giovedì 29 agosto 2013

Puoi dirgli qualcosa....

Qui il tempo passa lentamente. Ormai si fa il conto alla rovescia dei giorni che mancano, alla dpp sperando che sia un minimo indicativa della data effettiva del parto. Che poi è un po’ come fare il conto delle ricotte: Nicolò quando si sentirà pronto uscirà fuori, sbattendosene delle lune piene, dei conti della ginecologa, dell’altezza della mia pancia o di ogni altra corbelleria.

Io sto bene. Qui tutto tace. Nulla all’orizzonte che possa far pensare che Nicolò decida in qualche modo di fare un’improvvisata. La ginecologa dice che il bimbo è ancora alto. Considerando che io sono nata venti giorni dopo la data presunta parto, Nicolò sembra voler rispettare i primati di famiglia, e fare altrettanto. La dottoressa comunque mi ha confermato che al massimo si aspetterà il 26 Settembre, dopo di che il vitellozzo volente o nolente di lì trasloca.

Giorno due settembre ho la visita con l’ecografista, sapremo quindi a quanto è arrivato a pesare il nostro vitellozzo. Io sono a dieta ferrea, sotto ricatto stretto della ginecologa. Ho perso anche due chili dal rientro delle vacanze, e stringo le mascelle per mantenere il peso per il prossimo incontro, per farmi dare quella pacca sulla spalla di lavoro ben fatto dopo la cazziata dell’ultima visita. Durante le vacanze estive mi ero lasciata un po’ andare, addio dieta, addio restrizioni, libera di anima e di spirito, godevo come un fringuello del sole e del mare… e poi eccola là…etvoilà ….quella zoccola di bilancia ti sgama subito… e non ci pensa due minuti a fare la spia con chi di dovere. Risultato: una dieta a base solo di proteine e vitamine, i carboidrati esclusi in ogni loro forma. Addio persino la frutta!

Ieri mentre giravamo per gli ultimi acquisti per la valigia dell’ospedale, per poco non raggiungo l’orgasmo passando davanti ad una pizzeria al taglio.

“Manca poco, passerà” mi ha detto Fab, trascinandomi via, mentre io finivo di trastullare le mie papille olfattive in quell’apoteosi di goduria.

Vorrei fare qualche piccola gitarella prima del grande giorno, qualcosa per godermi questi ultimi giorni in due e mezzo, ma ancora non è ben chiaro cosa. Purtroppo soffro in quest’ultimo periodo di piedi gonfi, e uno in particolar modo quando cammino troppo si indolenzisce tanto, per cui inizio a zoppicare. Dovrei trovare quindi qualcosa di tranquillo da fare senza affaticarmi troppo.

Due giorni fa è stato il quinto compleanno di Leo, il nipote di Fab. Siamo quindi andati nella loro casa in affitto al mare verso Roma nord per un’ ultima boccata di Iodio della stagione. C’è chi dice che dall’ecografia Nicolò sembra fisicamente assomigliare a Leo, per quanto non è una somiglianza dalla mia parte, non mi dispiacerebbe, adoro Leo, è il classico bambino tirabaci.

E’ inutile dire che il mio pancione ha attirato la curiosità di grandi e di piccini. I più piccoli, quindi tutti i nipoti di Fab, ne erano praticamente ipnotizzati. Ho avuto per gran parte del tempo uno stuolo di occhietti neri e vispi che mi tempestavano di domande sulla posizione del cugino nella pancia, su cosa fa, su come ci sia finito lì, su quando esce, sul fatto se io sia costretta a mangiare solo cose non dure perché poi il cuginetto non avendo i denti e non saprebbe come masticarle e tanto altro.

E poi l’immancabile


-          "Zia per favore, puoi dire di fare un’altra capriola, perché si è appena fermato! Va bene anche se tira un calcio 











venerdì 23 agosto 2013

Le cazzate di quando non accendi il cervello

Il fatto che vado a raccontare è avvenuto un paio di anni fa, non ora per fortuna che sono in attesa, le cui implicazioni sarebbero potuto essere devastanti. Ma a pensarci bene nello stato di gravidanza la probabilità di trovarmi in una situazione analoga sarebbero state veramente remote.

Ho impiegato due anni a metabolizzare la minchiata fatta. Ma ora ne sono fuori! Lo posso raccontare. Faccio outing! J

Era agosto di due anni fa e io stavo al mare. Era la malefica settimana del ciclo, e non avevo nessuna voglia di rinunciare a un giorno di mare, visti i miei contati giorni di ferie.

