gente che ha partorito anche in due ore, con travagli velocissimi e pochissime spinte.
Il mio travaglio è stato infinito, 20 ore. La prima
contrazione è apparsa alle due di notte del giorno18 settembre. Dopo un’oretta
di contrazioni sono andata in ospedale, ma lì mi hanno rispedito allegramente a casa perché il parto non era partito, non
era presente nessuna dilatazione, né tantomeno vi era un accenno di qualcosa di
preparatorio. Tristemente tornata a casa, mi sono sparata un’intera notte di
contrazioni da sola sotto gli occhi di mia madre e di Fab che prendevano il
tempo tra l’una e l’altra. All’ospedale ci avevano detto infatti di tornare
quando avrei avuto una contrazione ogni tre minuti, o tre in dieci minuti.
Alle otto del mattino ero nuovamente là, davanti alla porta
dell’ospedale, pronto soccorso ginecologico, isterica e nevrotica in preda alle
contrazioni che ormai non mi davano più tregua.
Quel giorno fortuna ha voluto che fosse di turno la mia
ginecologa. Alla visita ginecologica si è visto che avevo una dilatazione di 4 cm:
mi ero guadagnata il mio ricovero all’ospedale, il mio lettino con le lenzuola
sterilizzate. A Fab è stata offerta la sua seggiolina accanto al mio letto.
Appena sono comparse le due ostetriche dalla porta della mia
stanza ho chiesto che mi venisse fatta l’epidurale. La mattinata è continuata così,
con dolori meno lancinanti, il rumore del battito cardiaco del bambino
monitorato continuamente e le mie contrazioni che si palesavano attraverso un
foglio lungo e sottile sputato fuori da una macchina collegata alla mia pancia.
Erano le due del pomeriggio e la mia dilatazione era
aumentata di poco, nonostante le contrazioni divenissero sempre più forti e definite. Le ostetriche non sapendo che fare decisero di farmi un catetere. La vescica risultava stracolma, ma io non ne avevo
percezione assopita un po’ dall’epidurale. Lo svuotamento della vescica portò miracolosamente ad una dilatazione da 4 a 7 in un frangente di secondo.
A saperlo che sarebbe bastato così poco!
Da una dilatazione 7 a una dilatazione 10 ci sono arrivata a
suon di ossitocina, vedendo le stelle quando si perdeva l’effetto dell’epidurale.
Il battito cardiaco del bambino ogni tanto si perdeva
durante il travaglio, questo faceva supporre che ci fossero dei giri di cordone
ombelicale intorno al collo. Ho ancora nelle orecchie il suono della macchina
che controllava i battiti, e la mia ansia quando durante alcune contrazioni
cessava di suonare.
Nel tardo pomeriggio ero finalmente a dilatazione completa.
Era arrivato il momento di spingere!
Ho iniziato a spingere ma con scarsi risultati. Ero arrivata
alle spinte completamente scarica di energia. Erano 20 ore che non dormivo, non
mangiavo, ero solo in balia delle contrazioni.
Le ostetriche dolcissime, mi spiegarono pazientemente cosa
dovevo fare, ma io nonostante mi ci mettessi di impegno, riuscivo a spostare il
bambino solo di pochissimo.
Dopo un paio di ore di tentativi si capì che ci doveva
esser un problema. Bisognava prender una decisione, e questa decisione non
spettava né a me né alle ostetriche.
La mia ginecologa e un collega di turno decisero quindi che
le possibili evoluzioni erano due: o la manovra di Kristeller o la ventosa. Dal
momento che il bambino si era già incanalato, non poteva esser più fatto il
cesareo. Tra le due opzioni praticabili scelsero la prima.
Non sapevo in cosa consistesse questa manovra ma mi andava
bene qualsiasi cosa portasse a nascere entro breve tempo il bimbo, ormai anche
gli arresti del battito cardiaco iniziavano a diventare preoccupanti.
Ho scoperto poi, che sta benedetta manovra consisteva nell’esercitare
una pressione con il braccio o la mano a livello del fondo dell utero da parte dei ginecologi. Il medico afferra il lettino ospedaliero e così può
esercitare questa pressione in sincronia con la contrazione uterina della
partoriente.
Durante la manovra penso di aver raggiunto il paradiso ed
esser precipitata fino all’inferno, per ben due volte, quante le volte che mi è
stata applicata, ma il bimbo è schizzato fuori come un proiettile.
Una volta fuori si è capito quale era il problema: il bimbo
si era incanalato con un braccino davanti al viso e si era andato ad incastrare
dentro..
Io sono stata ricucita e medicata in urgenza. Avevo perso molto sangue.
Nicolò è stato controllato e messo per precauzione una notte in incubatrice.
Già dal giorno successivo iniziava ad ogni modo la nostra ripresa.
Io avevo dei dolori a livello dei punti ma sentivo che andava giorno dopo
giorno sempre meglio.
Nicolò veniva sottoposto a tutta una serie di
accertamenti e controlli, uscendone sempre vincente, un bimbo sano e nella
norma.
Con qualche giorno di ritardo per via dei controlli a cui
lui è stato sottoposto, siamo usciti anche noi dall’ospedale.
Ora pian piano
iniziamo a conoscerci…Lui impara ad essere un cucciolo che vive nel mondo, e io mi arrabbatta nel mio ruolo di madre che si prende cura del suo cucciolo. Ci mettiamo di impegno, a volte ci capiamo, a volte un pò meno. Nel frattempo sono passati undici giorni dal parto, e tutto il resto già appartiene al passato.
PS: Mi sono sconquassata per farlo nascere, ma Nicolò è un bimbo bellissimo, forse è un angioletto a cui mi sono aggrappata quando in preda ai dolori passavo da paradiso ad inferno, vorticando sulla terra.