domenica 27 ottobre 2013

Alla ricerca di nuovi equilibri

Io e Fab abbiamo due caratteri generalmente molto assecondanti. Difficilmente andiamo in collisione con le persone che ci circondano, a meno che ovviamente non pensiamo di aver subito un torto o teniamo particolarmente a far sapere la nostra opinione in merito a chi ci è di fronte.

Se difficilmente andiamo alla ricerca dello scontro con i nostri amici, colleghi o parenti, ancora di meno lo cerchiamo con noi stessi. In quattro anni che ci conosciamo, io e Fab abbiamo litigato poche volte, e nella maggior parte delle volte lo  abbiamo fatto per lo più per colpa di terzi.

Ci siamo conosciuti ormai da adulti, e forse anche per questo abbiamo affrontato tutto il percorso che ci ha portato fino al nostro matrimonio in maniera consapevole e serena. Abbiamo vacillato poche volte nell’organizzazione di tutta la nostra vita insieme, solo qualche broncio, qualche momento di scazzo, qualche silenzio e vuoto nella stanza, che però nel giro di poche ore si andava a riempire di nuovi spazi, di nuovi confronti.

Da quando è nato Nicolò però qualcosa è cambiato. Il nostro equilibrio è andato in frantumi, come acqua lanciata contro una scogliera. In questo mese abbiamo raggiunto un numero di discussioni che supera ogni peggior presagio. Non ci eravamo abituati, non ci ero abituata.

Forse le notti il cui sonno è un po’ a singhiozzo, forse lo stress per un nuovo esserino di 56 cm tutto da interpretare senza istruzioni all’uso, forse lo strascico della convalescenza per un parto complicato, la tensione di amici e parenti che si contendono il nuovo arrivato, o forse tutto questo insieme ha fatto esplodere il rapporto tra me e Fab. A volte basta un nulla, un niente, un sospiro dell’altro, e nasce una tensione, un rimprovero, un’insofferenza.

In quattro anni è stata la prima volta che ho sentito il terreno scivolare sotto i piedi di noi come coppia. Né io né lui abbiamo mai pensato che il matrimonio potesse arrivare all’epilogo, e ancora di meno che Nicolò in qualche modo ne potesse essere responsabile, però di sicuro abbiamo entrambi percepito che qualcosa stesse cambiando.


-          Perché sei in silenzio?
-           Non lo so, sono stanca. Ho solo voglia di andare a letto.

Mi sono quindi rannicchiata sotto le lenzuola.

Un vagito di bimbo ha riempito quel silenzio. Siamo rimasti in attesa per vedere se iniziasse a piangere, ma a quanto pare anche il bimbo era stanco, e si è aggiunto anche lui alla quiete della camera.

-          Secondo te ci stiamo allontanando?
      Ho detto io andando dritta al sodo.
-           Sicuramente litighiamo di più.

Ha risposto anche  lui senza grossi preamboli, aggiungendo poi

-           Tu pensi che ci stiamo allontanando? Tu ti senti più lontana? Ti senti che ti sei allontanata?
-         No non mi sento che mi sono allontanata. Mi sto chiedendo se lo siamo noi come coppia.
-        Io no non lo penso. Mi rendo conto che il numero delle discussioni tra noi è aumentato, ma penso che sia l’anticamera per trovare un nuovo equilibrio, per passare da noi come coppia a noi come famiglia, con quel salsicciotto che dorme lì nella culla.


Ci sono stati altri fiumi di parole tra noi, ieri notte, ma forse ieri per la prima volta io e Fab siamo andati a letto più leggeri, consapevoli che era solo questione di tempo, il tempo necessario per trovare l’assetto per un nuovo equilibrio, il tempo per crescere, per evolvere.


mercoledì 23 ottobre 2013

Bimbi a portar via (con noi)

Ho sempre ammirato quelle persone che non venivano scoraggiate dalla presenza dei bambini per  fare viaggi, cene con amici, aperitivi e quant’altro. Mi sono quindi ripromessa che una volta che sarei stata mamma, avrei cercato di coinvolgere per quanto fosse possibile, un mio figlio nella vita sociale.

