martedì 31 gennaio 2012

In città zero gradi - Daniel Glatteur

Avete letto mai qualcosa di Daniel Glatteur?

Io avevo letto il primo libro, uno dei suoi più famosi “Le ho mai raccontato del vento del Nord” e praticamente mi sono innamorata dell’autore.

Ha un modo di scrivere, vivace, ironico, diretto. E’ un libro che non si legge ma si beve. Forse uno dei più bei libri che ho letto lo scorso anno. Se vi capita di adocchiarlo in libreria, fatevi tentare perché ne vale la pena.

Con lo stesso entusiasmo ho comprato quindi il suo ultimo libro, uscito guarda caso il periodo di Natale, “In città zero gradi” ripromettendomi poi di comprare con un attimo di calma anche il libro successivo a quello già letto lo scorso anno, e che ne dovrebbe rappresentare il seguito, e cioè “La settima onda”.

Come purtroppo spesso accade, se il primo libro dell’autore ti è piaciuto molto, e ti catapulti in libreria appena esce il successivo, rimani a dir poco delusa.

Non so se per l’aspettative che ognuno di noi si crea, o perché è statisticamente impossibile che un autore possa partorire capolavori, come fossero starnuti, ad ogni modo questo libro di Glatteur mi ha convinto meno.

La storia è banalotta. Un uomo che ha gli attacchi di panico se bacia una persona per retaggi della sua infanzia, una donna che ovviamente vorrebbe esser baciata, un cane con vitalità prossima allo zero ed un’amica che orchestra molte cose. Tutto ruota intorno a questo senza grandi colpi di scena, eccetto per il finale dove l’autore spiega il perché il cane è quasi catatonico tutto il giorno.
Eccetto questo guizzo di vivacità, il libro l’ho trovato un po’ lento, anche se poi scritto da uno degli autori che consideravo tra i miei preferiti.

E a voi è mai capitato di rimanere delusi dalle aspettative di un vostro autore d’elezione?

sabato 28 gennaio 2012

Oggi chiamatemi Samara

Quando tuo marito chiude la testa dell’orchidea tra le finestre del balcone, tu lo guardi e lo senti rispondere angelicamente

- Perché mi guardi così … mi sembri Samara di The Ring?!

Pensi che ancora deve vedere il meglio

martedì 24 gennaio 2012

Red e Toby - amicinemici

La prima volta che entrai in un cinema, avevo 4 anni. Ricordo quel cinema come qualcosa di immenso che mi scatenò una miscellanea di emozione, all’epoca mai provate.

A vederlo ora il cineforum Don Bosco, è un cinemetto piccolino che vive silenzioso grazie alla dedizione di pochi appassionati. E’ un cinema piccolo che comunque con grande orgoglio, resiste all’incedere di televisione e altri mezzi di comunicazione, che molto spesso stringono la cinghia intorno al collo a generi come cinema e teatro.

Ad ogni modo, il primo film che vidi al cinema fu Red e Toby, un classico della Disney di impareggiabile bellezza come solo quelli usciti con il loro marchio Disney sanno essere.
Eravamo io e mia madre, eccitate entrambe come due bambine (solo che io lo ero anche), mia sorella ancora doveva nascere.

La pellicola mi piacque molto, ma probabilmente rimasi troppo esterrefatta dall’effetto di uno schermo immenso, voce in filodiffusione, altre persone e bambini intorno a me da poterlo godere appieno. Mia madre che non era nuova a tutto ciò, e che era anche di un’età maggiore della mia quindi da poter capire appieno tutte le sfumature del cartone animato ne rimase a dir poco stregata.

Alla fine del film purtroppo si accorse, che complice il buio della sala, qualcuno le aveva sfilato il portafoglio dalla borsa. Ovviamente la magia della serata in qualche modo ne rimase scalfita.

Gli anni passarono e nella pellicola non ci imbattemmo più ne io ne mia madre, in diverse occasione però lo abbiamo riportato alla memoria, perché rappresentava per entrambe un primo momento di complicità tra madre e figlia.

Ieri, andando alla Ricordi alla ricerca di un cartone per i miei nipoti, l’occhio mi è scivolato su un DVD. Ho messo poco meno di due minuti a comprare un cartone per loro e uno per me.

All’uscita del negozio ho chiamato Fab
- Senti ciccio, oggi niente calcetto e ti invito a vedere Red e Toby sul divano sotto la copertina
Sapevo che non avrebbe rifiutato.

Ieri sera, siamo rimasti sotto la copertina a vedere il cartone: lui dopo una certa si è addormentato, io ero pacificamente ricongiunta alla mia infanzia

giovedì 19 gennaio 2012

Giochetto

Partecipo volentieri al giochino di Isotta .... perchè lei è carina (non solo fisicamente) e perchè cercavo appunto un'ispirazione su qualcosa da scrivere....

e quindi.....7 cose su di me.....

rullo di tamburi si parte....

quello che non sapevate....