Non sono mai stata una fanatica dell’assorbente interno, anzi ad esser sincera, riservo nello stesso delle silenti ostilità. Ho la infantile fobia che una volta inseritolo, camminando quel bischero si animi di vita propria e vada a salire su su lungo i miei appariti interni fino a far perder le proprie tracce e di quella beffarda coda di cotone che si porta dietro. Odio inoltre quella sensazione di “frisa sponzata” (espressione che solo un salentino può capire) che acquista dopo un bagno in mare un po’ troppo lungo o dopo che sia passato un po’ troppo tempo da quando è stato inserito.

Bisogna ad ogni modo riconoscere al suppostone cotonato che se sei al mare, e sei nella tua settimana no, lui è l’unico in grado di svoltarti la giornata.

Quella settimana di due anni fa era appunto la mia settimana no, ed io volevo andare a mare. Non avevo quindi altra alternativa che guardare in faccia l’assorbente interno, e rivolgermi ai suoi servigi.
Dopo le prime perplessità, metti oggi e metti domani, alla fine non dico che io e l’assorbente interno eravamo diventati amici, ma almeno ci guardavamo con minore ostilità.

Le giornate passavano tranquille, io e Sorby (l’assorbente) sguazzavamo sincroni e serafici nel blu dipinto di blu del mare.

Al quinto giorno mi alzai con un fortissimo mal di testa. Se io ho il ciclo, è legge che  nella settimana della sfiga becco nel pacchetto anche il mal di testa, che in genere compare il primo giorno, ma può avvenire anche a fine ciclo, oppure ad inizio e fine, quando mi dice parecchia iella. Quella settimana mi comparve appunto a fine ciclo.

Se il ciclo non mi aveva fatto desistere dall’andare al mare, figuriamoci se mi facevo fermare dal mal di testa?! Senza pensarci due volte andai in bagno e presi un antidolorifico. Essendo un mal di testa particolarmente importante preferii prendere un medicinale non per bocca ma per supposta, che è una via che preferisco in situazioni estreme. Normalmente quando il mal di testa è molto forte, il rischio che poi il medicinale preso per bocca venga restituito dopo due nanosecondi al wc  è sempre molto elevato. Ok, ora la smetto con l’angolo splatter. Ad ogni modo è per quel motivo che avevo preferito un farmaco non per bocca.

E qui arriva il bello!

Io penso avessi il cervello annebbiato da mal di testa, a distanza di due anni non riesco a trovare altra spiegazione, fatto sta che a furia di indossare assorbenti interni in quella settimana, ero molto più abituata a quella via di ingresso, che a quella posteriore, inserii  quindi la supposta nel cancello sbagliato. Un po’ come quando hai abitato per dieci anni in una casa, e poi dopo un trasloco ti metti in macchina a fine lavoro, e imbocchi sovrappensiero la vecchia via di casa e non la nuova. Mi era capitato la stessa cosa, peccato io non avessi la retromarcia.

Ho impiegato una frazione di secondo per rendermi conto della minchiata che avevo appena fatto e della tragedia in cui mi stavo per imbattere.

“Bussola respira” ho pensato “Non farti prendere dal panico!”

Potevo cercare di tirarla fuori. Ma pensate si possa tirar via una supposta con tanta facilità, soprattutto quando fuori, è una mattina di agosto e ci sono 40 gradi all’ombra, e la supposta in pochi attimi diventa della consistenza di un frappè? La prima ipotesi era da scartare.

Potevo andare in ospedale. E chi trovava il coraggio di raccontare al dottore vis a vis la dinamica dell’accaduto? E poi finchè fossi arrivata all’ospedale cosa ne sarebbe rimasto di quella supposta?

Potevo pregare il Signore, anche se con buone probabilità aveva già visto tutto ed era al corrente della situazione e mi aveva trovata così idiota da non volermi dare una mano. A scanso di equivoci, pregai.

Decisi di riflettere su cosa mi poteva accadere se non avessi fatto nulla. Il dosaggio era quello giusto, quindi non rischiavo avvelenamenti. La via di somministrazione era differente, quindi poteva succedere che l’assorbimento del farmaco venisse rallentato o che non ci fosse proprio. Non avevo nessuna intenzione di perorare nell’errore, quindi quello che era accaduto sarebbe avvenuto una volta sola.

Mentre ero immersa in simili pensieri, sentivo una piacevole frescura del farmaco che si scioglieva, diradarsi da parti non proprio consone del mio corpo.

Alla fine decisi di aspettare gli eventi, strategia consona ai pusillanimi, ma avvisai comunque mia madre, di quello che avevo combinato, nel caso la cosa avesse preso una piega imprevista.