La maternità sicuramente porta ad un mutamento epocale nella vita di una persona, questo è inutile negarlo, però a mio avviso con un po’ di spirito di adattamento e di elasticità mentale è possibile non rinunciare proprio a tutto della propria vecchia vita, e prendere il meglio della nuova. Certo non posso aspettarmi di andare al cinema senza esser presa a “popcornate” dai vicini per i vagiti di Nicolò durante la proiezione del film, però sicuramente posso organizzare cene con amici in casa, fuori casa e piccole gite fuori porta. Lo scorso week-end, ad esempio siamo andati ad una sagra delle castagne, e una nuova gita fuori porta è prevista anche per il prossimo week-end.

Per mia esperienza Nicolò è più facile da gestire fuori casa che in casa: in macchina si fa certe dormite che a vederlo sembra abbia passato un pomeriggio a zappare la terra, stessa cosa quando lo portiamo in giro in carrozzina, o nella fascia. Finché le ottobrate romane ce lo consentono pensiamo quindi di approfittare di questo tiepido sole, per far respirare un po’ di aria fresca al cucciolo.

Fondamentalmente quando si esce con il bambino di pochissimi mesi (noi abbiamo appena svettato la cima del primo mese), le problematiche di maggior impatto sono il cambio pannolino e la poppata. Allattando il bimbo ho la fortuna di non dover portare in giro biberon, acqua, latte in polvere e quant’altro, ma basta aprire poco poco la maglietta e il reggiseno ed ho subito una boccuccia pronta ad afferrare questo capezzolo volante. Prima che Nicolò nascesse, ho sempre pensato che mai e poi mai sarei riuscita ad allattare il bimbo in pubblico, per un pudore che mi è proprio. Io ad esempio, non ho mai fatto la doccia in palestra per evitare di esser completamente nuda davanti ad estranei, ma ho sempre preferito lavarmi una volta rientrata a casa. Bene, la gravidanza ti fa cadere veramente ogni freno inibitore, se Nicolò ha fame io ormai sguinzaglio la “tetta” e via il gioco è fatto. Al massimo mi copro con un foulard traforato all’uncinetto, ma a volte per velocità mi dimentico di farlo.

Per quanto riguarda i cambi pannolini, ormai ho il cambio più veloce del west. Ho acquisito una tale velocità mio malgrado nei vari controlli ed esami che ha dovuto fare Nicolò una volta dimesso dall’ospedale. Il bimbo essendo un cuor di leone come i genitori, ogni volta che incrociava un medico e che veniva spogliato per esser sottoposto a prelievo, esame cardiologico o altro, immancabilmente battezzava il lettino del dottore, i suoi indumenti parzialmente sfilati e ogni cosa che si trovava a tiro, della sua “santa” pipì. Ho imparato quindi che se giri con il bambino, due tre cambi sono il minimo sindacabile per ritornare illesi a casa.


Molti cambi mi sono ritrovata a farli in macchina nel sedile posteriore. Ormai la macchina è il nostro secondo fasciatoio.

Per la nascita di Nicolò ricevetti da una nostra amica di famiglia Ada Daversa, a cui sono molto legata anche perchè si occupò della mia  "vestizione"  il giorno del matrimonio, un fasciatoio da viaggio fatto da lei. Pur navigando molto su internet non ero mai incappata in qualcosa del genere e pertanto il regalo fu una vera sorpresa. Ho scoperto con il tempo che il fasciatoio da viaggio è qualcosa che che ti salva la vita in diverse occasioni, e ti permette di trasformare il sedile di una macchina, un tavolo della nonna, un qualsiasi piano disponibile in un comodo e igienico fasciatoio.

Il nostro fasciatoio da viaggio è molto pratico anche perché chiuso occupa veramente poco spazio, e può essere facilmente infilato nella borsa del bimbo insieme a pannetti, salviette e cambi.