1. da piccolina non volevo farmi il bidet.... mia madre ovviamente mi costringeva e stava in allerta....cercava sempre di ascoltare se dopo lo scarico, partiva il rumore dello scroscio dell'acqua del bidet. Io lo sapevo o almeno lo immaginavo. Una volta mia madre aprì la porta e mi trovò che giocherellavo con l'acqua, ovviamente ben vestita e comodamente adagiata sul bordo della vasca da bagno. Mi mise in punizione, non ricordo quale, ma mi ricordo che mi vergognai tantissimo di esser stata scoperta e non ci provai più.
Da grande ho imparato che se vuoi avere una minima cerchia di amici il bidet fa parte del pacchetto

2. quando ho mal di testa metto un foulard intorno alla testa e vado a dormire. E' un rimedio di scarso risultato, ma ce lo tramandiamo di generazioni in generazioni, abbandonarlo sarebbe un pò come tradire le mie radici. Fab dice che assomiglio a kung fu panda, e sotto molti punti di vista ha ragione

3. prima di andare a letto faccio la pipì con una frequenza che oscilla dalle 200 alle 300 volte. Datemi un bagno e io due goccette le faccio sempre

4. Il primo bacio l'ho dato a 15 anni. Una tardona patentata. Alla stessa età Fab aveva già letto, imparato e sperimentato tutto il libro del kamasutra.
Il mio primo bacio mi fu dato all'improvviso e in maniera così fugace che nemmeno me ne resi conto. Era da almeno un meso che lo attendevo. Rimpiansi sempre il fatto che fu così veloce da non potermelo gustare. Successivamente presi parte a maratone del bacio più lungo che si tenevano nella villetta del mio paese, traendone ovviamento scarso entusiasmo

5. da piccola avevo paura di dormire. Ero convinta che se mi addormentavo sarei morta, nel momento in cui mi appisolavo mi svegliavo spesso in preda all'ansia. Da grande mi sembra di morire quando dal letto realizzo che devo svegliarmi, alzarmi e andare al lavoro.

6. ho tre nei sulla pancia. E' un triangolo delle bermuda, e fa parte un pò di me. Un giorno mi dissero che forse avrei potuto togliernli per estetica, ci rimasi malissimo e non lo feci

7. ci sono giorni che mi sento un pò triste senza un motivo. Oggi è un giorno di quelli. Domani con buone probabilità sarò felice senza un motivo. Ci sono cose della mia vita che difficilmente gestisco, l'umore è uno di quelle.


Quale sono le vostre 7 cosine nel cassetto? Giro il gioco a chiunque volesse partecipare

PS: Ho riletto il post .... mi sembra tanto da "I soliti ignoti"......indovinate quindi che mestiere faccio, quale è il mio numero di piede, e il mio gruppo sanguigno

martedì 17 gennaio 2012

India mon amour – Lapierre.

Il libro l’ho finito già da una settimana, ma finalmente trovo qualche minuto per postare le mie impressioni.

L’etichetta che avvolge il libro è gialla e riporta scritto 120 000 copie vendute in un mese. E se il libro ha venduto così tanto c’è sicuramente un motivo.

Lapierre, non è certo uno sconosciuto, sia per altre sue opere letterarie che hanno trovato notevole riscontro come ad esempio "la città della gioia" sia per l’associazione umanitaria "Action puor les enfants de lepreux de Calcutta" fondata nel 1982 con la moglie.

Il libro è ben scritto, la penna dell’autore scorre magistralmente sulle pagine. E’ un libro che merita di esser letto da molti punti di vista.

Profuma di zenzero, di spezie e di essenze lontane. Un libro che almeno a me affascina perché racconta di mondi lontani, e per questo mi fa sognare. Leggendo il libro faccio un viaggio in India, ad un prezzo troppo economico anche per Ryanair.

La storia ripercorre un po’ quella dell’autore nella conoscenza dell’India. Lapierre ha dedicato una vita, prima per lavoro poi per passione ad un popolo così in difficoltà come quello che viveva nelle bidonville alla periferia di Calcutta.

Dopo un primo viaggio al volante di una vecchia Rolls Royce in cui Lapierre raccoglie testimonianze e documenti storici che daranno origine al libro Stanotte la libertà, l’autore ritornerà in India assiduamente, per raccontare di quei popoli lontani e per dare origine insieme alla moglie a diverse campagne umanitarie grazie sia ai diritti d’autore dei libri che firma che all’aiuto e alla sensibilità di persone comuni che lo appoggiano nella sua battaglia contro la povertà.

E’ un libro che merita di esser letto, per diversi motivi quindi, non ultimo perché fa risorgere in noi quei buoni sentimenti che a volte dimentichiamo chiusi nel cassetto della nostra mente.
Sarà un caso, ma la stessa settimana in cui leggevo il libro ho partecipato con una quota di 20 euro ad una colletta per la costruzione di un pozzo in Africa….