Dal fatto che io scriva capirete che non mi accadde nulla, anzi mi passò persino il mal di testa. Non saprei dire se il mal di testa sparì per il farmaco, per la paura della minchiata fatta, per la gioia di esser ancora viva, o per tutte e tre le cose insieme, ad ogni modo sparì.

Su questa storia mi son fatta grassissime risate con le mie colleghe. Solo dopo due anni.

Forse a pensarci bene sarei potuta andare in ospedale, magari una lavanda vaginale non mi avrebbe fatto male, se doveste capitare a voi magari siate meno pusillanimi.


Se doveste capitare a voi magari accendete il cervello prima di prendere un farmaco!

mercoledì 21 agosto 2013

C'è un tempo per tutto

C’è un tempo per tutto, un tempo per andare, uno per tornare, uno per partire e uno per restare. Questo per me è il tempo di partire. Le vacanze sono giunte al loro tramonto, e con loro anche una parte della mia vita. Mancherà poco e presto da coppia diventeremo famiglia, arricchiti da questa nuova nascita.

Sono contenta, agitata, trepidante. Ho voglia di conoscere Nicolò che ormai in questo pancione si è fatto un ometto. Non sento più i suoi calci, segno che per lui lo spazio si è fatto angusto, ma lo percepisco strusciare lungo le pareti, un braccino, una gambina, il culetto o chissà.

Ci sono momenti in cui vorrei che il tempo accelerasse, che il giorno in cui i nostri sguardi si incontreranno fosse già domani, e altri momenti in cui progetto piccoli spazi per me e Fab, dove poterci godere gli ultimi istanti di coppia. Ma tanto al tempo non si comanda, e sarà lui a decidere quando i giorni saranno maturi.



Non poteva esistere posto migliore per ritirarsi prima del grande evento se non casa, in prossimità di quel mare che mi ha visto bambina, poi adolescente e infine ora quasi madre.

La mia famiglia ha accolto questo mio ritorno all’ovile, di durata straordinaria dato il permesso lavorativo di maternità, con la magia del caso. Amici, parenti e conoscenti sono passati a salutarmi, a donarmi piccoli pensierini, a dirmi di tenere duro che mancava poco. Mi sono sentita un po’ Sant’Anna.

In spiaggia il mio pancione è stato calamita di chiacchiere e conoscenze. Un po’ come capita all’uomo con suo figlio a passaggio da solo in un parco… il rimorchio è assicurato. La donna con il pancione il rimorchio lo fa fuggire come la peste, ma ad ogni modo attira come non poche, domande e curiosità di altri soggetti femminili che poggiano lo sguardo sul suo mappamondo.

Non penso di aver mai parlato tanto in spiaggia come quest’anno, non penso di aver mai letto così poco come in questi giorni.



Io e Nicolò ad ogni modo non ci siamo scoraggiati, ci siamo sollazzati in questi giorni di notorietà improvvisa. Alcuni turisti hanno fatto persino una scommessa sul numero di bambini nel pancione, e noi dall’alto delle nostre rotondità abbiamo risposto
“uno che vale per due!” .

Avevamo fatto del nostro meglio per non darci delle arie, ma davanti a quella domanda, non ci siamo riusciti, ci siamo un po’ pavoneggiati.
Il mare ad ogni modo ci ha fatto bene.

Tenere in ammollo i piedoni da Fiona di Shrek è stato appagante, e anche la schiena ha potuto godere del ristoro di perdere parte del peso del pancione grazie all’aiuto dell’acqua.

Ho la fortuna di poter dire che la mia gravidanza è stata serena, senza nausee, minacce d’aborto, malesseri o altro, eppure in questo ultimo periodo il peso del bambino un po’ lo patisco, e i piedi e la schiena sono quelli che maggiormente son tenuti a tenere la botta. Il mare per loro è stato un ottimo alleato.



Il sole bacia i belli, come dice Fab, e noi ci siamo fatti slinguazzare tutti, opportunamente protetti da creme e cremine. Torniamo a Roma con una bella doratura.

Mi diverto con Fab dicendo che Nicolò quando nasce sarà abbronzato anche lui, ma Fab non ci sta “Se è troppo abbronzato io mi preoccupo”. Del resto come ragionamento non fa un piega.





E’ arrivato quindi il momento di dire addio a queste vacanze, al sole, al mare, ai parenti, in attesa di questa nuova stagione che presto esploderà nelle nostre vite.

Non potevamo salutare però questa mia meravigliosa terra senza farci un giro di pizzica, e così sulle note de lu rusciu de lu mare, Bussola Fab e Nicolò hanno detto addio all’estate, come una vera famiglia di ippopotami.

Ballare la pizzica al nono mese di gravidanza non ha prezzo!

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