Ma basta togliere l’elastico e srotolarlo per avere un piano igienico per il cambio pannolino. Io lo trovo oltre che molto funzionale, anche molto bello.


Avendo Nicolò un rischio di pipì a fontanella molto elevato durante i cambi, che  rischia di rifarti ricominciare tutto da capo, generalmente per salvaguardare il fasciatoio da viaggio aggiungo un telo per cambi. Se ne trovano in commercio di diverse marche.


Il fasciatoio è quindi pronto, non resta che aggiungere la “simpatica canaglia” con il suo pannolino tutto bagnato.


Vi assicuro che se si è in giro, un tappetino del genere è la salvezza.
 Ho fatto le foto per comodità in casa, ma in realtà in casa siamo coperti da un fasciatoio alla classica maniera, ma il nostro fasciatoio da viaggio ci ha accompagnato con le nostre pipì e le nostre cacche che elargiamo al mondo con grande generosità,  non solo davanti a medici e dottori ma anche oramai in varie scorribande in ogni dove.
Ho deciso di condividere l’idea nel blog, pur non avendo un vero e proprio tutorial non essendo una mia creazione, perché è veramente una di quelle cose semplici che ti cambia la vita. Penso che se si ha un pò di padronanza con la macchina da cucire, o una cara amica come me ;) la realizzazione è abbastanza semplice.

Vi lascio infine la foto di un “cattivissimo” Nicolò con un cappellino fatto da mia sorella, pronto per andare appunto IN LUNGO E LARGO.


giovedì 17 ottobre 2013

Asilo e fascia porta-bebè

Se solo ci penso che mio figlio nemmeno era nato e già io e Fab giravamo per asili nidi, un po’ mi vien male. Praticamente stavamo scegliendo un posto dove parcheggiarlo prima ancora di averlo tra le braccia. Purtroppo però la situazione degli asili a Roma è veramente molto complessa da vari punti di vista: economici, affollamento, affidabilità etc, come penso poche altre città in Italia. Avevamo deciso quindi, per questo motivo, di muoverci con largo anticipo proprio per aver la possibilità di iscrivere il bambino a quello che a nostro avviso, sembrava migliore da vari punti di vista.

Io non sono la Hunziker che dopo tre giorni ritorna al posto di lavoro, ma sta baracca bisogna pur mandarla avanti, e quindi finita la maternità, finite le ferie, è inutile dire che bisogna pensare di ritornare sulle proprie scrivanie a guadagnare la pagnotta.

La scelta del nido, non è stata per noi una scelta obbligata ma desiderata. Pur avendo una nonna, a disposizione nei limiti del possibile, io e Fab siamo convinti che la socializzazione con altri bambini non possa che arricchire la personalità di Nicolò.  Un bimbo in grado di interagire con altri suoi coetanei senza timidezza o paura, sarà sicuramente un adulto più forte e consapevole, ecco perché abbiamo deciso di spingere il bimbo fuori dal contesto ovattato della famiglia da subito. Inoltre diciamocelo, il bimbo è di chi lo fa, non è giusto nemmeno darlo in affidamento ai nonni che ormai si trovano a fare i genitori più dei genitori stessi.
C'è da aggiungere anche che io sono figlia di insegnante nella scuola pubblica per questo credo nelle istituzioni e sono fermamente convinta nei vantaggi dei rapporti bambino –bambino paritetici.

Dopo tanta ricerca valutando esperienza corpo educatori, pulizia dei locali, attenzione nella pianificazione delle attività e tanto altro abbiamo scento il nostro asilo l'Emilio

Nicolò  varcherà la porta dell’Emilio, intorno a Marzo, un tempo abbastanza lontano per essere spupacchiato a dovere da mamma e papà senza limiti di tempo.

Qualche giorno fa ritornammo all'asilo per presentare "l'erede", ormai nato, ai suoi educatori per rinnovare le nostre intenzioni sulla scelta del nido. Ci fermammo a parlare con Giordanala responsabile della sezione nido, del più e del meno, in merito al carattere del bimbo. Quando le raccontammo che  Nicolò è un bambino dal carattere pacifico di facile gestione, ma che ogni tanto fa fatica a prender sonno, lei ci ha consigliato di fare un tentativo con la fascia porta bebè.