Sono una che si lascia influenzare facile :) ….. Preda anche troppo semplice per i maestri del marketing

PS: NOTA DI DEMERITO
In tutto il libro di Lapierre, la moglie con cui ha condiviso passioni e crociate umanitarie non compare mai, se non qualche volta di striscio. Ma proprio un rimando veloce, che hai pure il dubbio di averlo letto. La macchina Rolls Royce con cui fa il viaggio l’autore è invece onnipresente, ed occupa buona metà del libro ….
Ti viene quindi da dire “Allora pure tu si strunz!!!!!”


venerdì 6 gennaio 2012

L'Epifania ogni festa porta via

Oggi ho iniziato a togliere da casa le decorazioni natalizie. Ma che tristezza disfare il nostro primo “ albero di Natale” ....

Ormai era diventato uno di famiglia. Praticamente si godeva casa più di quanto non facessimo noi, visto che siamo sempre al lavoro o in giro.

Voi avete iniziato a togliere le decorazioni?

Vi sono rimasti panettoni, pandori e dolciumi? A noi si, come immagino anche a voi



Vi do un suggerimento carino.

Il 3 Febbraio è San Biagio, protettore dalla gola. E’ usanza nella nostra famiglia fare quindi un fioretto e tenere tutte le leccornie avanzate a Natale, per quel giorno. Piccolo inciso, questa tradizione nasce in un giorno in cui mia madre sentì questa notizia alla televisione e decise di adottarla per smaltire i dolciumi avanzati del Natale.
Lasciamo perdere il fatto che si ricordò male la data, e noi per anni abbiamo festeggiato San Biagio il 3 Marzo, esattamente un mese dopo. Spero il Santo non ce ne voglia!

Su internet mi sono documentata ed ho trovato qualcosa al riguardo della storia del Santo, e del miracolo della gola


Biagio nacque a Sebaste, in Armenia, sul finire del III secolo dopo Cristo. Studiò medicina e intraprese la professione di medico, e medico sarebbe morto, se la popolazione della sua città non lo avesse voluto come vescovo, nonostante non fosse né consacrato né ordinato. Un giorno una madre disperata corse al suo cospetto. Suo figlio aveva mangiato del pesce, una lisca gli si era conficcata in gola e ora stava soffocando. Biagio non perse tempo e corse al capezzale del giovane. L'istinto di medico ebbe presto il sopravvento e Biagio, invece di perdersi in inutili benedizioni e unzioni, prese un pezzo di pane e lo fece inghiottire al ragazzo. La mollica portò con sé la lisca e il figlio della disperata signora riprese a respirare normalmente. Con un metodo che aveva ben poco di miracoloso, Biagio aveva salvato una vita, come probabilmente aveva fatto spesso in passato e come, altrettanto probabilmente, avrebbe continuato a fare in futuro. Ma, vuoi perché come vescovo Biagio era già in odore di santità, vuoi perché, per sottintendere ai doveri dell'abito che indossava, prima di far ingoiare la mollica al ragazzo l'aveva benedetta facendogli il segno della croce, la fortunata madre cominciò a gridare al miracolo.


Questa è quindi la storia di San Biagio e del suo miracolo della gola. In realtà la storia che lo lega al sacrificio del panettone natalizio è più complessa ed anche più divertente… per chi volesse approfondire vi consiglio di leggere “qui”


E ora ditemi voi….. vi pare che una che ha sposato “ un reduce da un carcinoma alla tiroide” non rinunci a due panettoncini durante il mese di gennaio per accattivarsi le simpatie del protettore della gola?!?!?


Del resto la dieta non può che giovarne dopo tanti bagordi natalizi!


Prima di salutarvi vi dico che ho iniziato "maratona del libro" .ed ecco il mio primo libro del 2012. A presto con il mio parere

lunedì 2 gennaio 2012

Di cadute e di rinascite - presepi viventi

E’ notte, e mi sveglio di soprassalto con il bisogno di andare in bagno. Mi stacco dall’abbraccio di Fab che accanto a me dorme e gli dico

-Vado in bagno un attimo-

Non so se mi ha capito, mugugna qualcosa nel sonno e si gira dall’altra parte.

Mi siedo nel letto al buio, cerco il pavimento con i piedi e quando lo trovo mi alzo.

Al mio lato c’è il comodino, per non andarci a sbattere cerco con il braccio sinistro il muro adiacente alla porta, per orientarmi con gli spazi. Non lo trovo. Mi sbilancio ancora un poco per capire dove è il muro.

In quel preciso momento i piedi scivolano lentamente sul tappeto.

Come se qualcuno avesse spinto il pulsante “ralenti” (wikipedia mi dice che si scrive così e non rallenty come avrei scritto, perché deriva dal francese) mi vedo precipitare lentamente e tristemente nel vuoto.

Dopo poco un tonfo si sparge nella stanza, Fab da una posizione a 180° rispetto al pavimento ha raggiunto quella a 90°, e grida “Bussola” alla Rocky maniera, io ho il “muso” spiaccicato sul pavimento e il braccio disteso che nonostante tutto non è riuscito a trovare ancora quel “ca**o” di muro.

Quando mi alzo, ho un bernoccolo in fronte che si aggiunge a quello della portiera della macchina della settimana prima.

Come dice il mio amico Gigi "le cicatrici sono segni di battaglie vinte!"

Vi lascio le foto del presepe vivente di Ruffano e Torre Paduli dei mestieri antichi. Le scene son belle da emozionarsi.













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