Detto fatto, il giorno dopo ero in un negozio di indumenti bio a comprare la nostra fascia porta bebè.
Sono pochi giorni che la uso, ma già ne sono innamorata. Nicolò non mi ha fatto pentire dei soldi spesi, ha dimostrato da subito un gran piacere nell’accovacciarsi al suo interno.

La fascia porta bebè è una svolta per piccole uscite al supermercato, al parco o nella qualsivoglia, in quanto sono ora libera dall’ingombrante carrozzina, e dal suo monta, smonta, blocca le ruote, sblocca le ruote, sali la carrozzina per gli scalini, attento al marciapiede etc.

Nicolò si fa delle gran penniche al suo interno, e quando sveglio ama affacciarsi, per vedere il mondo esterno “dal suo oblò”.

Trovo, inoltre, molto comodo, come accennatomi da Germana, usare la fascia porta bebè anche a casa in quei momenti in cui Nicolò fa i capriccetti preludio  del sonno e di stanchezza del bambino, ma in cui anziché abbandonarsi ad un sano riposino lui combatte stoicamente la chiusura delle palpebre. In momenti del genere, ho notato che se messo nella fascia lui si rilassa e si accoccola, riuscendo finalmente a prender sonno.

Ad ogni modo, quando noto che il bimbo è riuscito ad addormentarsi preferisco comunque scioglier la fascia e metter il bimbo nella sua culletta, perché penso che la postura sdraiata sia da preferire per lui a quella rannicchiata. Mi godo invece il mio koala a me abbarbicato serenamente nelle lunghe passeggiate all’aperto.

Appena sarà poco più grande sperimenterò il mei tai, cucitomi da mia suocera sotto mia esplicita richiesta durante i mesi di gravidanza. Ho fatto già una prova, ma ancora è presto, il bimbo mi si sprofondava all’interno. Non vedo comunque l’ora di fare il tentativo di trasporto bambino anche alla nipponica maniera.




domenica 13 ottobre 2013

Prime settimane

Pensavo fosse più semplice prendersi cura di un cucciolo di 4 chili e 100 per 55 cm di altezza; invece mi sbagliavo.  Questi gnometti sono un concentrato di energia implosa sempre pronti ad esplodere in pianti e urla strazianti al primo soffio di aria. Nicolò è di per sé un bimbo buono, poco impegnativo che di suo ci mette poco per mandare in frantumi la tranquillità di casa. Generalmente Nicolò è quindi di facile gestione, nonostante ciò se gli capitano le giornate no, “levate proprio”, diventa uno shuttle schizzato in cielo a tutta velocità senza comandi.    

Questi cuccioli sanno fare poche cose oltre a dormire, mangiare, fare pipì, cacca e sporcare pannolini in quantità industriale…. A si sanno anche piangere. Nicolò piange se ha fame, piange se ha sonno, piange se deve fare la cacca, piange se ha aria nello stomaco, piange se ha il pistolino all’aria (tutti hanno le proprie debolezze, quella del pistolino scoperto  è la sua). Non è facile quindi interpretare il singolo pianto a quale dei messaggi che lui intende mandare, corrisponda. Si va quindi per esclusioni, inizi a provarle tutte fino a quando per la legge dei grandi numeri, becchi l’azione giusta a cui corrisponde una sua reazione giusta, quella di acquetarsi. Ovviamente prima di fare la cosa giusta ne hai provate altre tremila che erano sbagliate, e che lo hanno fatto indispettire ulteriormente, provocando un aumento in decibel del tono del suo pianto. Durante le sue crisi di pianto cerchi quindi di correre alla velocità della luce, sperando di riuscire a placarlo, prima che l’inquilino del piano di sotto venga a suonarti alla porta facendoti presente che i rumori molesti non sono graditi alle quattro del mattino.

Insomma in questo mese di Ottobre le mie giornate passano così, tra pianti furibondi in cui  Nicolò sembra un riposseduto, cambi di pannolini che  incrementano la spazzatura di Roma facendo aumentare il rischio che la città diventi una seconda Napoli, e bagnetti al cardiopalma che temi sempre che il bambino ti sgusci via e vada a finire tra le braccia di quella del primo piano.
Dicono che siano così solo i primi mesi,e me lo auguro, perché sarebbe carino uscire da questo empasse di pipì cacca e nanna per fare qualcosa di un po’ più esaltante.


In  compenso comunque ci sono momenti in cui il tuo riposseduto, ti fa sciogliere di tenerezza e gli perdoni le cacche, le pipì, le levatacce, le puzze, le tutine zuppe di pipì pronte da lavare. Nicolò ad esempio mi sconquassa di dolcezza quando lo avvicino alla mia guancia e con quella sua boccuccia mi “sbavazza” tutta come fossi un gelato libidinoso, quando incrocia gli occhi per mettermi a fuoco e nel momento in cui finalmente ci riesce mi stampa un sorriso luminoso che gli riempie il viso, o quando stira e flette le gambine come se avesse le coliche e allora io lo prendo in braccio per calmarlo e lui si acqueta ranicchiandosi nell’incavo tra collo e braccia, facendomi seriamente sospettare che quella delle coliche era solo una scusa per stare vicini vicini.



domenica 6 ottobre 2013

9 mesi aspettando Nicolò

Durante la gravidanza ho avuto la fortuna di avere un ecografista che ad ogni visita mi rilasciava un CD con le diverse registrazioni di ogni controllo. Nei primi mesi ho visto e rivisto quelle registrazioni fino a logorarle, perché era l’unico modo che avevo per vedere il mio bambino e sapere che tutto stesse procedendo per il meglio. Alla fine della gravidanza poi i movimenti che percepivo nel pancione avevano un effetto rilassante più efficace di qualsiasi ecografia.

Non ho mai condiviso i video per una punta di scaramanzia. Ad ogni modo ogni volta che li visionavo mi ripromettevo che alla nascita di Nicolò avrei rielaborato i diversi spezzoni per avere un piccolo sunto dei miei nove mesi da donna panzuta fino alla nascita del bimbo.


Sono stata di parola. Ecco il video. Enjoy it.

PS: vi consiglio di accender le casse perchè senza l'accompagnamento musicale perde molto



giovedì 3 ottobre 2013

Carola scrive

Conobbi Carola a Milano, un incontro si potrebbe dire al buio. Avevo vinto una borsa di studio per un master in scienze regolatorie farmaceutiche e dovevo organizzare un mio trasferimento dalla capitale alla città della moda entro poco tempo.
La scuola fece circolare indirizzi e-mail e numeri di telefoni dei vincitori del bando tra li stessi per chiunque volesse contattare  o conoscere i colleghi prima dell’inizio delle lezioni. In quei giorni chiamai e venni contattata da diverse persone della scuola, tra le varie chiamate ricevetti anche quella di Carola e Federica. Con loro nacque subito un buon feeling ed avendo bisogno tutte  di un appoggio su Milano, decidemmo di cercare insieme un appartamento con cui condividere spese e locali.
Da quel giorno sono passati tanti giorni, che messi insieme formano otto anni. In otto anni abbiamo effettuati due traslochi,  completato il master, iniziato un lavoro prima come precarie e poi come stabili, siamo partite per tanti viaggi,  abbiamo festeggiato i nostri tre matrimoni, brindato a  quattro nascite, ci siamo emozionate un’infinità di volte e tanto altro ci aspetta da fare. Senza ombra di dubbio Carola e Federica nell’elenco delle amicizie calcano il podio.

L’ultima nascita che ha fatto vibrare i cuori è stata quella di Nicolò. Carola scrive per lui quanto di seguito riportato. Avrei voluto pubblicare il testo direttamente dall’ospedale in modo che fosse lei a darvi l’annuncio, ma poi gli eventi sono stati un po’ più burrascosi del previsto. Non è mai troppo tardi però  ed ecco a voi il post scritto da Carola per Nicolò

PS: Sono sempre stata convinta che dovrebbe aprire un blog. Giudicate voi.


Qualche tempo fa, la mia amica Bussolina mi chiese se avessi piacere a scrivere qualcosa sul suo blog. Risposi di si e fui molto lusingata da questa richiesta, ricevuta da una blogger che maneggia il mezzo scrittura con una disinvoltura e una padronanza che io non posso che ammirare. Ma poi, vuoi per la scarsità di tempo e di argomenti (“di cosa parlo? Di me? Dei miei bambini? Dell’amicizia? Nuuuu…a chi vuoi che interessi !”), vuoi per la solita sciatteria che mi contraddistingue, non ho tenuto fede al mio impegno.
Ora pero’ sono qui, spinta dal desiderio forte, incoercibile e prepotente, a cui davvero sento di non potermi sottrarre, di condividere una gioia, un’emozione, un’esperienza senza eguali. Anzi, La gioia, L’emozione, L’esperienza senza eguali: quella di diventare mamma. 
Ieri sera, Bussola, la mia Bussola, la stessa ragazza che ha convissuto con me e Federica a Milano, che è cresciuta e ritrovata donna insieme a noi, è diventata mamma. Alle 19.50 del 19 settembre (a proposito: a Fabri’, giocate il 9 e il 19 sulla ruota di Napoli!), è nato Nicolò, uno stupendo batuffolino di amore e grazia che ha già rivoluzionato le vite di mamma e papà. 
Non so spiegare quanto questa nascita, vissuta  momento per momento al telefono, mi abbia commossa ed emozionata. Nicolò è un bambino fortemente voluto, cercato, amato sin da quando non era che una striscetta rosa su un test di gravidanza e poi, più avanti, un puntino, un girino, un capoccione, e, infine, qualcosa di molto simile ad un bambino. Ma di tutto ciò, e molto altro ancora, vi ha già detto e vi dirà Bussola, in quel suo modo dolce e ironico al tempo stesso e, ora, reso ancora più efficace dal cuore di mamma. Di certo non posso aggiungere nulla alla magia e alla poesia palpabili dei suoi post su questi bellissimi 9 mesi trascorsi incastrati l’uno nell’altro. Io sono stata spettatrice di questa gravidanza e, insieme all’inseparabile Federica, ho fatto il tifo per questo bimbetto che cresceva e, tra uno scherzetto e l’altro, diventava una presenza sempre più tangibile in un pancione tondo e fiero. E ora che è nato, ora che Nicolò è un bimbo tutto da baciare e annusare e accarezzare, voglio rivolgermi direttamente a lui, perché capisca subito come stanno le cose a questo mondo:




Caro Nicolò, 

sei nato soltanto da poche ore e immagino tu sia ancora un po’ disorientato da questi visi che ti si agitano davanti e dai suoni così diversi dalla pace ovattata a cui eri abituato. 
Caro Nicolò, sappi che io sono l’ennesima scocciatrice, un’altra che non vede l’ora di conoscerti di persona e di strapparti dalle braccia di mamma per sbaciucchiarti un po’. Però, non preoccuparti, ti lascerò in pace ancora per un po’. Aspetto che torni a casa per tormentarti. Ora goditi la tua mamma e il tuo papà. 
Sai che sei un bambino molto fortunato? Bussola è una mamma con i controfiocchi: saprà raccontarti tante storie bellissime, cucirti costumini da angelo bellissimi, costruirti giochi meravigliosi e arredarti stanzette da sogno. Ti condurrà per mano nella vita che ti attende, facendoti cogliere il bello che si cela in ogni cosa che c’è: un fiore, un pupazzo, un tramonto. Con lei, tutto sarà poesia. E poi ti ama immensamente, Nicolò, davvero:  come nessuno potrà mai. 
E si, anche il tuo papà non è male: è un tipo simpatico, ti farà divertire e ti scatterà foto stupende. T’insegnerà che la vita va presa con leggerezza e che la leggerezza è sinonimo di soavità, non di superficialità. E poi tifa Napoli, il che fa di lui un uomo da prendere ad esempio.

Hai visto, Nicolo’?Ti attende una vita bella e felice. Ciao, eh. Ci vediamo presto. 



Carola




martedì 1 ottobre 2013

Nicolò

Ariecchime, anzi ariecchice….

Avevo progettato di aggiornare il blog anche in ospedale subito dopo il parto, per darvi l’annuncio quasi in tempo reale. Avevo il computer piccolino pronto, la chiavetta per internet, il cellulare per le foto, insomma spiritualmente ero pronta.

Non avevo però calcolato che spiritualmente pronta non significa necessariamente anche fisicamente.

Subito dopo il parto e nei giorni successivi mi sono ritrovata stremata dal travaglio, sfiancata dai dolori e tutta presa da questo pargoletto di tre chili e mezzo, che l’idea di aggiornare il blog è finita in fondo alla lista delle mie priorità del momento.

A undici giorni di distanza mentre Nicolò dorme nella sua culla, trovo il tempo di accendere il computer e continuare a scrivere questo mio diario virtuale. Chissà magari un giorno, Nicolò avrà piacere di sapere la storia della sua nascita, e magari quel giorno non lo ricorderò così bene come adesso.

Il mio travaglio è stato travagliato, quindi se sei in attesa, o progetti una gravidanza ti consiglio di non andare avanti nel testo ma di goderti direttamente le foto.

Quando ero in attesa ero così eccitata dall’idea di avere un pargolo nell’imminente futuro che il bimbo non era ancora nato e già pensavo ad una  successiva gravidanza da pianificare entro breve termine. Col senno del poi, capito cos’è il parto, ho subito placato i bollenti spiriti. “Che fretta c’è?!” è diventato ora il mio mantra.

Ma veniamo a noi. Il mio parto.

Premetto che, se sei in attesa, o progetti una gravidanza, e persisti nell’idea di leggere, sappi comunque che ogni parto è diverso. A me ha detto particolare sfiga, ma tu senza dubbio potresti esser più fortunata. Quindi dopo la lettura non interrompere la tua gravidanza, perchè gira voce che c'è gente che ha partorito anche in due ore, con travagli velocissimi e pochissime spinte.

Il mio travaglio è stato infinito, 20 ore. La prima contrazione è apparsa alle due di notte del giorno18 settembre. Dopo un’oretta di contrazioni sono andata in ospedale, ma lì mi hanno rispedito allegramente  a casa perché il parto non era partito, non era presente nessuna dilatazione, né tantomeno vi era un accenno di qualcosa di preparatorio. Tristemente tornata a casa, mi sono sparata un’intera notte di contrazioni da sola sotto gli occhi di mia madre e di Fab che prendevano il tempo tra l’una e l’altra. All’ospedale ci avevano detto infatti di tornare quando avrei avuto una contrazione ogni tre minuti, o tre in dieci minuti.

Alle otto del mattino ero nuovamente là, davanti alla porta dell’ospedale, pronto soccorso ginecologico, isterica e nevrotica in preda alle contrazioni che ormai non mi davano più tregua.

Quel giorno fortuna ha voluto che fosse di turno la mia ginecologa. Alla visita ginecologica si è visto che avevo una dilatazione di 4 cm: mi ero guadagnata il mio ricovero all’ospedale, il mio lettino con le lenzuola sterilizzate. A Fab è stata offerta la sua seggiolina accanto al mio letto.

Appena sono comparse le due ostetriche dalla porta della mia stanza ho chiesto che mi venisse fatta l’epidurale. La mattinata è continuata così, con dolori meno lancinanti, il rumore del battito cardiaco del bambino monitorato continuamente e le mie contrazioni che si palesavano attraverso un foglio lungo e sottile sputato fuori da una macchina collegata alla mia pancia.

Erano le due del pomeriggio e la mia dilatazione era aumentata di poco, nonostante le contrazioni divenissero sempre più forti e definite. Le ostetriche non sapendo che fare decisero di farmi un catetere. La vescica risultava stracolma, ma io non ne avevo percezione assopita un po’ dall’epidurale. Lo svuotamento della vescica portò miracolosamente ad una dilatazione da 4 a 7 in un frangente di secondo. A saperlo che sarebbe bastato così poco!

Da una dilatazione 7 a una dilatazione 10 ci sono arrivata a suon di ossitocina, vedendo le stelle quando si perdeva l’effetto dell’epidurale.

Il battito cardiaco del bambino ogni tanto si perdeva durante il travaglio, questo faceva supporre che ci fossero dei giri di cordone ombelicale intorno al collo. Ho ancora nelle orecchie il suono della macchina che controllava i battiti, e la mia ansia quando durante alcune contrazioni cessava di suonare.

Nel tardo pomeriggio ero finalmente a dilatazione completa. Era arrivato il momento di spingere!

Ho iniziato a spingere ma con scarsi risultati. Ero arrivata alle spinte completamente scarica di energia. Erano 20 ore che non dormivo, non mangiavo, ero solo in balia delle contrazioni.

Le ostetriche dolcissime, mi spiegarono pazientemente cosa dovevo fare, ma io nonostante mi ci mettessi di impegno, riuscivo a spostare il bambino solo di pochissimo.

Dopo un paio di ore di tentativi si capì che ci doveva esser un problema. Bisognava prender una decisione, e questa decisione non spettava né a me né alle ostetriche.

La mia ginecologa e un collega di turno decisero quindi che le possibili evoluzioni erano due: o la manovra di Kristeller o la ventosa. Dal momento che il bambino si era già incanalato, non poteva esser più fatto il cesareo. Tra le due opzioni praticabili scelsero la prima.

Non sapevo in cosa consistesse questa manovra ma mi andava bene qualsiasi cosa portasse a nascere entro breve tempo il bimbo, ormai anche gli arresti del battito cardiaco iniziavano a diventare preoccupanti.

Ho scoperto poi, che sta benedetta manovra consisteva nell’esercitare una pressione con il braccio o la mano a livello del fondo dell utero da parte dei ginecologi. Il medico afferra il lettino ospedaliero e così può esercitare questa pressione in sincronia con la contrazione uterina della partoriente.

Durante la manovra penso di aver raggiunto il paradiso ed esser precipitata fino all’inferno, per ben due volte, quante le volte che mi è stata applicata, ma il bimbo è schizzato fuori come un proiettile.




Una volta fuori si è capito quale era il problema: il bimbo si era incanalato con un braccino davanti al viso e si era andato ad incastrare dentro..


Io sono stata ricucita e medicata in urgenza. Avevo perso molto sangue. Nicolò è stato controllato e messo per precauzione una notte in incubatrice.



Già dal giorno successivo iniziava ad ogni modo la nostra ripresa. Io avevo dei dolori a livello dei punti ma sentivo che andava giorno dopo giorno sempre meglio.

Nicolò veniva sottoposto a tutta una serie di accertamenti e controlli, uscendone sempre vincente, un bimbo sano e nella norma.


Con qualche giorno di ritardo per via dei controlli a cui lui è stato sottoposto, siamo usciti anche noi dall’ospedale. 

Ora pian piano iniziamo a conoscerci…Lui impara ad essere un cucciolo che vive nel mondo, e io mi arrabbatta nel mio ruolo di madre che si prende cura del suo cucciolo.  Ci mettiamo di impegno, a volte ci capiamo, a volte un pò meno. Nel frattempo sono passati undici giorni dal parto, e tutto il resto già appartiene al passato.

PS: Mi sono sconquassata per farlo nascere, ma Nicolò è un bimbo bellissimo, forse è un angioletto a cui mi sono aggrappata quando in preda ai dolori passavo da paradiso ad inferno, vorticando sulla terra.






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